🌅 Capitolo 3 🗾

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💙CAN 💙

Sono bloccato come ai bordi di un dirupo, col cuore che martella nel petto per la paura di precipitare. Non mi aspettavo di vederla. In questo immenso scintillio di strass e paillettes, di labbra dipinte di rosso carminio, di gambe scoperte e generosi decolleté, di movimenti sensuali e voluttuosi, lei pare ondeggiare come una vela maestra. Nei suoi pantaloncini di jeans e una maglietta che le scopre appena la pancia, appare al contempo la più elegante delle creature. I suoi capelli sono raccolti con alcune ciocche che le ricadono sul viso, gli occhi sono contornati da una leggera linea nera che ne risalta l'intensità, mentre le sue labbra emanano bagliori come strisce di raso rosa irradiando come una supernova l’universo che le gira intorno.

E in questo momento mi sento precipitare, avvertendo lo sgretolarsi delle dighe che ho cercato di innalzare. Ogni mattina sono stato tentato di tornare al gazebo per rivederla, semmai anche lei ci fosse tornata, ma ciò che avevo visto nei suoi occhi mi ha frenato. Ho trascorso le giornate giù alla grotta, sicuro che nessuno avrebbe disturbato la mia quiete. Sono riuscito ad evadere da ogni sorta di pensiero, nonostante l’unico che di tanto in tanto ritornava mi mostrava il suo sorriso sincero e i suoi occhi invadenti. La stessa invadenza che hanno in questo preciso momento mentre si gettano nei miei. Un’invadenza di cui, mi rendo conto, non riesco a farne a meno.

Ho accettato di venire qui in spiaggia per incontrare la mia squadra prima di riunirci tra qualche giorno. Ogni anno è così; di solito ci rivediamo dinanzi ad un aperitivo o ad un semplice caffè per darci il bentornato e per brindare alla buona riuscita della regata. Solo che questa volta l’incontro è stato organizzato durante la festa che si tiene qui alla Cala Grande.

Mentre il mio sguardo è ancora rapito da quegli occhi che brillano come oro, mi sento tirare e una voce mi distoglie dal mio stato di trance. Abbraccio i miei compagni di avventura dopo un anno, felice che la squadra sia di nuovo al completo e pronta per ripartire.

Non mi accorgo del tempo che passa e solo quando ci avviciniamo al chiosco delle bevande i miei occhi si guardano intorno.

«Dai, Can, vieni a ballare anche tu!»

«Andate, andate, io resto qua» esclamo, mandando via tutti con un gesto della mano.

«Sei il solito» ridono, mentre ad uno ad uno si perdono nella mischia.

Continuo ad osservare spostandomi da un angolo all’altro, sorseggiando il mio cocktail e non riuscendo a trovare Sanem.

Passano dieci minuti o forse di più, quando la musica cambia completamente e diventa più soft, facendo sì che tutti ballino in coppia. Sento qualcuno spintonarmi sulla “pista da ballo” e senza riuscire a mantenere l’equilibrio mi ritrovo ad investire qualcuno col mio corpo. Riesco a malapena a sentire le risate dei miei amici perché le mie braccia afferrano l’esile corpo che ho quasi travolto.

«Ciao!»

«Ciao!» mi risponde di rimando.

«Scusami! Non ti ho fatto male, vero?» chiedo preoccupato.

«No… No, va tutto bene!» risponde visibilmente turbata.

«Non volevo. I miei amici mi hanno spinto e…»

«Ah! Va bene, non è successo niente» esclama, mentre le sue mani percorrono le mie braccia per poi staccarsi completamente da me.

È forse questo gesto, o forse i suoi occhi che sembrano spegnersi improvvisamente, ad abbattere l’ultima diga che in men che non si dica cede alle mie parole.

«Ti va di ballare?»

Mi guarda scettica.

Le accenno un sorriso.

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