The name chapter: Temptation, FAREWELL NEVERLAND - CHOI SOOBIN

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Soobin era stufo.
Stufo di tutto quello scrivere a computer, pinzare assieme fogli su fogli, scannerizzare, fotocopiare, riempire fascicoli, compilare moduli...
Stufo.
La sua vita lavorativa non la immaginava di certo così, buttato in un ufficio, chiuso tra due pareti a sorbirsi le lamentele dei suoi colleghi che erano lì da molto più di lui e facevano la metà di ciò che invece lui era già in grado di fare.
Quando finì la scuola si prese un anno sabbatico in cui si divertì, senza freni.
Feste, viaggi, giornate di puro ozio.
Ora però, era tutto finito.
Adesso gli toccava lavorare per pagare l'affitto, le bollette, la rata della macchina.
Quando acquistò la sua Suzuki Sport era davvero contento.
Lo è ancora della sua scelta, quell'auto gialla è l'unica cosa di cui va fiero.
Soltanto che tra benzina, pulizia e vizi che si concede per mantenerla sempre al meglio spende un capitale.
Per non parlare di quanti soldi sborsa per i manga.
Quando arriva il weekend le scelte sono due: tapparsi in casa a leggere fumetti, oppure correre in fumetteria a comprare fumetti... Che poi leggerà una volta rientrato dalle sue spese folli.
Non era un lupo solitario, anzi, tutt'altro.
Soobin era stato abituato da sempre a condividere esperienze, passioni, tutto.
Solo...
Dopo il periodo della scuola non aveva più trovato nessuno con cui poter fare ciò che più gli piaceva, nessuno con cui essere completamente se stesso.
Ultimamente si sentiva sempre più un bambino sperduto, come quelli che la Disney racconta popolare l'isola che non c'è.
Un bambino sperduto...
Un bimbo che non vuole crescere.
Ma il moro è cresciuto, eccome se è cresciuto.
È tempo di dire addio all'isola che non c'è.
Soobin sbuffò, e dopo aver digitato le ultime cifre del bilancio di fine estate, si concesse finalmente una pausa.
Fece un lungo sospiro e si sgranchì le braccia stiracchiandosi e allungandosi sulla sua scrivania.
Stava andando forte in azienda, aveva firmato un contratto da apprendista ma aveva già la propria postazione, la cancelleria col suo nome e cognome sopra e perfino un raccoglitore privato per le pratiche.
Un vero trionfo per un novellino.

"Hai finito Soobin?"

Gli domandò la sua collega.
Il ragazzo annuì e poi le rispose a parole.

"Mi prendo dieci minuti, vado a farmi un caffè, tu vuoi qualcosa?"
"No grazie, fa pure con calma, te lo sei meritato"

Le sorrise e dopo aver agguantato veloce il suo badge e la chiave per le macchinette infilò tutto in tasca, incluse le mani, e si avviò in corridoio.
Passo dopo passo, in silenzio, raggiunse i distributori del piano.
Li osservò e quando lesse la dicitura 'caffe' si soffermò.
E pensare che fino a qualche anno fa disprezzavo il caffè.
Constatò Soobin, poi lo sezionò, riducendo di tre tacchette il livello di zucchero.

"Sono proprio un adulto adesso"

Rise e una volta che la sua bevanda fu pronta, afferrò il bicchierino di plastica e anziché dirigersi verso la zona relax, decise che l'avrebbe gustato in piedi, davanti alle enormi vetrate dell'edificio.
Soffiò sul caffè bollente e lo poggiò sul piccolo tavolino tondo accanto alle finestre.
Ennesimo sospiro della giornata e concentrò il suo sguardo sui passanti al di sotto di lui.
Una scolaresca in gita, che ricordi...
Un signore palesemente in pensione, che invidia...
Una... Una ragazza bellissima.
Soobin sbatté le palpebre e si avvicinò di più al vetro.
La scrutò quanto meglio potesse e cercò di coglierne ogni dettaglio.
Indossava un paio di pantaloncini di jeans larghi, non troppo corti, le arrivavano al ginocchio, una maglietta decisamente non della sua taglia, una, o addirittura due taglie in più.
Aveva una stampa famigliare, era una t-shirt di... Jujutsu Kaisen! Il suo anime preferito del momento!
Il suo respiro si fece più intenso e percepii il cuore pompare più veloce il sangue.
Sul suo viso si spalancò un enorme sorriso quando notò la biondina ripetere con foga, qualcosa.
Tra le mani aveva un foglio, che stesse ripetendo una parte?
Forse era un'attrice?
Soobin era davvero incuriosito, avrebbe voluto scendere con l'ascensore, uscire dalle porte scorrevoli dell'ingresso del grattacielo e salutarla.
Ma non poteva.
Era in pieno orario lavorativo e come se non bastasse la sua breve, ma intensa pausa stava per terminare.

"Il caffè!"

Esclamò ad alta voce ricordandosi il motivo per cui si era allontanato dall'ufficio.
Lo bevve d'un sorso ma prima di rientrare, i suo occhi ricapitolarono sulla finestra, incollati alla figura di quella ragazzetta che gli aveva fatto accelerare il battito.
Era ancora lì, che faceva avanti e indietro sul bordo del marciapiede, intenta a parlare fra sé e sé.
La guardò per ancora qualche minuto.
La bionda si fermò all'improvviso e alzò la testa, proprio in direzione di Soobin che per chissà quale motivo, si abbassò, nascondendosi nel suo punto cieco.
Perché l'aveva fatto??
Come se lei avesse potuto vederlo da là sotto...
In più, i vetri, da fuori, erano oscurati.
Eppure aveva il sentore che gli occhi della ragazza fossero puntati su di lui.
Era impossibile, ma da una parte, il suo subconscio lo sperava.
Scosse la tessa e preoccupato che qualcuno avesse potuto beccarlo in quell'assurda situazione, si ricompose al volo.
Spiò la finestra e della bionda non ci fu più traccia.
Deluso, gettò il bicchiere nel cestino e tornato alla scrivania, si preparò a riprendere quella noia mortale.
Per tutto il resto del giorno non fece altro che pensare alla bionda.
Il pensiero di lei lo accompagnò fino a casa.
Quando il giorno successivo se la ritrovò nella hall della sua azienda, rischiò l'infarto.
Quasi non la riconosceva.
Tacchi, gonna, camicia e un cerchietto elegante fra i capelli lisci.
Era la sua occasione.

"Buongiorno"

La bionda si voltò, lasciando una scia di profumo irresistibile.

"Buongiorno!"

Soobin lesse il suo nome dal badge.
Arin.

"Sono Soobin! Tu sei nuova vero?"

Le porse la mano che lei subito strinse allegra.

"Soobin??? Choi Soobin???"

Annuì sorpreso e lei batté le mani.

"Cavolo che fortuna! Sono stata assegnata al tuo ufficio e mi hanno detto che sarai tu il mio referente, Sono Arin! Piacere di conoscerti!"

Gli fece un inchino e Soobin, imbarazzato, si grattò la nuca.

"Piacere mio! Non devi inchinarti!"

Il ragazzo le sventolò la mano che teneva ben saldo il telefono davanti al volto facendole cenno di rialzarsi.
In quel momento, proprio come un segno del destino, il suo cellulare che era in bella vista proprio sotto il naso di Arin, si illuminò mostrando il suo sfondo.

"Ma... È Gojo di Jujutsu Kaisen???"
"S-sì"

Soobin fremette.
Arin gli mostrò il suo.

"Hai... Geto come sfondo!"

I due si sorrisero e rotto il ghiaccio, non smisero di chiacchierare, nemmeno una volta entrati in ascensore.
Forse non era più necessario dire addio all'isola che non c'è!
Soobin avrebbe potuto essere un bambino sperduto ancora per un po'.
O forse per sempre, se Arin fosse stata al suo fianco.

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