Straordinari

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Lily 2031

Tornando a casa, ripensai a quello che era successo. Gli avevo quasi permesso di baciarmi, e peggio, avrei voluto lo facesse.

Iniziai a soffiare aria fuori dai polmoni cercando di calmarmi, ma a ogni respiro i passi diventavano sempre più veloci.

Eravamo a pochi centimetri, a distanza di un sì. Niente sicurezza, nessuno. Soltanto io, lui e il peso di un errore che ci avrebbe schiacciato il cuore.

Continuavo a ripetermi che la colpa fosse mia. Avrei potuto cercare un altro lavoro. Avrei potuto fare la cameriera, la barista, la commessa. Avrei persino potuto lavorare nella libreria di Cameron, se l'avessi voluto davvero.

Avrei potuto fare qualsiasi cosa e tenermi alla larga da Alex, ma mi ritrovavo sempre ad orbitare intorno a lui. E quel Venerdì ne fu la prova.

Arrivata a casa, mi diressi verso il frigo e afferrai una bottiglietta d'acqua. Non mi curai nemmeno di versarla nel bicchiere: sapevo che l'avrei finita.

Mi fermai solo quando buttai giù l'ultima goccia e corsi verso camera di Cameron. Bussai alla porta, aspettando che mi aprisse.

Pochi secondi dopo, la porta si aprì leggermente rivelando la testa spettinata del mio amico. Aveva una strana espressione sul volto, come se si sentisse in imbarazzo.

"Scusa Lily, sono con-" Voltò la testa verso la camera con un sorriso sulle labbra. "...Qualcuno. Vuoi qualcosa?"
Gli sorrisi e gli feci cenno di tornare dentro.
Qualsiasi cosa volessi, avrebbe potuto attendere.

Cameron aveva finalmente fatto la sua mossa ed era riuscito a conquistare Lucy, la giovane ragazza che lavorava alla sua libreria. Lei sembrava genuina, il tipo di persona che volevi di fianco e io non potei che essere felice per entrambi.

Indietreggiai fino a ritrovarmi di nuovo in cucina, afferrai uno yogurt e lo portai in camera mia. Lo aprii e accesi il computer per rispondere alle mail.

Lo sfondo con la ruota panoramica di Londra, mi rendeva nostalgica ma non persi tempo. Aprii la casella di posta elettronica e decisi di rispondere ad alcune mail degli acquirenti, non avevo molto da fare, comunque.
Mi aspettava un tetro Venerdì sera.


Dopo aver perso una buona mezz'ora a rispondere cortesemente alle mail ricevute, continuai a scrollare la playlist di Spotify cercando qualcosa che potesse tenermi compagnia in sottofondo.

Gracie Abrams era da sempre stata la prima scelta, quindi lo fu anche in quell'occasione. Forse era per la voce angelica o il fatto che gridasse le emozioni al posto tuo, mentre decidevi ancora se fosse il caso o meno di sussurrarle.

Mess it up risuonò attraverso le piccole casse del computer proprio nel momento in cui il telefono squillò.

Era un numero che non avevo tra i contatti e mi domandavo chi potesse essere, mentre osservavo la chiamata correre veloce, un numero dietro l'altro sullo sfondo del cellulare.

"Chi parla?"

"Non cambio numero dal liceo. Significa forse che hai eliminato il contatto?"

Arrogante, Astuto e Sleale.

"Significa che non sto lavorando. E' Venerdì, White. Arrivederci."

"Non riattaccare." Spostai il telefono da un orecchio all'altro. "Per favore, Lils."

Il sangue mi si raggelò nelle vene. Non sentivo quel soprannome da quando se n'era andato, mi chiamava così quando mi stringeva tra le braccia, quando mi sussurrava cose solo nostre. Non volevo che mi chiamasse in quel modo. Non ero più la sua Lils.

"Non chiamarmi così." Scossi la testa, consapevole che non potesse vedermi.

"Hai ragione."

"Cosa vuoi?"

"Parlare. Solo questo."

Solo questo? Potevo concederglielo. O forse, no, non potevo.

"Di cosa vorresti parlare?" Giocavo con il cursore del mouse.

"Voglio scusarmi per averti portata a quella riunione."

"Sono un'assistente, è questo che devo fare."

"Non sei soltanto un'assistente. Tu questo lo sai bene."

Il cuore iniziò a pomparmi forte nelle vene. Lo sapevo?
Sapevo che cosa? Di essere una alla sua pari? O di essere qualcosa di più?

L'unica cosa che sapevo era che mi sentivo terribilmente e irrimediabilmente confusa ogni volta che mi rivolgeva parola.

Stare insieme due anni, condividere ogni cosa per poi diventare dei perfetti sconosciuti non sarebbe stato facile per nessuno.

Specie per chi come me, tendeva a ricordarsi ogni più insignificante dettaglio della vita dell'altro.

Mi ricordavo la sua voglia di caffellatte sul petto, quella a forma di cuore. Preferiva gli spinaci alle bietole, la piscina al mare e la pallacanestro al calcio. Era nato il 20 Giugno, amava il suo cane e ogni animale incrociasse per strada.

Il suo colore preferito era il blu petrolio e amava la sua voce quando parlava una lingua che non era la sua.

Il naso gli si arricciava quando rideva di gusto e amava indossare felpe con il cappuccio, specie se nere.

Conoscevo Alex e c'era stato un periodo in cui l'avevo amato tanto. Mi chiedevo se si ricordasse quello che ricordavo io.

"Dillo tu a me. Lo so?" Risposi secca.

"Dove sei?" Chiese a un tratto, e senza attendere una risposta, aggiunse "E non dirmi con Cameron perché stasera hai un impegno."

Feci per rispondere quando continuò.

"Straordinari."

Attaccò e mi lasciò disorientata di fronte al computer, mentre pensavo non solo a cosa indossare, ma anche a cosa sarebbe potuto piacergli vedermi addosso.

Lilies & OTICH• Ben BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora