1. Tous Les Mêmes (#heikazu)

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Heizou gli regala sempre qualcosa, ogni giorno. A ogni ritorno.

Un sassolino liscio di un colore strano; una foglia, perché sa che le colleziona; un libro; un paio di guanti; un quadretto. Può contare i giorni trascorsi da quando è arrivato lì, grazie a quei doni. Non lo ha mai dimenticato.

Dondola le gambe, a pancia in giù sul letto, quando è ancora mattina. Heizou è già fuori, al lavoro. Lui invece non ha senso, non ha posto, non ha un ruolo. Ora è solo un amante, un ragazzo-giocattolo, nudo fra le lenzuola, con le spalle scoperte, lì a giocare con le pagine della raccolta di poesie ricevuta ieri.

Gli oggetti che possiede vengono da altrove. Da fuori, dal mondo reale.

Ovvio, non sarà sempre così. Prima o poi dovrà alzarsi e uscire, riprendere a esistere. Assumersi delle responsabilità. Magari viaggiare ancora, gli piacerebbe. Ma oggi ha quel letto, che sa di lui e di Heizou, e può rimanerci in silenzio, e leggere, soltanto.

Un giorno, Heizou dimenticherà di portargli un regalo.

Accadrà, ovvio.

Un giorno, qualcosa non sarà più lo stesso e rimarrà da solo.

Quando?


Un fiore. Un nuovo elastico per legare i capelli. Delle calze, delle scarpe nuove.


I giorni sono troppo veloci. Il tempo sta passando, Kazuha rischia di ritrovarsi anziano, ancora in attesa, con le spalle ancora nude ma rugose, la faccia consunta. Il libro ingiallito, ancora da finire.


E poi Heizou torna e non gli lascia nulla.

E lui solleva lo sguardo e lo osserva, trionfante. Hai visto? Lo sapevo, che mi avresti abbandonato. Che mi avresti dato motivo di dubitare. Ora posso fuggire avendo ragione.

Hai visto?

"Che c'è?" gli chiede lui, intanto.

"Niente."

"Sei deluso perché oggi non ho un regalo?"

Heizou capisce sempre tutto. Non è divertente, stare con un genio.

"No, ci mancherebbe. Non è un obbligo."

"Che stupido."

Gli si siede vicino. Passa una mano sulla sua schiena, e Kazuha si inarca e finge di essere un gatto. Perché a un gatto non si domanda nulla. E magari gli si regala qualcosa.

"Hai pensato che questa fosse una tradizione, una sorta di... rito. E che se fosse finito..."

"Perché mi leggi nel pensiero in questo modo? Non è piacevole."

"Mi viene spontaneo."

"Ma se lo sai, allora..."

Heizou sorride e si china per dargli un bacio lieve, veloce. "So che ne temevi la fine. Quindi l'ho fatto finire."

"E perché?"

"Per dimostrarti che non significa niente."

"Ma per me..."

"Sì, lo so. Ma è normale che qualcosa cambi, che qualcosa finisca, Kazuha. Non deve spaventarti. Non vuol dire che puoi correre a darmi una colpa, per nasconderti."

Decisamente non è piacevole.

Kazuha si copre con le lenzuola, in una mossa imbarazzata, fin sopra la testa. "Sei cattivo."

Heizou evita di far notare che sta mettendo in pratica le sue parole, in modo anche fin troppo letterale. Fa niente.

"A volte, però, è bene che le tradizioni si chiudano. Così potremo crearne delle altre. Nuove. Insieme."

"Mh..."

"Tipo, uscire da qui. La sera, a cena. Ti va?"

"Ogni sera?"

"Non lo so. Stasera, per cominciare."

Kazuha tira fuori metà della testa, lo guarda. "Va bene. Per stasera."

Heizou gli porge una mano e lui la afferra, la usa per tirarsi su ed emergere.

Ancora una volta.

Perché, sì, non se n'è accorto, ma la tradizione vera, forse, con Heizou, è quella.

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