Capitolo 5

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L'amore è quando vuoi portare una persona nella tua vita, non a letto.
C. Bukowski

*Damian

Sto tornando a casa e cazzo.
Avrei voluto contuare a baciarla, mi ha fatto sentire vivo.
Il suo sapore lo sento ancora sulle mie labbra e mi sembra di essere tornato ragazzino.
Non riesco a gestire questa sensazione che sento, ho solo bisogno di vederla e farla ancora mia, per la prima volta mi basterebbe solo baciare una ragazza o starle vicino.
Non era mai successo con nessuna.

Parcheggio la macchina e mi fiondo dentro casa, ho bisogno di fumare.

Sono in camera, vicino alla finestra, guardo verso il suo palazzo e faccio un tiro di sigaretta.

Che cazzo mi sta succedendo?

Il mio cervello si è azzerato nel momento in cui stavamo nella pizzeria e mi ha confessato di piacergli.

Credevo di doverla conquistare ma a quanto pare lo avevo già fatto.

La sua audacia, cavolo mi ha letteralmente spiazzato.

Spengo la sigaretta e vado a farmi una doccia.

Nonna sta dormendo perciò cerco di fare piano.
Torno in camera con addosso solo un asciugamano e da un cassetto del mobile di fianco al letto, tiro fuori un paio di boxer e l'indosso.
Mi butto sul letto ancora frastornato dalla serata e mi addormento.

Sono immerso in un sonno profondo, quando...

Il cellulare inizia a squillare.
Chi rompe a quest'ora? Saranno le cinque di mattina.

Mi strofino gli occhi e prendo l'oggetto che non smette di suonare.

«Pronto?» rispondo con la voce impastata dal sonno.

«Sono io, hai da fare?» mi rendo conto che non avrei mai dovuto rispondere.
«Tu sei pazza! Sono le cinque cazzo!» parlo con un tono non troppo alto per non svegliare mia nonna, rispondendo irritato alla persona dall'altra parte del telefono.
«Ho bisogno di te.»
«Va al diavolo, esisto solo quando ti servo?» ribatto.
«Damian sono nei casini, ti prego.»

«Che vuoi?» sospiro spazientito.
«Ho tirato un po' troppo la corda con un tizio e ora gli devo mille dollari.»
«Sei veramente uscita fuori di testa?! E io dovrei darti i miei soldi per la tua cazzo di droga? Fammi capire... Prima mi abbandoni poi torni solo per
saldare i tuoi debiti?... Fottiti "mamma".» rispondo.
«Ti prego Damian, non ho nessuno.» dice.

Non la sopporto.
«Dove sei?» chiedo.

Mi vesto velocemente.
Prendo le chiavi dell'auto e mi immetto nella strada.

Il quartiere dove mi trovo sembra che possa cadere a pezzi da un momento all'altro.
I lampioni sono accesi per miracolo.

Trovo parcheggio ed esco dalla macchina, mi appoggio con la spalla su un muretto e metto le mani in tasca.
Ho il cappuccio della felpa sopra la testa a ripararmi dalla brezza mattutina.

Dei passi riecheggiano nel silenzio e una donna piuttosto minuta mi si avvicina.
È lei.
«Sei qui.» dice quella che dovrebbe essere mia madre.
Sembra vestita con degli stracci, i suoi capelli neri che un tempo splendevano, ora sono spenti e rovinati.
Gli occhi verdi adesso sembrano assenti.
«Prenditi questi soldi, ti ho dato anche qualche dollaro in più, mangia qualcosa, mi fai pena.» gli dico più freddo che mai anche se dentro sono come una tempesta che riversa acquazzoni di emozioni.
«Non potresti darmene di più?»
«Scherzi vero?! Sai che c'è?... Vaffanculo, non voglio più vederti.» mi allontano in preda all'ira, entro in macchina sbattendo la portiera, la sento borbottare qualcosa ma le mie orecchie non sentono quello che dice, non riesco proprio a connettere la sua voce, sento solo il suono dei pianti del bambino che ero quando lei lo lasciava, me ne vado sfrecciando con la macchina.
Dalla collera non faccio neanche caso ai segnali stradali.
Per fortuna è presto e per strada non c'è anima viva.

Una delusione... come sempre.
Neanche si è preoccupata di chiedermi come sto.

Mentre guido fumo una sigaretta.

Un tempo ricordo che non fosse così o almeno è quello che mi facevano credere tutti.
La vedevo poco ma sapevo che c'era, mi veniva a trovare e ogni tanto tornavo a casa con lei e mio padre.
Da piccolo mi coccolava, mi riempiva di attenzioni.

Poi qualcosa è cambiato e ora sono come mi ritrovo.

Sono tornato a casa e vorrei solo spaccare qualcosa, le mani fremono, le stringo in due pugni.
Ogni volta mi convinco che cambi ma non accade mai.
Sono arrabbiato anche con me stesso per sentirmi così debole quando si tratta di lei, non se lo merita, io non me lo merito.
Ho già sofferto abbastanza.
L'ora segna le sette perciò faccio una doccia nel tentativo di calmarmi.
Sono un fascio di nervi.

Com'è possibile che al mondo, esistano persone come lei?
Io voglio solo trovare la serenità.
Una volta lessi una citazione che diceva "A volte i brutti periodi sono persone" e cazzo se è vero.

Mi vesto con i primi vestiti che trovo, un jeans cargo nero e una felpa grigia.
Mando velocemente un messaggio a Delia, l'avviso del mio imminente arrivo.

Rivedere colei che dovrei chiamare madre, ha rovinato il mio umore.
Sono molto nervoso e non credo che sia la cosa giusta vedermi con la Sirenetta, ma le ho detto che saremmo andati al college insieme e io sono un
uomo di parola.
Ammetto però che sento la voglia di vederla, di sentire la sensazione delle sue labbra sulle mie, di accarezzarle i capelli e affondarci le dita.
Forse potrebbe alleviare la tempesta.

Sono quasi arrivato sotto casa sua, la musica rock ha un po' stabilizzato la rabbia.

Accosto l'auto e la vedo.
È bellissima anche oggi, vorrei non sentirmi come sono, ma la giornata partita così male mi ha buttato il morale a terra.

Entra in macchina.
«Buongiorno!» esclama.
«Ciao.» mi volto e partiamo.
«Tutto bene?» mi chiede con tono calmo e dolce.
Non rispondo, stringo il volante e continuo a guidare.
«Non so cosa sia successo, il problema sono io? Ho fatto qualcosa che non dovevo?» dice.
Faccio il segno di no con la testa.
«Ok, non vuoi parlarne...so che ci conosciamo da poco ma puoi fidarti di me.»
Replica lei.
Resto in silenzio fino all'arrivo del college.

Fermo la macchina, la spengo e sospiro.
Dedido di parlare.

«Non sei tu.» dico con lo sguardo perso fuori dal finestrino.
Lei ha rivolto tutta la sua attenzione su di me perciò continuo.
«Una persona che fa parte del mio passato oggi si è ripresentata da me e... la detesto, tu non hai fatto nulla di male.» mi rivolgo a lei facendo un sorriso privo di emozioni.
Faccio veramente molta fatica a parlare con le persone, della mia vita, posso contare sulle dita di una mano le persone che ne sono a conoscenza.
Non è che non voglia farlo, ho solo, paura.
Lei mette una mano sulla mia gamba, questo gesto mi infonde una calma avuta rare volte.
«Non devi sentirti obbligato a dirmi qualcosa che non vuoi, va bene, sarò scontata in questo momento ma sappi che per qualsiasi cosa ci sono.» queste
parole sono semplici e già sentite ma ascoltarle ora e da lei funzionano al loro scopo.

«Nella mia vita non ho mai avuto bisogno di nessuno...posso essere una persona complicata, con molti problemi, non ti voglio chiedere il mondo, ma tu resta... necessito di te.» le stringo la mano e riesco finalmente a farle un sorriso sincero, ricco però di tristezza e solitudine ma anche pieno di speranza.

Voglio sperare in lei, riporre nei suoi occhi la fiducia che ho perso nelle
persone.
Lei mi ha donato una parte delle sue fragilità e io desidero riuscire a fare lo stesso.

L'unica persona veramente presente è stata, ed è mia nonna, le devo tutto, senza di lei non so che fine avrei potuto fare.
Ma ho bisogno anche di altro al mio fianco.

«Non ti lascio.»

Mi lascia un bacio dolce sulle labbra che mi conforta.

Ed è con queste semplici parole, così decise e colme di sicurezza, che Delia mi è entrata dentro come una freccia che scalfisce l'anima.

Ecco a voi un nuovo capitolo!
È un pochino più corto rispetto a gli altri ma spero vi sia piaciuto lo stesso.
Damian come avevamo intuito, ha bisogno di risolvere i suoi problemi e affrontarli con qualcuno.
Secondo voi riuscirà a fare il passo successivo?
Se vi è piaciuto il capitolo STELLINATEMI!
Ci vediamo presto, Hana😘

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