Capitolo 19: Il tempio

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Attraversarono i campi sotto il firmamento trapunto di stelle. Quella luce candida illuminava i manti dei cavalli, mentre galoppavano verso le rovine del tempio profetico, che aveva loro fornito un avvertimento. La ricerca di ciò che è perso può corrodere l'animo. Adesso ne conoscevano perfettamente il significato.

Sorin era determinato ad adempiere il suo compito di sacerdote: doveva fare ascendere l'anima della contessa Chandra, ormai intrappolata sulla terra da ben trent'anni. Avrebbe dovuto raggiungere il suo astro, che la attendeva da tempo.

Nephele, sebbene non avesse nessun dovere da adempiere, era divorata dalla curiosità. Aveva scoperto i fili di quel mistero, aveva persino rischiato la vita. Voleva sapere come si sarebbe conclusa quella notte, cosa sarebbe successo alle due contesse. Non le bastava che Dorea fosse ormai salva: era entrata fino in fondo in quella faccenda e voleva essere partecipe della risoluzione. Lo stesso valeva per Caiden, che seguiva i due anche per proteggerli. Non avrebbe lasciato che due dei suoi amici più cari andassero in giro durante la notte alla ricerca di una folle donna magica.

Grazie ai destrieri arrivarono velocemente ai piedi della bassa collina su cui sorgeva il tempio abbandonato. Il tempio circolare composto da ormai poche colonne rispetto alle originarie, era ricoperto da piante rampicanti. Fiori di diversi colori macchiavano quel verde scuro dell'edera. L'architrave quasi del tutto intero, sgretolato solo nei punti in cui la colonna bianca che avrebbe dovuto sorreggerlo era assente, era costellato da incisioni, rischiarate dai fiori luminosi. I campi attorno erano desolati, gli steli d'erba agitati da un flebile vento. Il canto dei grilli scandiva il tempo.

Lasciati i cavalli ai piedi della collina, i tre salirono la collina. Non ci volle molto prima che una battaglia di voci giunse alle loro orecchie. Ed eccola, Nephele e Caiden l'avevano sentita solo una volta, quella voce fredda e agghiacciante, che di umano conservava poco. Risuonava nell'aria, quasi facendola vibrare. Aveva in sé veemenza e forza, che lasciavano intendere una certa autorità. Sembrava un insieme di grida di terrore, fuse in un'unica tenebrosa voce.

«Ewonye, ti ordino di portarmi da quella fanciulla. Guariscila» ordinava a ripetizione.

«No» rispondeva la contessa Ewonye, la collana dalle pietre verdi al collo, intenta ad armeggiare con qualcosa che i tre non riuscirono a scorgere.

Acquattati tra qualche masso caduto non appena avevano udito le voci, i ragazzi osservavano la scena. I tre videro l'anima della contessa Chandra solo quando si spostò. Prima, una colonna incisa da rune ne impediva la vista. Eccola, la contessa Chandra. La pelle bianca come il latte, fluttuava poco distante dal terreno. La sua pelle pallida, i suoi occhi privi di colore e i capelli argentei la rendevano eterea. Era fasciata da un vestito elaborato, bianco anch'esso. Dalla loro posizione, riuscivano a scorgere i tratti del suo viso dalla forma tonda. L'unica cosa che aveva in comune con il suo bisnipote era il naso dritto dalla punta leggermente arrotondata. Per il resto, i lineamenti erano completamente diversi. La donna presentava lineamenti spigolosi e duri, Caiden invece aveva lineamenti più morbidi.

«Miei dei!» esclamò Caiden a bassa voce.

Osservando la contessa Ewonye, si potevano notare quegli occhi carichi iniettati di follia, che seguivano il lavorio incessante delle mani. Si muovevano velocissime, a differenza del suo corpo rigido piegato in avanti.

Sporgendosi, riuscirono a vedere ciò che Eownye stava facendo. Al centro del tempio, sulla grande pietra circolare, era presente il corpo della piccola Annael, i capelli scuri agitati dallo stesso vento che faceva frusciare gli steli dei campi circostanti.

«Te lo ripeto, Ewonye. Riportami indietro. La tua pazzia non verrà mai notata dagli dei» continuava la contessa Chandra.

«Hai paura che il rito riesca, no?» ribatté la contessa Ewonye, le parti inferiori degli occhi cerchiate di scuro.

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