14- Assalto alle spalle

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Leila's pov:

Sono nascosta dietro ad un albero, guardando attentamente l'ambiente circostante stando attenta che nessuno si avvicinasse di un millimetro alla casa. Né animali né umani, anche se essere chiamati umani è un parolone, meglio dire "esseri".

Penso che tratterò questo controllo come un momento di svago e per distrarmi dal mondo.

Da quando mi trovo in questo posto sto perdendo l'abitudine di uccidere e penso solo ai miei allenamenti mattutini che ormai mi accompagnano ogni giorno.
Ma non solo per questo, anche perché sento meno bisogno di uccidere, molto meno, un giorno mi sento troppo di buon umore per uccidere ed altri troppo innervosita. Io uccido solo per sfogarmi e dimenticarmi di tutto, scaraventando tutto il mio rancore su un cadavere. Ma ormai la mia valvola di sfogo è solo il sonno. Quando cerco di uccidere abbasso il mio coltello e me ne torno indietro con la coda fra le gambe. Non provo più nessuna emozione. Non rido, non sorrido, non piango, non riesco nemmeno più ad arrabbiarmi. Non riesco più ad esprimere nessuna mia emozione.

Vorrei solo scappare e ritornare indietro nel tempo, rimanendo sempre la piccola Leila, anche se soffriva, ma aveva una vita più bella.

A scacciare i miei pensieri fu un ruscio di foglie. Avvampai appena mi accorsi quello che è appena successo. Istintivamente mi abbassai, mimetizzandomi tra i rovi e l'alto albero dove mi ero appoggiata. Osservai attentamente chi fosse stato a fare quel rumore, se un'uomo, un animale o semplicemente il vento. Anche se quest'ultimo sembra non esserci.

Sento dei rumori. Rumori di foglie secche che vengono schiacciate. Passi. Questi rumori acuti ma freddi cominciano a farsi sempre più vicini. In un secondo mi voltai prima a destra, dietro l'albero, davanti a me ed anche dietro. Ma niente da fare, non vedo niente.

"Maledetto buio" Pensai.

Continuai a guardarmi intorno, anche se i rumori cessarono. E dopo svariati minuti, mi arresi e non controllai più come una scema introno a me. Continuai a sorvegliare il mio punto principale: la casa.

"Porca puttana non vedo un cazzo, fammi avvicinare un po'"

Lentamente, mi alzai dal posto dove mi ero accampata, e cercando di fare il meno rumore possibile tentai di avvicinarmi di più, perché da lì, non vedevo proprio niente.

"Qui è perfetto"

Il posto non è tanto differente da quello di prima, sempre vicino ad un'albero, di preciso ad una quercia alta una ventina di metri. Oltrepassai tutti i cespugli che erano cresciuti introno ai piedi dell'albero e mi sedetti. Poggiai la mia testa sul tronco e rimasi a fissare. Un po' la casa, un po' il bosco. Pian piano i miei occhi si fecero sempre più pesanti. Per un paio di secondi chiusi gli occhi, ogni tanto sbagliavo. Cominciai ad arrendermi e cadere nelle braccia di Morfeo, fa mi feci resistenza. Sono in grado di cavarmela da sola.

«In base alla posizione della luna sono quasi le quattro di not- oooh» Sbadigliai.

«Ce la faccio, devo resistere solo altre due ore, poi posso dormire» Mi incoraggiai borbottando.

I miei occhi si cominciarono a chiudere da soli e non riuscì più a cedere.

Chiusi gli occhi e mi abbandonai completamente al fruscio delle foglie, che ormai per le mie orecchie diventarono un suono rilassante.

Cessai quasi al mio sonno tanto desiderato finché questi famosi passi inquietanti si risentirono. Erano sempre più vicino. Molto più vicini rispetto alle altre volte. Rapidamente mi voltai svariate volte.

Prima a destra... ma niente.
Davanti a me... ma niente.
Poi a sinistra... ma niente.
Ed infine, dietro di me... ma niente.

Rimasi dei secondi a fissare dietro di me. Non so di preciso cosa stessi guardando, forse le lucciole che decoravano questo posto tanto inquietante, oppure gli alberi tanto incantevoli. Alzai gli occhi al cielo, c'è la luna piena. Le nuvole decorano il cielo, lasciano quel bel pianeta in vista. Mozzafiato.

Rosa Nera || Ticci Toby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora