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La vita di Yeonjun era come una giostra, come un carosello, che gira e rigira, ma rimane sempre uguale.
Ricordava che da bambino odiava quella giostra proprio perché il tutto era sedersi su uno dei cavalli e girare, la trovava noiosa. Ora, invece, la guardava e non poteva fare a meno di rivedercisi, di sentirsi un po' come i cavalli senza vita che dovevano sopportare di girare in continuazione senza mai fare un vero passo avanti.

Si era ormai arreso all'idea che la sua vita sarebbe rimasta semplicemente monotona, priva di ogni minimo cambiamento.
Non si era reso conto, però, che il cambiamento era avvenuto, seppur lieve e non del tutto maturato.
Quel cambiamento che Yeonjun a fatica riusciva a vedere e che non voleva accettare.
Era convinto di non essere degno di andare avanti con la sua vita, aveva paura di farlo.
Più di tutto, però, aveva paura di affezionarsi perché aveva paura di essere abbandonato.

Ancora.

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Nei mercoledì successivi il castano aveva continuato a cercare di parlargli, mentre aspettavano l'autobus e anche durante il viaggio sulla vettura, finché non arrivavano alla fermata in cui scendeva.
Il mercoledì successivo al loro incontro si era presentato, ma senza ricevere risposta da Yeonjun.

"Io sono Soobin." gli disse con un tono così dolce da sembrare quasi miele.
Yeonjun lo ignorò, nonostante quella voce fosse come una carezza soffice e lui aveva esattamente bisogno di perdercisi dentro.
"Non sei di molte parole, ma va bene, aspetterò finché non ti sentirai abbastanza a tuo agio da parlarmi, o almeno presentarti. Fino ad allora parlerò io per entrambi."

Il corvino era così sorpreso, quel ragazzo non sembrava proprio voler smettere di provarci, infatti aveva continuato a parlare con lui tutti i mercoledì, sperando che lui rispondesse.
Gli raccontava sempre le sue giornate e dei suoi amici, Yeonjun fingeva di non ascoltare, ma in realtà quei racconti lo distraevano da tutti i pensieri che lo attanagliavano.

"Oggi non ho molto da raccontare, questa settimana è stata abbastanza noiosa e penso che tu ormai sarai stanco di sentirmi parlare.
È da ormai un mese che il mercoledì ti racconto la mia settimana." disse con un leggero sospiro e Yeonjun si girò verso di lui.
Vide i suoi occhi più spenti del solito e si sentì in colpa, perché gli occhi luminosi di felicità e spensieratezza del più alto erano stupendi, non voleva vederli diventare come i suoi.

"Non è vero." gli rispose con voce tremolante e Soobin si girò di scatto sorpreso.
"Non è vero che sono stanco di sentirti parlare." confessò in un sussurro, quasi in un soffio.
Soobin sorrise facendo spuntare le sue fossette e i suoi occhi tornarono al loro bagliore originale.

"Mi chiamo Yeonjun." disse velocemente, per poi salire sull'autobus che era appena arrivato.
Non si dissero altro durante il viaggio, ma il corvino sentiva gli occhi dell'altro su di sè e non sapeva se sentirsi più a disagio o più imbarazzato.

Quando Soobin scese lo guardò andare verso il parco attraverso il grande finestrino, ma poi si riprese dai pensieri riguardanti il più alto e tornò a sentirsi vuoto, tornò a quella sensazione a cui era tanto abituato.

Come ogni mercoledì andò alla sala da ballo e si perse nella sua musica, ma aspettando la settimana dopo con un po' di impazienza.

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Yeonjun era steso sul suo letto, guardava il soffitto della sua camera e con un braccio teso provava a "prendere" le stelle dipinte su di esso.
Ogni volta che ammirava quelle stelle sentiva una morsa stringergli il cuore e un peso premere sul suo petto.

"Perché proprio le stelle, mamma?" disse il bambino ammirando il soffitto pieno di piccole stelle dipinte.

"Perché tu sei la mia stella, Junie, e poi non sei tu quello che vuole diventare una star della musica?" gli rispose dandogli un bacio tra i capelli.

Se solo lo vedesse ora, ne sarebbe così delusa, aveva smesso di rincorrere il suo sogno e si era semplicemente spento.
Suo figlio era diventato qualcuno che si era sempre promesso di non diventare, ma d'altronde, aveva perso l'unica persona che aveva sempre creduto in lui.

"Mamma, so che dovrei vivere la mia vita, ma come faccio? Tu non sei più qui e non sono forte come lo eri tu." disse al nulla, poteva solo parlare con le mura di quella casa che avevano avuto modo di conoscere colei che lo aveva messo al mondo.

Ogni cosa, ogni angolo di quella casa era intriso di lei, della sua essenza e lui non poteva lasciarla andare.
Suo padre gli aveva chiesto così tante volte di traferirsi con lui, ma al contrario suo, Yeonjun non riusciva a dimenticare.

Non poteva dimenticare.

Lui odiava suo padre, lo odiava per essersi risposato, per aver avuto un'altra figlia e per essersi dimenticato di sua madre.
Odiava la sua nuova famiglia e odiava quella bambina che aveva solo pochi mesi, nonostante non avesse nessuna colpa.
Odiava il fatto che non poteva fare a meno di odiarli, perché sentiva che la colpa del suo allontanamento da suo padre era della sua nuova moglie.

Anni fa Yeonjun non conosceva nemmeno il sentimento d'odio, non era in grado di odiare, ma ora odiava il mondo per essere stato così duro con lui.
Odiava così tanto da sentirsi quasi male e tutto quell'odio pian piano stava spegnendo la sua voglia di continuare a vivere, perché non aveva più niente per cui farlo.

Non vedeva più il bello in nulla, non riusciva più ad apprezzare nemmeno le piccole cose che un tempo amava e ogni cosa era diventata insopportabile.

Vivere era diventato insopportabile.

Parole: 932

9 and Three Quarters. -Yeonbin-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora