2- Ragioni | prologo pt.2

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Leila's pov:

'Dove sarei andata?' Pensai.

'Tu, non ti devi preoccupare di dove andrai, ci penserà il fato a te'.

Sentii dire dalla voce nella mia testa. Essa aveva un tono robotico, ma si capiva che era di un'uomo.

'Come penserà a me? Perché dovrebbe pensare a me?'

'Perché sa, che questo è il tuo destino, e anche se non li vorresti uccidere ora, prima o poi lo farai'. Continuò a dire.

'Perché dovrei farlo?' Chiesi.

'Perché non sopporti più il modo in cui sei trattata, non parli mai, quando ti ammali i tuoi genitori ti dicono sempre che non ti dovevi ammalare, che era colpa tua se ora loro si dovevano preoccupare per te, per colpa tua loro perdevano tempo, per colpa tua dovevano preparare da mangiare ad una persona in più, per colpa tua loro dovevano essere convocati dai professori per parlare della tua timidezza, per colpa tua loro di nuovo perdevano tempo'

Iniziai a singhiozzare, gli occhi bruciavano e vedevo il paesaggio farsi pian piano più offuscato. Tremavo, tremavo molto forte, come un'albero durante un tornado, prima di esser sradicato.

'Se ora li butti, tu verrai con me, e vivrai una vita migliore'.

Aveva ragione. Qualsiasi vita sarebbe stata migliore senza di loro. Se io importavo davvero a quegli esseri la giù, mi avrebbero portata con loro, e non mi avrebbero tenuta in fondo, come se non esistessi. Ma tanto, tra poco loro, non esisteranno più per me.

Involontariamente, iniziai a camminare, molto lentamente. Studiavo i miei passi, dove mi stavo dirigendo. Non avevo più controllo del mio corpo, faceva tutto da solo, ed io, glie lo lasciai fare. Un brivido di eccitazione passo per la mia schiena, al sol pensiero di vivere una vita migliore, si formò un grande ghigno sopra il mio volto. Il pensiero delle loro urla, di loro dentro il fuoco, che pregano, supplicano, tra le lascrime, di salvarli, mi porta una scarica di adrenalina che mi fa accelerare il passo. Presi un pezzo di legno, ormai mezzi bruciato, come arma.

'Quindi... se li uccido, verrò con te?'.

'Sì bambina, sì.'

Senza fare rumore, mi posizionai dietro mia madre, ormai distratta a guardare la casa.

«Ehi mamma!» Dissi.

Lei fece un balzo di spavento, e tremava, avevo gli occhi sbarrati. Quanto volevo che quegli occhi così, fossero per me. Magari una prossima volta.

«P-piccola, perché tieni quel pezzo di legno in m-mano?»

«Lo scoprirai mamma, lo scoprirai»

Lei cominciò a tremare, questa volta era più evidente.

«C-che ne dici s-se lo lasci, e lo b-butti nel fuoco, eh?» Balbettò.

«Pff, ok mamma, va bene».

Mi avvicinai lentamente al fuoco, allungai la mano con ancora il bastone stretto, e lo feci per buttare, ma mi fermai. Cambiai la direzione dell'arma, mi girai, e velocemente mi catapultai addosso alla mamma, facendola cadere per terra ed io a cavalcioni su di lei. Cominciai a pugnalarla, uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci volte, forse anche di più. Voleva urlare dal dolore, ma io le tappai la bocca. Il rumore del bastone, ancora caldo per via del fuoco, infilarsi della carne era una sensazione bellissima. Vedere ormai la sua pancia squartata, e gli organi ormai distrutti e mischiati fra di loro, mi eccitarono. Il sangue uscì a schizzi, che finirono dappertutto, i miei vestiti ormai ero completamente macchiati, ma, vedete il suo sangue, bollire per troppo calore esposto, mi diede una sensazione di sollievo. Senza fare rumore, trascinai il suo cadavere nella casa in fiamme.

«Ciao mamma, stammi bene nell'inferno.» E feci con la manina il segno su saluto.

«Che cosa sta succedendo!» Urlarono.

«Ahahahahaha, niente di che, un semplice gioco»

«Non mi sembra tanto divertente» Aggiunse Thessa.

«Che c'è? Non ti piace? Ora te lo faccio piacere. Gioca con me.»

Urlarono. Tutti urlarono. Mi manda in estasi vedere che ora ho il pieno controllo su tutti.

***

La casa, e tutto il resto che c'era in torno, erano ormai imbrattati di sangue. Organi di tutti i tipi intorno alla dimora. I loro cadaveri mezzi bruciati, quasi diventati cenere. Sentii le sirene della polizia. Senza pensarci due volte, scappai nel bosco, corsi, corsi il più lontano possibile da tutti. Il mio jeans bianco ormai non lo era più, tutto rosso. Il mio corpo top rosa era ormai diventato uno straccio, ed i miei capelli tutti spettinati e unti del sangue. Per non parlare della mia faccia. Piena di schizzi di sangue. Sangue qui, sangue di là. Tutto così bello. Ad interrompere i miei pensieri fu un'uomo davanti a me, alto circa tre metri, vestito in smoking, con la cravatta rossa, senza volto, senza capelli, con circa sette tentacoli che fuoriuscivano dal suo lungo busto.

«Hai fatto il tuo lavoro. Ora ti premierò, sarò il tuo nuovo papà, contenta?»

«Grazie, signore. Ma lei come si chiama?»

«Chiamami Slenderman. E tu, come ti chiami piccolina?»

«Leila, Leila Parkinson»

«Ma che bel nome! Su forza, seguimi.»

«Va bene, Slenderman».

Rosa Nera || Ticci Toby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora