Ci ricchiappiamo

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Appena misi piede in Sardegna, sentii l'aria di casa che mi circondava. Felice e quasi impaziente, riuscii a scendere dall'aereo abbastanza in fretta per poi recarmi fuori dall'aeroporto. Giunta all'esterno dell'edificio, chiamai subito mio padre informandolo del mio arrivo e mentre attendevo, entrai sui vari social per controllare le notifiche. Su whatsapp, il gruppo del sabato era inondato di messaggi di buon viaggio, instagram invece pullulava dei meme dei miei amici. Risposi a tutto con un sorriso stupido sulle labbra e proprio mentre stavo per iniziare a fare un messaggio vocale per Laura, vidi la macchina di mio padre farsi strada con non poca fatica tra le altre e poi piazzarsi davanti a me. <Bentornata> disse subito, scendendo dall'auto e abbracciandomi, per poi sottrarmi lo zaino e depositarlo nel cofano. <Come è andato il viaggio?> chiese, rimettendosi alla guida e dirigendosi al mare dove il resto della famiglia ci aspettava. <Bene bene, tranquillo. Tu cosa mi dici?> replicai. <La solita routine. Prova a sentire dove è finito il resto della famiglia> concluse poi, seguendo le varie indicazioni. Inviai un messaggio nel gruppo della famiglia, chiedendo a che punto fossero del loro viaggio breve i vari membri, ottenendo subito risposta da parte di mia madre, che era andata a prendere mia nonna, e mio fratello Giacomo che invece stava tardando di qualche minuto. <Mamma e nonna sono in viaggio, Giacomo è in ritardo di qualche minuto> riportai al conducente che rise, scuotendo la testa e dicendo "ti pareva" di tanto in tanto. Essendo domenica, il lungomare era pieno zeppo di famiglie, coppie e gruppi di ragazzi della mia età che si godevano il primo sole quasi estivo. Trovammo, nonostante ciò, parcheggio abbastanza rapidamente e camminammo di qualche metro per raggiungere il ristorante dove dalla grande vetrata, notai sedute mia mamma e mia nonna. <Ciao> salutai appena varcai la soglia, venendo travolta dal loro abbraccio e dalle loro prime domande. Poco dopo fece il suo ingresso mio fratello, gli occhiali da sole sul naso, le chiavi della macchina in una mano mentre l'altra reggeva il cellulare. Si era da poco tagliato i capelli, che cercava di ravvivare di tanto in tanto con un gesto maniacale. <Ciao eh> salutai ironica. Si abbassò per darmi un bacio sulla guancia, prendendo posto accanto a me. Ordinammo praticamente subito, essendo ormai clienti abituali di quel locale e quindi conoscendo a menadito il menù, e poi iniziarono con la vera e propria carrellata di domande. <I tuoi amici come stanno? Matteo ha deciso alla fine?> iniziò mia madre. Poi si aggiunse mio padre, chiedendomi qualcosa sulla mia situazione accademica, mia nonna si limitò a farmi qualche domanda sul viaggio e poi prese parola Giacomo, quando ormai ci avevano servito i primi. <La tua situazione sentimentale? Ho visto su Instagram che stai sempre accanto ad un ragazzo nelle foto di gruppo> disse. Tutti mi guardarono incuriositi: <È una situazione complicata, non siamo amici ma neanche altro> risposi un po' sconsolata perché fino a quel momento mi ero creata una bolla di indifferenza nei confronti di ciò che avevo lasciato sospeso a Milano. <E quando la vorresti chiarire?> incalzò mio fratello, prendendo una forchettata di fusilli. <Quando lui si deciderà a capire cosa vuole, io gli ho già dato dei termini, se non si decide io non ci posso fare nulla> sbottai un po' alterata. La conversazione si chiuse subito e si spostò su altre questioni più futili. Il pranzo finì alle sedici e trenta con tutta la calma del mondo, facemmo una passeggiata al mare e poi tornammo a casa che erano ormai le sei inoltrate. Mi feci una doccia rapida, poi mi buttai sgraziatamente sul letto, afferrando il cellulare e controllando i messaggi che erano arrivati durante il pranzo e il pomeriggio. Con grande sorpresa, Mario mi aveva scritto in privato, chiedendomi come stessi, come stesse andando il mio primo giorno di ritorno e poi una nota vocale. Pugile è completa. C'era scritto in un messaggio successivo a quello vocale. E poi ancora. Le mie scuse sono complete (anche se non è una canzone di scuse). Ridacchiai leggendo quell'ultima precisazione, poi misi le cuffie e ascoltai. Il solito Finché il gioco regge faccio finta che non mi manchi mi provocò un tuffo al cuore, ma anche il resto della canzone non scherzò. Oppure l'amore è un motore per cui consumiamo mi fece venire le lacrime agli occhi. Mario è meravigliosa. Digitai in fretta, ancora con il cuore a mille e un sorriso stupido dipinto in faccia. Sono contento che ti sia piaciuta. E la conversazione andò avanti con le sue impressioni sulla canzone, su richieste di consigli per un altro testo che stava scrivendo. Ti ho lasciato il mio numero sopra il frigorifero è l'unica cosa che ho scritto. Scrisse in chat. Bell'inizio. E poi? Risposi. E poi non so come continuare, volevo un tuo consiglio. Posso videochiamarti? chiese. Dammi un attimo. Dopo dieci minuti, riuscii a sistemarmi e avviai una videochiamata su whatsapp. <Ti ho lasciato il mio numero sopra il frigorifero, e poi?> dissi sorridendo, appena Mario accettò la chiamata. Come me, era sdraiato sul letto e aveva un'espressione rilassata. <Ma tu hai digiunato e non l'hai letto> rispose ridendo. Poi si bloccò e ripetè: <Ma tu hai digiunato e non l'hai letto> sorrise vittorioso. <Vedi? Dovevi chiamare la tua Musa per finire la canzone> borbottai scherzosa. <Tu ci scherzi, ma veramente questa canzone parlerà di te, di noi> disse, facendo una pausa e poi continuando il suo flusso di pensieri: <Hai presente quel discorso che ti avevo fatto sulla tempistica delle persone? E sulle fasi della vita? Guardando Matrix mi è venuta in mente questa cosa delle chiavi perché c'è un personaggio, Il fabbricante di chiavi, che mi è sembrato di capire quasi fondamentale. Ora, non voglio dirti di più perché non voglio farti spoiler nel caso tu voglia vederlo, ma mi ha fatto pensare perché a volte con le persone che conosciamo e con cui siamo stretti, è come se possedessimo un po' le loro chiavi, cioè degli strumenti che ci permettono di accedere a loro, capisci? Alle loro parti più nascoste> disse. Rimasi a bocca aperta, completamente assorbita da quel ragionamento. <Mario è un pensiero complesso, ma bello> risposi sincera. Lui sorrise: <Grazie, però ora lo devo sviluppare> <Okay quindi abbiamo ti ho lasciato il numero sopra il frigorifero ma tu hai digiunato e non l'hai letto> <Se non hai cenato è per quanto avrai sofferto> aggiunse lui, prendendo poi dal comodino alla sua sinistra un foglio mezzo scarabocchiato e scrivendoci sopra. Poi riprese a contemplare il vuoto, in cerca di altre frasi. <Prova ad inserire questa cosa delle chiavi, adesso> dissi. <Ho le tue chiavi? Ma è banalissimo> rispose, facendo roteare la penna nella mano libera. <Ci sta, in realtà, è come se stessi dicendo "io ti conosco, so come sei fatta o fatto", insomma dipende a chi la dedichi> dissi ridendo. <Effettivamente> borbottò poi, non completamente convinto, per poi scriverlo e riprendere a contemplare stavolta me attraverso lo schermo. <Non mi richiami> disse, provocando una mia risata. <Senti, non hai nulla da rinfacciarmi> mormorai quasi infastidita, ma si vedeva e sentiva che scherzavo. <Okay, meglio non entrare in questo campo minato> controbattè, rosso in faccia, ma con una risata contagiosa. <Ma quando torni non mi ritrovi, se farai tardi> dissi soprappensiero. <Che hai detto? Non ho sentito bene> rispose Mario, con la penna in mano. <Che quando torni non mi ritrovi se farai tardi> gli dissi, spostando lo sguardo in un punto indefinito nella mia stanza, mentre lui, in silenzio e con un cipiglio sul viso, scriveva la frase. <Questa era bella pesante> commentò. <È vero, no?> risposi. Lui annuì. <Spero di non essere in ritardo, allora> poi aggiunse. Sorrisi. <No, non lo sei. Ma di pochissimo eh> chiarii. Lui rise, mordendosi poi il labbro inferiore: <Torna presto>.

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