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La sensazione di non trovare più nulla che ci rende felici è orribile, non riuscire a sorridere se non in modo finto, in modo meccanico e non perché si sente davvero quella felicità che si finge di provare.
Il cercare ossessivamente qualcuno che possa colmare quell'infelicità costante che sussiste in noi stessi.
Prima o poi, però, la continua tristezza si trasforma nel completo vuoto, privandoci di ogni emozione, anche la più misera e, semplicemente, diventiamo un guscio vuoto, senza nulla da offrire. Nessuna emozione, nessuna traccia anche della più semplice sensazione, nulla di nulla.

Quello era Yeonjun, un guscio vuoto, un vaso senza fiori, una felpa dimenticata nell'armadio senza nemmeno ricordarsi di averla, lasciata lì a prendere polvere senza mai sbarazzarsene.
Quanto vorrebbe che qualcuno si sbarazzasse di lui, quanto vorrebbe essere una di quelle felpe ormai logore che la gente butta via solo perché ormai sono usurate dagli anni e non la felpa di cui nessuno sa l'esistenza.
Si odiava tremendamente, non riusciva a vedere neanche una cosa bella in sè, nè fisicamente nè caratterialmente, si sentiva semplicemente sbagliato in tutto.
L'unica cosa che ancora gli provocava qualche emozione era sentire il suo corpo muoversi sulle note di qualche canzone pop, danzare.
Lui era nato per ballare e sua madre glielo diceva sempre, glielo ripeteva in continuazione, finché un giorno aveva smesso di sentire quelle parole e pian piano aveva iniziato a non sentirsi bravo nemmeno in quello, ciò nonostante non poteva far a meno di ballare.

Yeonjun era una persona estremamente puntuale e abitudinaria, così si ritrovava a prendere sempre lo stesso autobus tutte le mattine per raggiungere il supermercato in cui lavorava come commesso, tranne il suo giorno di riposo, il mercoledì, che prendeva l'autobus delle 9;45 per andare nella palestra che usava per ballare.
Ogni settimana era sempre la stessa, un ciclo infinito e sempre uguale, nulla di differente dalla settimana prima o quella dopo, tutto completamente uguale, quasi da impazzire.
Eppure per Yeonjun quella routine seguita in modo quasi maniacale era il modo di ricordarsi di essere ancora vivo e così farsi del male.

______

Era un mercoledì, pioveva e Yeonjun come al suo solito non aveva controllato il meteo, ritrovandosi senza ombrello a dover girare per la città. Non che gli dispiacesse comunque, per lui non era un fastidio la pioggia, anzi quasi gli piaceva.
Aveva il cappuccio della felpa tirato sulla testa a coprirgli, nemmeno così bene, i capelli neri ormai bagnati e a passo svelto stava raggiungendo la fermata dell'autobus più vicina a casa sua.
Teneva sulla spalla uno zaino con le cose importanti da portare nella sala in cui andava a ballare, ma dubitava che fossero ancora asciutte.
Si ritrovò a prendersela con sè stesso per non aver portato un ombrello, ma ormai non poteva farci nulla, il danno era fatto e sarebbe stato inutile innervosirsi.

Arrivò alla fermata e cercò un posto dove ripararsi, ma con scarsi risultati.
Sentì improvvisamente la pioggia smettere di cadergli addosso e guardò verso l'alto vedendo un ombrello nero coprirlo, così si girò e vide al suo fianco un ragazzo poco più alto di lui.
Sembrava un angelo, il viso dolce, i capelli castani perfettamente sistemati, le fossette ai lati delle labbra tirati su in un dolce sorriso e gli occhi scuri luminosi, che brillavano di una luce che non riusciva nemmeno a identificare.
Indossava una felpa chiara e dei normali jaens, era così etereo da non sembrare reale e Yeonjun si sentiva invidioso del carisma che sprigionava quel ragazzo.

"Dovresti portare un ombrello quando piove, altrimenti rischi di ammalarti." gli disse.

La voce profonda e rilassante che rispecchiava perfettamente la sua persona, Yeonjun era quasi disgustato da tutta quella perfezione.

"Ci conosciamo?" gli chiese semplicemente sentendo come gli aveva parlato con confidenza.
"No, non credo tu mi abbia mai notato."

Yeonjun allora prese il suo cellulare e guardò l'ora, erano le 9:45.
Proprio in quel momento vide passare l'autobus, puntuale come sempre, quindi senza preoccuparsi del ragazzo al suo fianco salì semplicemente.
Lo vide chiudere l'ombrello e salire, per tutta la durata del viaggio il più alto aveva ammirato fuori dal finestrino e il corvino gli aveva tirato qualche sguardo fugace.
Scese prima di lui, in una fermata vicino a un parco e Yeonjun si trovò a pensare a quanto quel ragazzo sembrasse brillare di una luce tutta sua.

Si riprese da quei pensieri quando arrivò il suo momento di scendere dall'autobus e a passo veloce si diresse verso la palestra dove si allenava.
Era un edificio piuttosto grande, moderno e dall'estetica totalmente d'impatto per chiunque lo vedesse, eppure lui non riusciva a vederlo come un bell'edificio, forse a causa dei ricordi che lo attanagliavano ogni qualvolta metteva piede lì dentro.
Con un sospiro arrendevole entrò e si guardò intorno, poi sentì una voce familiare chiamarlo.

"Yeonjun, anche oggi qui?" gli chiese una voce profonda e subito guardò verso il ragazzo.
"Oh, Taehyung, non sapevo ci fossi anche tu oggi."

Taehyung era un ragazzo più grande di lui di quattro anni, aveva una voce roca e profonda, i capelli neri, gli occhi scuri ed era poco più basso di lui.
Era il figlio della proprietaria della palestra, che era stata una grande amica di sua madre, quindi si conoscevano fin da piccoli.

"Si, sono venuto a dare una mano a mia madre, sta diventando vecchia e io devo fare il bravo figlio." disse ridacchiando, ma si bloccò quando ricevette uno schiaffo leggero sulla testa.
"A chi hai dato della vecchia? Figlio ingrato." lo rimproverò la madre, una donna di mezz'età, ma d'aspetto giovanile.

Yeonjun ogni volta che vedeva madre e figlio battibeccare sentiva un groppo in gola, ricordava quanto fosse bello avere quel rapporto e sapeva che lui non lo avrebbe più avuto, ciò lo faceva cadere sempre di più nell'oscurità in cui stava annegando.

"Yeonjun, ti ho tenuto la solita sala libera, quindi vai pure, quando hai finito fammi sapere." gli disse la donna con un sorriso dolce sulle labbra.

Il ragazzo la ringraziò con un cenno del capo e andò nella sala, volendosi solo perdere nella musica.
Sperava che sarebbe riuscita a incatenarlo e portarlo via con lei.

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9 and Three Quarters. -Yeonbin-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora