Awǒ ài nǐ 520

75 8 5
                                    

Alex
2025

Non ricordavo che cosa fosse la felicità.

E' difficile cercarla quando non si sa che sapore o aspetto abbia, ma è ancora più difficile cercarla quando non sai se provarla o meno.

In quel momento, con il vento tra i capelli e le sue braccia strette intorno al busto, felice avrei dovuto esserlo.

Amavo il modo in cui il suo corpo si adattava al mio, o come la mia mente mi facesse voltare a cercarla quando sentiva il suo profumo per la strada. O quando notava un colore di capelli che ricordasse il suo.

Avevo imparato a essere felice con Lily e avevo scoperto cosa significasse tenere a qualcuno senza il timore di perdere me stesso.

Quel giorno però, su quella moto, provai una felicità tanto intensa da non riuscire a sostenerla: mi sentii leggero, libero e santificato dalla sua presenza.

Le sue mani, a contatto con la mia pelle, reagivano come fuochi d'artificio il quattro Luglio ed era al contempo, bellissimo e terrificante: come il modo in cui mamma e papà si erano urlati di amarsi, dopo quello schiaffo.
Dopo il primo, comunque.

Dovevo guardarla, altrimenti avrebbe iniziato a chiedersi cosa stesse succedendo e non avrei mai potuto dirle la verità.

Mi vergognavo della mia famiglia e questo mi rendeva una persona terribile, nonostante il loro tossico modo di amare.

Non mi era mai mancato niente da bambino, avevo sempre avuto tutto e non ero abituato a fare i conti con le attese o le perdite.

Crescendo, le cose non cambiarono.
Prendevo tutto senza chiedere, e quando mi annoiavo, lasciavo perdere e passavo al nuovo.

Non volevo che Lily vedesse quel lato di me, perché non se lo meritava, ma sapevo che eventualmente ci avremmo fatto i conti.

Presto o tardi.

Fino ad allora decisi di permetterle di accarezzarmi il cuore, fin quando non mi fossi convinto che non le avrei mai permesso di prenderlo tra le mani.

"Sai che giorno è oggi?" Le dissi dal nulla, mettendo a tacere quei pensieri.

"20 Maggio." Rispose con gli occhi chiusi.
"Manca un mese al tuo compleanno."

"Wuerling." Dissi io guardando i rami incastrarsi nel cielo chiaro e, con la coda dell'occhio la vidi voltarsi con un'espressione che mi fece tremare il petto: era tempo di raccontarle un'altra storia.

"Cosa significa?" Mi strinsi nelle spalle.

"Quello che ho detto. 20 Maggio." La guardai mentre si posizionò di lato, con la testa poggiata sul palmo. "E' un altro giorno in cui si celebra San Valentino."

La Cina era un mistero per entrambi, ma lei amava il suono della mia voce e io amavo vederla mentre mi ascoltava, quindi le spiegai tutto ciò che sapevo.

"Quindi dire 520.. Equivale a dire ti amo?" Era affascinata da come un semplice numero potesse celare un significato ben più profondo.

"In realtà, no. Sono simili nel suono, ma questo li rende comunque diversi." Annuì mentre glielo spiegavo, poi raggiunse la sua borsa e iniziò a frugare dentro.

Un sorriso fece capolino sulle mie labbra quando la vidi estrarre una penna e prendere la mia mano. La stappò e tenne il tappo tra i denti, mentre iniziò a scrivere sul palmo.

Chiusi gli occhi nel sentire l'inchiostro freddo toccarmi la mano mentre i suoi capelli ne sfioravano il dorso. Quando non sentii più il contatto della penna, guardai quanto avesse scritto e anche se non ne rimasi sorpreso, sentii lo stomaco sottosopra.

520.

La guardai mentre arrossiva e io restai immobile prima di raggiungerla per baciarla.

Di quel giorno al lago non ricordo molto altro, se non che la penna che aveva sfiorato la mia mano finì per sfiorare anche la sua pelle, rendendoci due facce della stessa medaglia.

Awǒ ài nǐ

La frase che aveva scritta sulla schiena completava la mia, così come le nostre mani si adattarono l'una all'altra, come se fossero nate per stringersi a vicenda.

Lilies & OTICH• Ben BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora