Capitolo tredicesimo *Chloe*

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Quando aprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu il viso rilassato di Luke nel sonno: sembrava un angelo dormiente, il viso privo di quell'ombra di tensione che ero abituata a vedergli sempre.

Mi teneva stretta tra le sue grandi braccia ed un brivido mi corse lungo la schiena ricordando ciò che era avvenuto la notte precedente.

Avevo incasinato la mia vita di nuovo, eppure non mi ero mai sentita più leggera.

Ero sicura che il senso di colpa verso Dave mi avrebbe attanagliata presto, ma nel calore di quel letto non riuscivo a preoccuparmi di nulla.

Sembrava tutto così giusto: io e Luke, dopo anni passati a desiderarlo, ad ammirarlo da lontano.

Eppure era tutto fuorchè giusto, visto che io e lui non avremmo mai potuto essere quello che io desideravo, una coppia vera. Luke aveva dentro di sè un blocco verso tutto ciò che presupponeva un legame serio e tutti lo sapevano.

Non potevo concedermi di innamorarmi di lui, anche se sembrava ancora più facile dopo la notte precedente.

Ed era quello il motivo più grande per cui ora, una volta che avevamo entrambi sfogato il nostro desiderio, dovevamo darci un taglio.

Non poteva più accadere nulla del genere se non volevo farmi molto male, dovevo andare avanti una volta per tutte.

Cominciando dall'andarmene da quel letto.

Sgusciai tra le sue braccia facendo il possibile per non svegliarlo, lui si mosse quando mi alzai e agitò le braccia nel letto quasi a cercarmi, ma poi tornò a dormire con un mugugno.

Sospirai di sollievo e raccolsi alla svelta i miei vestiti disseminati per la stanza, indossandoli man mano che li trovavo.

Prima di uscire gli lanciai ancora un'occhiata, sapendo bene che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto in quella maniera così intima, poi chiusi piano la porta dietro di me.

Una volta che fui nel corridoio del dormitorio maschile, guardai l'orologio sul telefono: era mattina molto presto, quindi avevo il tempo per tornare nella mia stanza, farmi una bella doccia ed essere comunque puntuale per la prima lezione delle otto.

Arrivai al mio dormitorio in una manciata di minuti ed aprii la porta della  mia stanza con la chiave.

L'interno era buio, quindi detti per scontato che Clarisse, la mia coinquilina, non fosse in camera e feci per dirigermi alla mia stanza quando un lamento vicino alla cucina mi paralizzò.

Mi girai di scatto e nella penombra vidi una sagoma raggomitolata per terra, tra l'isola della cucina e lo schienale del divano.

Con il cuore in gola accesi all'istante la luce e l'ambiente si illuminò a giorno facendomi vedere che la sagoma non era altro che Clarisse, distesa sul pavimento e ripiegata su se stessa.

Senza pensarci due volte corsi verso di lei e le sollevai il viso che, con mio estremo orrore, notai essere tumefatto: aveva l'occhio sinistro viola, il labbro spaccato ed un altro livido dal colore rossastro sulla guancia.

"Clarisse! Cosa diavolo è successo?" strillai nel panico, mentre la mia coinquilina apriva piano gli occhi ed emetteva un mugolio.

"Chloe..." sussurrò lei con una smorfia.

"Stai tranquilla, Clari, ora chiamo il 911" le dissi, estraendo dalla tasca il telefono.

La sua mano scattò fulminea a bloccarmi il polso e scosse la testa energeticamente. Poi si puntò con le mani sul pavimento e si alzò con dei gemiti di dolore in posizione seduta, con la schiena appoggiata al muro.

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