Prologo

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Quando l'ultimo giorno di scuola dell'ultimo anno di liceo suona la campanella dell'ultima ora, tu sei convinto che quello sia l'ultimo secondo della tua adolescenza. Senti il bisogno di sottolineare l'evento con una frase storica, tipo: "Che la forza sia con noi!"... oppure "Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo!"... ma soprattutto, hai una grandissima voglia di far saltare il tappo che ti ha chiuso lo stomaco per cinque lunghissimi anni!

Quando l'ultimo giorno di scuola dell'ultimo anno di liceo suona la campanella dell'ultima ora, Manuel Ferro, quasi vent'anni, sente la necessità di bussare alla porta della sala professori del Da Vinci per togliersi dalle scarpe qualche sassolino nei confronti del professor Dante Balestra, incubo di alunni – e dei professori stessi, aggiungerebbe Manuel – da quando ha messo piede per la prima volta in quel liceo con vista sul Colosseo.

Che poi, sassolino è un eufemismo.

Frana, smottamento.

Sicuramente non sassolino.

Se ne stava lì, Manuel, appoggiato sullo stipite della porta della sala insegnanti, in attesa del suo momento.

Di quel momento.

Quello in cui avrebbe vomitato addosso all’esimio professor Balestra, cinque anni di parole lasciate libere di rosicchiargli ogni centimetro del suo fegato.

Se ne stava lì, Manuel, appoggiato sullo stipite della porta della sala insegnanti, a fissarlo mentre il caro Balestra tentava di ingraziarsi la collega di matematica, la professoressa Girolami.

Se ne stava lì, Manuel, appoggiato sullo stipite della porta della sala insegnanti, a rimuginare su quanto, in questi cinque anni, per il suo professore di Filosofia, fosse stato sempre un numero e mai una persona.

Sempre un numero.

Un voto.

Quel voto che ha fatto, e tutt’ora fa, incazzare studenti e studentesse di ogni ordine e grado: sei meno.

Sei meno che non è sei, la sufficienza, ma non è neanche cinque.

Sei meno che è un eterno limbo tra ti dò il sei politico e ti boccio.

Fu la voce del professor Balestra ad interrompere il vortice di pensieri di Manuel, una volta che la professoressa Girolami lasciò la stanza.

«A cosa devo l’onore, Ferro?»
«Professore, posso rubarle un minuto?» chiese Manuel, con un tono talmente calmo da non presupporre la sfuriata che, di lì a poco, avrebbe avuto luogo in quell’aula.
«Uno ma non due, allora?»
«Niente, ci tenevo a dirle che lei è veramente una merda» iniziò Manuel, «E già che ci siamo, volevo anche informarla che ha rovinato gli ultimi anni della mia vita, che mi ha fatto odiare la scuola e che, secondo me, lei è un fallito di proporzioni cosmiche. E poi volevo sapere, sono cinque anni che me lo chiedo, ma dove le compra ‘ste orrende giacche anni settanta? E la forfora gliela vendono insieme o… o ce la mette lei la mattina? Per non parlare, poi, della borsa. Stesso fornitore, vero?»

Nell’udire quelle parole piccate, il professor Balestra non si scompose.

Anzi.

Lo sguardo compiaciuto di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico e un sorriso beffardo continuavano a campeggiare sul volto dell’insegnante.

«E sappia che queste cose le pensa anche la professoressa Girolami» continuò Manuel, «perciò è inutile che le regala Milan Kundera. Perché mi creda, una così, a uno sfigato come lei, non gliela darà mai».

Aveva sfogato tutto il suo malessere, Manuel.

Si sentiva fiero e felice del suo gesto. Solamente un po’ dispiaciuto del fatto che nessuno fosse lì a guardarlo, ad incoraggiarlo, ad applaudire le sue eroiche gesta.

L’ho umiliato e pure in perfetto italiano.

«Hai saputo del professor De Angelis?» chiese Balestra con tranquillità, come se le parole di Manuel non lo avessero minimamente toccato.
«No»

Io je dico ch’è ‘na merda e lui pensa a ‘r professore d’italiano? Questo sta fori!

«Ha avuto un incidente, non sarà lui membro interno alla maturità. E indovina chi lo rimpiazza?»

Il sapore di vittoria si trasformò presto nel sapore ferroso del sangue di chi ha appena ricevuto un pugno ben assestato sulle gengive.

Balestra sarebbe stato membro interno alla maturità.

Balestra avrebbe fatto di tutto per bocciarlo.

E non con un voto normale.

Con cinquantanove.

«Sta scherzando?» chiese Manuel, appigliandosi alla flebile speranza che il professore, quella mattina, si fosse svegliato di buon umore e con una particolare voglia di mostrarsi simpatico.
«Io non scherzo mai, Ferro» lo raggelò il professore, «Bei capelli, vieni pettinato così all'esame» concluse Balestra, congedandosi.

Io pensavo de umilia’ lui e lui pija pe ‘r culo a me.

Quando l'ultimo giorno di scuola dell'ultimo anno di liceo suona la campanella dell'ultima ora, sei convinto che quello sia l'ultimo secondo della tua adolescenza? Grandissima cazzata.

E quel sassolino divenuto frana sembrava sbarrare la strada che avrebbe condotto Manuel al diploma.







NOTA AUTRICE:

Vi avevo promesso la storia ispirata a Notte prima degli esami ed eccola qui.

Non so se riuscirò ad aggiornare settimanalmente ma ce la metterò tutta.

Ovviamente per il prologo ho ripreso totalmente la scena iniziale del film, per il resto cercherò di prenderne solo i fatti salienti per non copiare totalmente.

Non so se volete commentare su Twitter, ma se vi va, potete usare #maturitàsimuel, di modo che io possa ritrovarvi e rispondervi.

Grazie sempre.
Vi voglio bene.

Vostra,
Bibi 🤍

Notte prima degli esami Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora