Capitolo 9

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Buongiorno a tutti! Eccomi qui con il nuovo aggiornamento, vi avevo promesso che sarebbero stati anche due alla settimana ed intendo mantenere la promessa.

Ovviamente non mi ero accorta di aver pubblicato il capitolo sbagliato... tralasciamo questo piccolo dettaglio

Questo capitolo lo ADORO, ma non abituatevi troppo alle cose belle, chi mi conosce sa che amo il dramma.

Spero che vi possa piacere tanto quanto piace a me, come sempre vi ringrazio e vi lascio alla lettura!

Un bacio e alla prossima

Sil

Montgomery non convocava mai riunioni e non perché fossimo tutti estremamente bravi nel nostro lavoro e quindi non ne avessimo bisogno, ma era uno che preferiva gestire le cose dall'esterno e a cui piaceva fin troppo imporre le sue idee. Riunirsi con tutti i suoi dipendenti e fare brainstorming o semplicemente includere qualcuno nelle decisioni che prendeva per la casa editrice, non era di certo contemplato.

Eravamo però vicini alla scadenza del progetto e questo significava che, se avessimo avuto l'approvazione da parte dei finanziatori, le cose all'interno della casa editrice sarebbero cambiate e allora gli era sembrato opportuno indire una riunione con anche il resto degli editori che non stavano lavorando attivamente al progetto.

Cercavo sempre di essere quantomeno presentabile al lavoro, non che indossassi chissà quali vestiti, dopo il primo giorno in cui avevo indossato quella stupida gonna che mi era sembrata perfetta per fare buona impressione, mi ero semplicemente limitata a mettere dei jeans o dei pantaloni adeguati e delle camicette o golfini non troppo vistosi né cose troppo scollate o inappropriate.

Quella mattina, però, avrei dovuto presentare per la prima volta il lavoro che stavo facendo e che comunque avevamo quasi ultimato e decisi di prenderla un po' come una prova per quando ci sarebbe stato l'incontro finale. Per questo mi spinsi ad indossare un tubino non eccessivamente elegante, ma decisamente diverso rispetto a quello a cui ero abituata ed un paio di scarpe con il tacco che avevo odiato nell'esatto istante in cui mi ero ritrovata a scendere le scale della metropolitana.

Per quando ero arrivata davanti alla casa editrice ed avevo deciso di entrare al bar di fronte per prendere un caffè prima di andare al lavoro, avevo già l'umore nero.

Una delle scarpe si era incastrata in una grata, un tizio che aveva tutta l'aria di essere un pervertito non aveva fatto altro che guardarmi le gambe mentre in metro cercavo di abbassarmi il vestito sulle cosce e avevo dovuto ripetere al barista, che aveva sì e no vent'anni, il mio ordine tre volte prima di riuscire a distogliere la sua attenzione dalla mia scollatura.

Mi ritrovai quindi a maledirmi mentalmente per aver deciso di mettere quello stupido vestito, anche se in realtà non ci trovavo davvero nulla di male e, anzi, ero certa che fosse un abbigliamento più che consono per un'importante riunione di lavoro. Non riuscivo davvero a capire cosa ci fosse di così strano.

Avevo ancora un quarto d'ora prima di dover entrare in ufficio, per questo quando il mio cellulare squillò e lessi il nome di mia nonna sullo schermo, risposi senza esitazioni felice di poter parlare un po' con lei in tutta libertà senza preoccuparmi di dover chiudere la chiamata in fretta come solitamente capitava.

Io e mia nonna ci sentivamo praticamente tutti i giorni e anche in quei momenti in cui ero indaffarata, giù di morale o non avevo voglia di fare chissà cosa, riusciva sempre a mettermi di buon umore.

Quella mattina non fu diverso dal solito. La sua voce riuscì a placare almeno un pochino l'ansia che mi appesantiva il petto all'idea di dover presentare a Montgomery e agli altri quello che fino ad allora avevo fatto, nella speranza che andasse bene e che non dovessi ricominciare qualcosa da capo.

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