Capitolo 5 - Il processo

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Nuril combatté a lungo prima di venire sopraffatta dai rinforzi della guarnigione, riuscendo ad uccidere quattro soldati innocenti e incapacitandone altri 6 probabilmente per il resto delle loro vite. Avrebbe avuto anche riserve di energia sufficienti a continuare ancora per molto, se solo non fosse stata colta alla sprovvista da un colpo di mazza alla nuca che l'aveva fatta stramazzare al suolo svenuta.

Imo, mentre la compagna vendeva cara la propria pelle, aveva coraggiosamente deciso di lasciar cadere a terra l'arco non appena aveva sentito pronunciare il suo nome, alzando le mani in segno di resa. Sperava che astenendosi dallo scontro sarebbe scampato allo stesso destino che avessero riservato alla maga, ma il suo ottimismo non si rivelò ben riposto.

Ammanettati a polsi e caviglie, stavano ora venendo scortati al municipio cittadino, dove il reggente di Ravenloft avrebbe ascoltato la descrizione dei loro crimini quei tre secondi sufficienti a stabilire che dovessero essere condannati a morte.

C'era una lunga coda di cittadini in attesa di essere ricevuti davanti all'edificio amministrativo, ma l'ufficiale dell'esercito che guidava la loro processione (lo stesso che poco prima aveva sottoposto Imo alla prova da arciere) non si fece problemi a scavalcare chiunque gli si parasse davanti. Come una locomotiva, entrò passando per la porta principale senza preoccuparsi di perdere tempo o di farne perdere ad altri.

Incontrò la stessa resistenza che Nuril aveva sperimentato all'ingresso del campo imperiale, ossia nessuna, e li condusse senza esitazioni alla sala delle udienze pubbliche. Solo davanti a quell'ultima porta li fece fermare, mostrando la decenza di poter aspettare che la persona che al momento stava esponendo il proprio caso al funzionario cittadino concludesse i propri affari.

Neanche il tempo di far asciugare completamente il sudore derivato dalla camminata scomposta lungo mezza città, che già era arrivato il loro turno. I due imputati si ritrovarono ben presto di fronte ad un uomo anziano che li guardava con occhi la cui bontà scemava ad ogni parola pronunciata dall'ufficiale dell'esercito imperiale che, dopo aver preso posizione su un apposito scarno nella parte sinistra della stanza, stava decantando l'elenco delle accuse rivolte ad Imo e Nuril.

Prima ancora che si arrivasse al racconto della maga che a morsi azzannava alla gola uno dei soldati addetti alla scorta che li aveva accompagnati fin lì, lasciandolo poi ad affogare nel suo stesso sangue, il reggente richiamò il silenzio per pronunciare la sua sentenza.
Prima che aprisse bocca, però, una voce diversa si levò dalla loro destra.

"Chiedo all'amministratore di Ravenloft di considerare tutte le possibilità a sua disposizione prima di emettere un giudizio."

A parlare era stato Pavil, un mercanteche ad occhio e croce doveva avere la stessa età del reggente. Sedeva in una tribuna lasciata a disposizione di nobili e persone di spicco all'interno dell'alta società cittadina, che spesso gradivano bearsi delle problematichedei cittadini. Ricordava loro di essere superiori ai comuni pezzenti.

Pavil era una persona abbastanza importante da meritarsi un posto al concilio ristretto dell'Imperatore, mica pizza e fichi, quindi le sue parole non potevano essere ignorate da un amministratore di un borgo di medie dimensioni come Ravenloft, nonostante sconfinassero il limite della propria autorità.

"E quali sarebbero le possibilità a mia disposizione?" chiese quindi il funzionario col tono scocciatodi chi aspettava da tutta la giornata lavorativa l'occasione di pronunciare una sentenza di morte ed era appena stato interrotto sul più bello.

"Sicuramente la punizione più adatta ai crimini commessi dai presenti è la morte per mano del boia" cominciò il mercante. "Ma qua parliamo di danni arrecati all'esercito e, di conseguenza, all'Impero stesso. Se vogliamo scongiurare l'eventualità che in futuro si ripetano fatti del genere, dovremo far di questo caso un esempio e colpire i criminali con la massima severità. Deve essere un monito per i loro simili a non sfidare un potere maggiore."

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