Da quattordici anni l'occhio della Montagna Solitaria vigilava su Alis, e da molto più tempo ancora vigilava su Esgaroth.
Le voci degli abitanti più anziani della città raccontavano di un drago che dimorava nel ventre di Erebor, un drago con scaglie scarlatte e ali d'oro zecchino, capace di farsi nero come le tenebre stesse, secondo necessità, come quando si insinuava nelle stanze dei fanciulli per rapirli nelle ore più buie della notte.
Insomma, niente più che favole e leggende, se lo avessero chiesto ad Alis. (2)
Suo padre si lamentava sempre di quanto facilmente si facesse abbindolare la gente. Diceva che il modo in cui il Governatore si era fatto fregare da quel branco di nani, facendosi pure estorcere un mucchio di soldi, ne era la prova lampante, e lei non poteva che concordare con lui.
Come se non bastasse, ora anche il padre di Sigrid e Bain, che era sempre stato un membro stimato dalla comunità, sembrava essere completamente impazzito e se ne andava in giro a vaneggiare di fiamme, morte e distruzione.
Proprio non si capiva dove sarebbero andati a finire andando avanti di quel passo. Pontelagolungo sarebbe diventata una gabbia di matti, poco ma sicuro. Nessuno straniero avrebbe mai più voluto metterci piede.
Alis odiava vivere lì, odiava vivere così, con il puzzo di pesce e di muffa cuciti addosso. Da reietta, senza alcuna speranza in un domani migliore. Quando sarebbe stata abbastanza grande se ne sarebbe andata a vivere in una grande città, senza mai voltarsi indietro, era solita dirlo sempre.
Intanto aspettava, e sognava ciò che sarebbe diventata quando sarebbe arrivato il suo momento. Quando avrebbe lasciato quella cittadina, sudicia e insulsa, di cui nessuno nel resto del mondo si curava, di cui i grandi Signori dell'Ovest stessi avevano perso memoria.
Dall'alto, solo la Montagna, qualche volta, scostava le sue tende fatte di nebbia per guardarli.
Ed era proprio dalla Montagna che la morte era piombata su di loro.
C'era stato qualcosa a svegliare Alis quella notte. Non avrebbe saputo dire cosa fosse stato di preciso. Forse il silenzio, c'era troppo silenzio. Non si sentiva il bubolio dei gufi, non il grufolio dei maiali nelle stalle, non lo scalpiccio di qualche topolino solitario. Perfino la superficie del lago era immobile, piatta come una tavola.
Poi aveva cominciato a soffiare quel forte vento da nord, che aveva fatto sbattere all'impazzata le imposte della finestra della sua stanza. Si era alzata per cercare di fermarle, e uno strano scricchiolio dei pini nella foresta l'aveva indotta ad alzare lo sguardo.
Così lo aveva visto: l'Oscuro Signore in persona scendere da Erebor, mentre attorno a lui il cielo si riempiva di fumo denso e cenere.
Alis non aveva avuto il tempo di infilarsi le scarpe e ora, a piedi nudi, correva tra la calca attraverso i pontili della sua città. Aveva smarrito la sua famiglia, attorno a lei sentiva solo gente urlare, qualcuno pregare, vedeva i volti di chi già sa che la sua ora è arrivata.
Dove o alla ricerca di cosa stessero andando tutti loro, non avrebbe saputo dirlo.
Se le avessero chiesto di immaginare l'inferno, probabilmente lo avrebbe descritto così. C'erano persone e animali che correvano terrorizzati in ogni dove, spintonandosi, scavalcando, calpestando tutto e tutti, pur sapendo, nel profondo, che vie per la salvezza non ce n'erano.
Fuoco. Il fuoco divorava ogni casa, inghiottiva ogni anima. Non c'era scampo.
Dall'alto, nel cielo buio, il drago colpiva secondo il proprio capriccio, non c'era un posto dove mettersi al sicuro; nemmeno l'acqua, che con il suo ghiaccio poteva essere letale quanto le fiamme.
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With my bare feet || Bagginshield
Fanfiction"Ricominceremo da capo, chiaro; siamo masochisti, quasi speriamo che la volta dopo le cose saranno diverse. Potrebbero, perché no? Allora, se siete pronti, riavvolgiamo tutto ancora una volta." Sulla scia degli eventi del film "Lo Hobbit", questa fi...