XXVIII - Stelle cadenti

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Luciherus si era appena fatto fare un riassunto della battaglia appena trascorsa. Stava seduto sulla sua scrivania nera, in una delle stanze private del palazzo, nella capitale del regno dei Demoni. Azazel, addormentato Cerbero, gli parlava con entusiasmo. Anche sua sorella Raven non nascondeva la sua allegria.

"Siamo stati fantastici!" raccontò Azazel, sfoggiando una canottiera scura, con scritte contro gli angeli, e dei pantaloni in similpelle.

"Sì. E' vero! I demoni hanno combattuto con fierezza ed orgoglio!" confermò Raven, con canottiera in pizzo nero a rose ed una gonna a sbalzi dello stesso stile.

"Mi dispiace non essere stato presente" ammise il Principe.

"Magari sarebbe stato meglio. Ma di sicuro voi ed il Dio Triplice avevate cose più importanti da fare e di cui discutere" rispose Raven.

Luciherus sorrise, ripensando a ciò che aveva fatto, durante la battaglia, nel palazzo del Dio Triplice. Il corpo e l'aspetto femminile di Kasday era una cosa di sicuro più piacevole di ciò che svolgeva ora. Magari non altrettanto utile ed importante, ma di sicuro più eccitante.

Rimase sorridente, perso nei suoi pensieri. Poi sbuffò, guardando la pila di carte che aveva davanti, ammassate sulla scrivania.

"Vado via per un po' e guarda quante scartoffie da firmare! Ma non c'è nessuno qui che sia in grado di falsificare la mia sigla?".

"Certo che no!" esclamò Azazel, serio.
"Quanta lealtà, quando non è necessaria!" brontolò il Principe, cominciando a firmare con una piuma dorata.

Leggeva i fogli distrattamente. Senza bussare, e lasciando la porta spalancata, Lilith entrò. Stranamente abbronzata, con il suo lunghissimo pitone attorno al corpo, si fermò di fronte al suo compagno.

"Sei tornata dal mare?" le chiese Luciherus, senza distrarsi dai suoi documenti.

"Bastardo" sibilò lei.

Il Principe alzò gli occhi: "Guarda che io so chi sono i miei genitori..." rispose, tranquillo.

"Tu...ho saputo che c'è una piccola puttanella nuova fra le tue grazie".

"La definisci in quel modo perché è solo una novizia nel mestiere che fai dalla notte dei tempi, Lilith?".

Lei tremò dalla rabbia: "Come ti permetti?!".

"Avanti, mia cara...non c'è nessuno qui che non abbia potuto godere delle tue grazie...forse Raven, ma non ne sono del tutto sicuro...".

"E questo che cosa c'entra?".
"Come puoi essere gelosa? Io non lo sono...". "Tu non mi ami!".
"Ti suona tanto strano?" si stupì il Principe.

"Ma ami questa Shekinah!"

"Shekinah?" ripeté Luciherus, starnutendo.
"Ecco! Lo vedi? Stai male per colpa sua! La ami!".
Il demone si alzò e le andò vicino.
"Questi sono discorsi da fare in privato. Ora...torna a giocare con qualche guardia o con qualche altro tuo amichetto...".

Lilith, furiosa, gli mollò una sberla. Il Principe, colto alla sprovvista, non la schivò. Lei se ne andò, ringhiando sommessamente ed imprecando, definendolo l'essere più spregevole del creato. Il demone strinse fra le mani la collana che gli aveva donato Kasday. Aveva per ciondolo il simbolo dell'equilibrio: "così potrai meglio pregarmi" gli aveva detto.

"Perché voi donne siete così complicate?" mormorò e Raven sorrise.

"Perché altrimenti non sarebbe divertente!" rispose, sghignazzando.

Tutto il palazzo sentì le urla di protesta di Lilith. C'era chi ne rideva e chi se ne preoccupava.

"Mai nessuno che si faccia i cazzi suoi!" brontolò il demone capo, tornando alla scrivania "Dov'è Asmodai?" volle sapere, svogliato.

LA CITTA' DEGLI DEI - LA LUCE DEI CELESTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora