Capitolo 18: La lettera

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Cara Ewonye,

Sento il dovere di scriverti questa lettera. Quando la leggerai, sarò giunto ad un punto di non ritorno. Avrò lasciato questo mondo per raggiungere l'astro a me dedicato. Che gli dei siano misericordiosi. Il senso di colpa mi distrugge, non riesco ad affrontare le conseguenze delle mie azioni: sono un codardo. Ma dopo quello che è successo a Chandra, e dopo quello che è successo alla nostra amata figlia, mi sento obbligato a darti delle risposte.

Hai definito il rito che volevi eseguire sulla contessa "rito di trasferimento delle anime". Mi hai spiegato che volevi usare l'anima della mia amante e innestarla nel corpo della nostra figlia per farla vivere. Così l'anima morente sarebbe finita nel corpo della contessa Chandra. Ma qualcosa è andato storto e, è una pugnalata al cuore scriverlo, sono morte entrambe. La contessa è morta all'istante, non appena la sua anima si è staccata dal corpo, invece nostra figlia poco dopo. E mi hai spiegato che lo scambio non era avvenuto: l'anima della contessa non ha mai raggiunto il corpo di nostra figlia.

Ricorderai bene che la notte in cui la contessa morì eravamo all'inaugurazione. Mi venisti a chiamare, dicendo di aver bisogno di aiuto. Mi portasti in quella specie di sotterraneo spettrale, nostra figlia respirava appena, la contessa giaceva supina, le labbra sporche di viola. Non volevi che la sua sparizione fosse sospetta, dunque mi chiedesti di portare il suo cadavere al primo piano della villa, e di spacciare la terribile morte della contessa per morte naturale. Ti confesso che in quel momento ho visto il mio mondo crollare a pezzi: non voglio infierire sui tuoi sentimenti, ma io amavo la contessa, ed ero furioso nei tuoi confronti, per questo ti ho urlato contro. La tua espressione mi ha fatto arrabbiare ancor di più. Nella mia mente era inconcepibile, un atto riprovevole. Non riuscivo a comprenderlo. Come potevi barattare due anime, scegliere il destino di due vite? Come potevi essere così presuntuosa da appropriarti diritti sulle vite degli altri? Forse la tua presunzione era dettata dal quel folle amore che nutri nei confronti di nostra figlia, sebbene sia ormai defunta. E il tuo astio nei confronti della contessa era dettato dalla tua gelosia. Sono stato un uomo stupido, che si è atto trascinare da un amore adultero, eppure così travolgente e bello che non poteva essere sbagliato. Probabilmente maledirai la mia tomba e il mio astro, dopo che avrai letto queste parole. Nonostante la rabbia, non volevo che il titolo che la contessa Chandra mi aveva permesso di ottenere venisse infangato dalle tue azioni. Eri l'ultima persona che era stata vista con la contessa, e alcuni sospettavano qualcosa in merito alla nostra relazione. Sarebbe stato facile giungere al responsabile della sparizione. È per questo che ho deciso di aiutarti, ho portato Chandra nella sua stanza da letto. Mi sono disperato, ho pianto tra le sue braccia ancora calde. Ho pianto, ho versato lacrime su quel corpo. Ho accarezzato il suo bel viso, le ho baciato la fronte un'ultima volta. Le ho pulito le labbra. Ho osservato quella collana che sembrava brillare di luce propria. Ho invocato il suo nome, disperavo. Volevo il suo ritorno, lo desideravo con tutto me stesso. Se si fosse risvegliata, avrei promesso di non frequentarla più. A costo che lei vivesse, a costo che lei fosse qui. Anche se non avrei potuto vederla mai più. La chiamai, e piansi ancora. Ti odiavo per ciò che avevi fatto. Amavo nostra figlia, ma mai avrei pensato di spingermi a tal punto, come invece tu hai fatto, Ewonye. Biasimami, insultami, dimmi che avresti voluto una famiglia normale, con un marito non coinvolto in una relazione adultera. Ma io amavo Chandra. Il mio momento di misera disperazione venne interrotto da quelle maledette candele danzanti. In quel momento, sebbene tu non ne fossi la responsabile, mi infuriai ancora di più con te. Così me ne andai, lanciando un'ultima occhiata alla mia amata. Era bellissima.

Qualche giorno dopo mi chiedesti se la collana che portava sempre al collo fosse un mio dono e se le avessi fatto qualche promessa d'amore. Non ti risposi, ero arrabbiato, colmo di risentimento. E in quel periodo era morta anche nostra figlia. Non volli rispondere, non mi sembrava l'occasione adatta per parlare. Ero colmo di dolore, lo eravamo entrambi. Ma il fatto che tu non fossi minimamente preoccupata dell'omicidio mi rendeva spaventato da te, e allo stesso tempo mi riempiva di furia. Eri pazza. Ma adesso voglio risponderti. Si. Una volta le ho chiesto se ci sarebbe sempre stata. E lei disse di sì, che ci sarebbe stata per sempre. E in quell'occasione le regalai la collana. Fu prima che ci sposassimo. In quel momento fui più felice che mai.

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