Capitolo 2 - Nuril

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Nuril non era stata particolarmente fortunata durante le operazioni di riciclaggio materiale a cui aveva partecipato un paio di giorni prima. I cultisti che aveva ucciso e depredato, infatti, sembrava che in vita fossero stati allergici a qualsiasi cosa di vagamente prezioso.
Niente bracciali, anelli o orecchini.
Niente statuine raffiguranti ibridi tra polipi e umani con rubini incastonati al posto degli occhi. Niente armi imbevute di magia antica.
Quindi si era accontentata di spogliarli, letteralmente, ed accumulare le loro tuniche bruciacchiate nella sua sacca dimensionale sperando di rivenderne la stoffa.

Considerato l'ambiente, se non si fosse impuntata ad usare solo magie di fuoco forse avrebbe potuto recuperare qualche libro o pergamena magica. Ma era così bello vederli avvolti nelle fiamme che quasi non aveva senso liberarsi dei cultisti in altro modo.

Una volta arrivata a Ravenloft aveva pensato di dirigersi verso il più vicino dei tre empori della città, ma lungo il cammino aveva cambiato idea ed era entrata nel negozio di un sarto al quale era per caso passata davanti. Il proprietario del negozio le aveva gentilmente spiegato che non poteva acquistare i vestiti dei cultisti per ricavarne della stoffa, perché gran parte del tessuto era stato irrimediabilmente rovinato dalle fiamme.

Nuril non era stata contenta disentirsi dire di no, ma il commerciante era involontariamente riuscito a migliorarle lo stato d'animo facendole notare che nessuna delle tuniche, nonostante fossero state evidentemente investite da un incendio, presentava buchi o danni troppo gravi. Questo suggeriva che fossero state trattate con una lavorazione particolare, così da renderle più consone al combattimento. La maga avrebbe potuto quindi rivenderle come armature di seconda mano, piuttosto che come stoffa, con maggiori margini di guadagno.

Chi, però, poteva aver bisogno di una trentina di tuniche? Nuril si era interrogata sul da farsi e, trovando risposta, si era recata al campo eretto da una guarnigione dell'Impero poco fuori dalla città. Si era fatta indicare la persona giusta con cui poter trattare dalle guardie stazionate all'ingresso, che l'avevano lasciata passare senza farsi troppi problemi, ed infine era giunta nel tendone che svolgeva la funzione di ufficio del quartiermastro, collocato dietro al campo di addestramento dei soldati.

La maga aveva esposto la sua mercanzia, ma già dalle prime battute della trattativa il rappresentate dell'esercito imperiale aveva mostrato scarso interesse. In primo luogo, il loro piccolo distaccamento di cinquanta uomini non contava più di tre incantatori. In secondo luogo, ma probabilmente più importante, anche se le persone in grado di padroneggiare l'arte magica non erano inusuali nel mondo, questo non significava che fossero comuni.
Tutti ne erano consci, per cui la politica dell'esercito imperiale era di aggraziarsi il più possibile tali individui, così attrarne sempre di più e allo stesso tempo non dar motivo di andarsene a quelli che già avevano sposato la causa. Vestirli con tonache bruciacchiate non rientrava nei loro parametri.

Nuril aveva provato a non demordere, ricordando gli insegnamenti del compagno bardo sul non mollare mai al primo rifiuto quando si trattava di affari, ma più la discussione andava avanti e più il quartiermastro dell'esercito era convinto di non voler comprare ciò che gli veniva offerto. Quello fu il secondo rifiuto della mattinata e per la maga, che in media non ne tollerava nemmeno uno al giorno, si rivelò essere la fatidica goccia che fa traboccare il vaso.
Un vaso contenente fiamme e dolore.

"Avete rotto il ca**o a non voler comprare le armature che io voglio vendervi!" urlò con così tanta intensità da riuscire a farsi sentire nonostante in contemporanea avesse fatto saltare in aria con un'esplosione la sede delle negoziazioni e una porzione importante dell'area circostante.

L'attenzione dei presenti era stata inevitabilmente richiamata verso il luogo dell'accaduto, anche quella di Imo. L'elfo, grazie alle informazioni in suo possesso, riuscì a farsi un'accurata idea del corso della situazione e stabilì che non tutto era ancora perduto. Nuril avrebbe potuto raccontare qualsiasi storia avesse voluto per giustificare le sue azioni e l'unica persona in grado di confutare la sua versione dei fatti era chiaramente non più in grado di aprire bocca per poterlo fare.

"Tanto non me frega niente di vendere roba, mi interessano solo i soldi. E i vostri sono i più vicini in questo momento, quindi me li prenderò in un modo o nell'altro."

Queste non erano le parole che Imo avrebbe voluto sentire, ma un'altra rapida valutazione della situazione gli confermò che non tutto ancora era perduto per lui. Nessuno in quel campo poteva collegarlo alla maga che stava continuando a lanciare dardi infuocati indiscriminatamente verso chiunque tentasse di avvicinarsi o di scappare.

"Imo aiutami, immagino che questi stupidi cani dell'esercito abbiano nascosto da qualche parte delle monete. Cercale mentre io li faccio fuori."

E con quest'ultima frase Nuril, che a quanto pare aveva degli occhi buoni quanto quelli di un elfo, aveva inchiodato il compagno di viaggio ad una croce che non sarebbe mai dovuta essere sua da portare.

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