XXIII - La passione delle bestie

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Kasday guardava il soffitto, immerso nella vasca in marmo nero, fino al collo. Guardava il soffitto, decorato con motivi in oro, rappresentanti la rosa dei venti e le costellazioni, con aria assente.

"A cosa pensate?" domandò Nosmagiés, ribaltandogli un po' d'acqua in testa per lavargli i capelli. "A tante cose..." fu la risposta.

"Siete preoccupato?".

"Un po' ".

"Per la guerra o per il matrimonio?".

"Per entrambe le cose".

La vasca era molto ampia e poteva contenere le ali blu, aperte.

"Sono morti degli Alti?".

"Sono scomparsi. E sono scomparsi anche dei Celesti".

"É una cosa molto triste...".

"Già...".

Dal piano inferiore si udirono le urla di Vereheveil e Luciherus che litigavano. Kasday sbuffò ed immerse la testa in acqua: era stanco di sentirli sempre l'uno contro l'altro.

Dopo un po' riemerse e coprì le grida con una canzoncina per bambini.
"Loro, là sotto, volevano solo parlare un po' con Lei, Signore" mormorò l'angelo. "Ci penserò dopo".
Nosmagiés iniziò a pettinare i lunghissimi capelli corvini del suo padrone. "Scusami per prima, mio angelo" gemette l'Alto.
"Oh, no, mio Signore!".
"Oh, sì, invece!".
Il Messaggero notò che il suo padrone aveva il viso rigato di lacrime azzurre. "Sono così...malato di mente! Faresti meglio ad andartene, mio angelo".
"No. Mai!".
Kasday, passandosi una mano sul viso, si alzò ed uscì dalla vasca.
"Germoglio se me ne sto in acqua ancora un po'" sbottò.

Nosmagiés sorrise. Due delle gambe del suo padrone erano fatte in legno e sembravano tronchi d'albero, con delle radici ai piedi. Era possibile che germogliassero?

Con aria distratta e distante, l'Alto si sedette davanti ad uno degli specchi ed iniziò a sistemarsi i capelli. "Lasciate fare a me!" disse, delicatamente, l'angelo ed iniziò a pettinarlo, con cura ed amore.
Nel frattempo Kasday sceglieva gli orecchini da indossare e si sistemava le code.
"Ed il Vostro futuro sposo?" riprese a parlare il messaggero.

"Carino ma...non so...gli manca qualcosa".

"Cosa?".

L'Alto si spalmò di creme profumate, per coprire del tutto l'odore di morte e guerra.

"Gli manca la scintilla".

Si guardava nella superficie riflettente con una smorfia. Si era accorto che i suoi boccioli stavano per fiorire e la cosa lo irritava. Uno di essi già apriva qualche petalo, sprigionando un buonissimo profumo cha l'angelo assaporò con gioia.

"Che cos'è la scintilla, padrone?".

"Quella sensazione stuzzicante che ti fa venire voglia di averlo accanto a te in qualsiasi momento, che ti lega in modo indelebile e che ti fa provare forti voglie...che tu, asessuato, non puoi capire, mi spiace".

"A me non spiace più di tanto. E, quindi, Raido non le fa provare questa scintilla?".
"No. Mi provoca solo indifferenza e la cosa non mi piace per niente. Ma Momoia mi ha costretto...".

Si sistemò e si dipinse le unghie, mentre Nosmagiés gli sceglieva una veste colorata da indossare. "E qualcuno Vi ha mai fatto provare questa scintilla?".

"Sì. Ma era tanto, tanto, tanto tempo fa! Il tempo delle scintille è finito per me". "Non dica così...".
"L'amore non fa per me".
"Ma perché?".

"Sono tutte stronzate".

"Signore...io conosco un sacco di persone innamorate!".

"Ne sei sicuro?".

LA CITTA' DEGLI DEI - LA LUCE DEI CELESTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora