Capitolo 2

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Buongiorno e buona domenica a tutti! 
Come promesso, sono qui con il nuovo capitolo. Ovviamente sono passati ben dieci anni dagli eventi di Innocence e, ovviamente, i personaggi sono cambiati e cresciuti. 

Sono sicura che ci saranno tante parti di questa storia che vi lasceranno un po' a bocca aperta, ma giuro che non ho stravolto niente!

Detto questo, vi lascio al capitolo sperando che vi piaccia. 

Un bacio
Sil


Avere un ufficio personale era un privilegio che solo io e gli editori avevamo in quel posto. Ero grata, comunque, di non dover condividere il mio spazio con nessuno, in primo luogo perché sarebbe stato difficile concentrarmi con il costante chiacchiericcio che c'era intorno e poi perché avevo sempre ritenuto fin troppo impersonale stare troppo vicina a delle persone pressocché sconosciute che potevano allungare il collo in qualsiasi momento e guardare quello che stavi facendo.

Avere la mia privacy, quindi, era sempre stato fondamentale per me, lo stesso però non si poteva dire di Madison, una degli editori.
Maddie, presa a piccole dosi, era anche simpatica, ma decisamente inopportuna. Non perdeva tempo ad intrufolarsi nel mio ufficio e in quella settimana si era sentita in dovere di raccontarmi tutti i gossip che riguardavano il dodicesimo piano della casa editrice e non solo.
Non essendo pettegola per natura, poi, dovevo realmente sforzarmi di farle credere che fossi interessata nel sapere effettivamente con chi se la facesse Jessica, la nostra segretaria, oppure quante volte Sam, l'altro editore, fosse stato rifiutato da Stephanie, la segretaria del capo.

Oltretutto, da quando mi aveva conosciuta, non aveva fatto altro che chiedermi quali fossero i trascorsi miei e di Harry perché, a detta sua, era così evidente che ci fosse qualcosa tra di noi e non si era di certo accontentata quando le avevo rifilato la scusa che eravamo semplicemente vecchi conoscenti.
Non sarei di certo andata a spifferare a Madison la storia della mia vita, sapendo che in cinque minuti l'avrebbe raccontata a chiunque là dentro.

Un altro vizio tremendamente fastidioso che aveva era quello di lasciare costantemente la mia porta aperta, una cosa che avevo sempre detestato.
Entrava nel mio ufficio, senza nemmeno prendersi la briga di bussare, iniziava a straparlare di cose, di cui realmente non mi interessava e che finivano solo per rallentarmi nel lavoro, e poi usciva lasciando la porta aperta dietro di sé.

Quella mattina non fu diversa dalle solite a cui ormai mi aveva abituata, era entrata, mi aveva distrattamente raccontato che Ted, un ragazzo che aveva conosciuto online, le aveva chiesto di uscire e poi mi aveva invitata fuori a bere qualcosa con gli altri colleghi quella sera per poi andarsene lasciando la porta aperta.

Sbuffai alzandomi spazientita dalla scrivania e feci per chiuderla io stessa, pensando che forse avrei dovuto prendere l'abitudine di chiudermici dentro a chiave, tuttavia, nonostante la mie prima idea fosse proprio quella di chiudermi nel mio ufficio, non riuscii davvero a farlo mentre mi persi ad osservare la ragazza che ora si faceva strada tra le scrivanie dei correttori di bozze.

Ero lì da poco più di una settimana, ma Allison non si era mai fatta vedere lì dentro. Sapevo che studiasse lettere ad Harvard perché me lo aveva detto Madison, che aveva fatto uno stage estivo nella casa editrice di suo padre e che ogni tanto veniva lì a seguire il lavoro.

Si muoveva sicura di sé, gli stivali alti fin sopra il ginocchio ed un cappotto scuro abbellivano la sua figura, la borsa firmata appoggiata nell'incavo del suo braccio le dava l'aria di essere una ragazzina viziata e il tutto veniva concluso da un ridicolo cappello rosa con le orecchie che le schiacciava le lunghe onde castane sulla testa.
La vidi appena rivolgere un sorriso ad Harry che, chino sulla scrivania di Jeff, la guardava di sottecchi trattenendo un ghigno e sentii il mio stomaco attorcigliarsi quando la scena vista la settimana precedente all'Irish Pub si fece spazio nella mia testa.

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