Capitolo 7 - Confessioni

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Rimasi qualche minuto pietrificata in macchina. Non volevo uscire, non volevo affrontarlo. Cosa mi aspettava?

"Che ci fa qui?" si chiese Dante ed era la stessa domanda che mi ronzava in testa da quando avevo visto Luca davanti alla porta di casa mia.

Non riuscii nemmeno a dire niente, stavo ancora elaborando nella mia testa.

"Devo cacciarlo?" fece ancora Dante.

Quella domanda mi destò per un momento. "Cosa? No." E riuscii a farmi coraggio e uscire finalmente dall'auto.

Temporeggiai aprendo la portiera posteriore per aiutare Amelia a uscire. Poi soffiai sul viso di Alisia per svegliarla, mentre Andrea si svegliò al rumore dello sportello di Dante chiuso con un po' troppa enfasi. Guardò subito in direzione di Luca.

Feci un lungo respiro e mi incamminai verso l'ingresso. Mi uscì un flebile "ciao" dalla bocca, poi estrassi le chiavi dalla borsa e aprii la porta per far entrare gli altri dentro casa.
Dante tentennò prima di decidersi a lasciare me e Luca da soli lì fuori.

Ci fu un lungo silenzio imbarazzante a precedere le parole di Luca. "Allora, vuoi darmi una spiegazione?"

La sua domanda mi colse alla sprovvista, al che corrugai le sopracciglia confusa. "Scusa, a cosa ti riferisci?"

"Al fatto che mi eviti forse?"

La mia espressione rimase la stessa, perplessa e disorientata. "Ma se è una settimana ormai che non parliamo."

"Sì e non mi hai mai cercato. E quando mi faccio avanti io, mi eviti" disse.

Sorrisi sentendomi presa in giro. Tutto quel mistero iniziava a darmi il voltastomaco. "Puoi spiegarti meglio? Cioè, sei venuto qui a casa mia e credevi che fossi qui ad aspettarti a braccia conserte? Non capisco."

"Ma che dici? Sono venuto qui solo perché era l'ultima cosa che potevo fare dopo che mi hai bloccato."

Dopo tutto quel tempo senza vederlo, tutto mi aspettavo tranne la delusione e la rabbia che gli leggevo negli occhi. E lì pensai, cosa ne era rimasto della nostra amicizia?

"Bloccato? Io non ho fatto niente. Ti ho scritto e non mi hai mai risposto."

"All'inizio no, perché ero arrabbiato," ammise, "ma poi ti ho scritto. Un messaggio chilometrico dove mi scusavo, ti dicevo quanto mi mancassi e che volevo rivederti per parlarne... ma tu mi hai completamente ignorato e mi hai bloccato."

Continuava a ripetermelo, ma io non ricordavo minimamente di averlo fatto.
Il mio telefono era rimasto in borsa tutto il tempo. Lo presi per accettarmi che non ci fossero notifiche e gli mostrai addirittura lo schermo.

"Ti ho scritto ieri e ti ho detto che hai visualizzato, ignorandomi" marcò l'ultima parola. La sua ostinazione iniziava a darmi sui nervi.

Senza rispondere, aprii la sua chat e andai a controllare se lo avessi veramente bloccato. Era così. E non c'erano messaggi dopo quelli inviati da me. Spalancai gli occhi non sapendo cosa pensare.

"Puoi farmi vedere il tuo telefono?" e non perse tempo ad accenderlo e mostrarmi la nostra chat. Come aveva dichiarato, dopo i miei messaggi ce n'era uno piuttosto lungo seguito da altri più corti, prevalentemente punti interrogativi, accompagnati da una spunta. Il suo numero risultava bloccato, ma io non avrei mai fatto un atto del genere.

Iniziai a sentire un groppo in gola. Gli occhi mi pizzicarono ancora di più quando ricordai che quella mattina Dante aveva trovato il mio telefono incustodito. Ma tutte le idee che formulavo in testa sembravano troppo assurde da credere.

𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐬𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐛𝐚𝐬𝐭𝐚𝐬𝐬𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora