Capitolo 11: I due amanti

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La luna rischiarava i volti dei tre ragazzi, seduti in biblioteca, immersi nel candore della luce chiara, nell'odore di legno, di carta e della polvere accumulata tra i libri.

«C'è solo una leggenda. Una sola che spiega come le anime possano finire intrappolate sulla terra, in oggetti inanimati». Cominciò Sorin. «La leggenda dei due amanti»

«Mai sentita» disse Caiden, sporgendosi col busto verso l'altro ragazzo.

«L'Ordine dei Sacerdoti ha fatto un buon lavoro, allora» si compiacque Sorin.

«Sorin, la leggenda» lo spronò Nephele.

«Si, dunque.» Sorin si schiarì la voce. «Tanto tempo fa, in un tempo imprecisato, c'erano due amanti. Due giovani innamorati, che traevano conforto dalla compagnia dell'altro. Tuttavia erano ostacolati dalle loro famiglie, che per qualche ragione non accettavano la loro relazione romantica e imposero loro di smettere di vedersi. Ma quel divieto non fermò le loro carezze, i loro baci, il desiderio che nutrivano l'uno nei confronti dell'altro. Quell'amore, quel sentimento così forte, si era espanso, come vino su una tovaglia bianca, nelle parti più profonde della loro anima. Erano indissolubilmente legati da quel sentimento puro e netto.» Il ragazzo si interruppe, per costatare che gli altri due giovani lo stessero seguendo. Le leggende erano il punto forte della teoria magica: attiravano l'attenzione, ed era ben facile rimanerne attratti e incantati. Quando notò i due che lo guardavano con occhi dipendenti dalle sue labbra, continuò. «Così un giorno i due giovani scapparono. Furono liberi di esprime a pieno quel loro sentimento, liberi dall'odio delle loro famiglie. E dopo una notte di passione, in cui i fiori del loro sentimento, che già da tempo avevano messo radici nei loro cuori, erano sbocciati, i due si scambiarono due anelli. La luce della luna sugellò la promessa di amarsi per sempre, di rimanere sempre uniti, in vita e in morte. Ma questo giuramento, fu la loro maledizione.». Si interruppe per prendere fiato. Percepiva gli occhi grigi di Nephele sul viso, il capo di Caiden rivolto nella sua direzione, in attesa di una fine. «Quando entrambi morirono, le loro anime, fedeli alla promessa di rimanere insieme anche nella morte, non potendo ascendere poiché erano ancorate l'una all'altra, rimasero intrappolate nei due anelli, sepolti con i corpi dei proprietari.»

«Un astro non può ospitare due anime?» lo interruppe Caiden.

«No. In teoria, l'anima si libera del corpo e da tutte le passioni da lui generate, dunque con la morte giunge ad un'atarassia dal mondo mortale. In esso l'uomo ha il bisogno di stare con gli altri, per la sua sopravvivenza. Ma alla morte, l'anima raggiunge la sua realizzazione: è il suo corpo che desidera l'altro, per soddisfare bisogni terreni, non l'anima. Dopo la morte, l'anima ha bisogno solo di sé stessa. E risiede da sola, nel suo astro. È un desiderio terreno, quello di amare, non celeste»

«È triste» commentò Caiden.

«L'amore è concepito come una passione carnale? E la componente spirituale?» chiese Nephele, con occhi pieni di curiosità.

«È un discorso complesso» tentò di liquidare la domanda Sorin.

«Non ti chiederò di ripetere se io non dovessi capire» lo incitò lei.

«Ne dubito» commentò Caiden.

«Lo prometto» disse lei.

«D'accordo.» sospirò Sorin. «L'anima partecipa alle sensazioni provate dal corpo. Sarebbe inutile non farlo: chi desierebbe di vivere povero, senza cibo, senza vestiti, senza amici? Pertanto l'amore tra due persone è sia "carnale" sia "spirituale", perché si manifesta attraverso il corpo, ma le anime ne sono coinvolte, perché sanno che è meglio non reprimere quei sentimenti che le fanno stare bene. Alla morte, l'anima raccoglie le esperienze provate dal corpo, ma non ne sente più la necessità.»

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