7 Capitolo

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Un giorno, mentre tornavo da scuola, notai uno strano movimento giù al palazzo di casa. Stranamente, tutti i vicini erano all'interno delle scale, e non riuscivo a capire cosa stesse accadendo. Sentivo già le urla di mia madre da lontano, e qualcuno che cercava di calmarla. Iniziai subito a entrare in panico perché non avevo idea di cosa potesse essere successo.
Mentre salivo le scale, i miei vicini si avvicinarono subito e mi dissero:
«Mario, resta giù, forse è meglio se non guardi certe scene.»
«No, fatemi passare, cosa sta succedendo a mamma?»
«Nulla, stai tranquillo...! Tua madre ha solo bevuto un po'.»
«Lo so, lo fa spesso ultimamente, e non ho paura.»

Ero molto testardo, nonostante la situazione fosse tragica e più grande di me. Ma non potevo farci nulla: forse l'istinto di figlio mi spingeva ad affrontare qualsiasi cosa, lo stesso istinto che, purtroppo, mia madre non ha mai avuto per noi.

Cercai di passare insistentemente, spingendo il vicino che era accanto a me di fronte alla ringhiera. Un altro, però, mi afferrò per il braccio. Cercai di tirarmi indietro: ero deciso e determinato, volevo avvicinarmi a mia madre, volevo vederla.

Ad oggi, non so se sia stata la scelta giusta. So perfettamente che alcune scene possono essere traumatiche e psicologicamente negative, e vedere mia madre in quello stato mi ha segnato profondamente.

Era distesa sul pavimento, con il volto provato e i capelli sciolti. Aveva il viso rosso, e i suoi occhi sembravano quasi uscire dalle orbite. Era chiaramente sotto l'effetto dell'alcol in modo spaventoso. Mi avvicinai e notai che aveva le braccia graffiate e lividi su tutto il corpo.

C'era vetro ovunque in casa; lo sentivo scricchiolare sotto le suole delle scarpe. Alcuni mobili erano rotti, la vetrina del salone completamente distrutta, e in cucina la macchinetta del caffè bruciava sul fuoco. Sembrava una scena apocalittica.

Con le lacrime agli occhi, gridai ai vicini di allontanarsi.
«Mamma, alzati, ti prego, dammi la mano.»
«No... no... andate via!»
«Mamma, sono Mario, voglio solo aiutarti. Andiamo sul divano.»
«No, te ne devi andare anche tu.»

Mentre cercavo di aiutarla ad alzarsi, mi graffiò le braccia con le unghie. Non sentivo nemmeno dolore, tutto era surreale.

Era strano che fosse in casa da sola. Non sapevo dov'era il suo compagno, Miky era fortunatamente con le zie, e Mary con una sua amica. Un vicino mi disse che avevano già chiamato Mary, che stava arrivando in fretta.

Provavo a essere positivo, anche se era quasi impossibile. Pensavo: "Tra poco arriva Mary, almeno." Mia madre era ancora a terra, cercando di rialzarsi da sola, mentre urlava come una matta. Ad un tratto, attraverso il riflesso della finestra, vidi le luci blu dell'ambulanza e dei carabinieri. Capì subito che la situazione era peggiore di quanto immaginassi.

I medici cercavano di calmarla, ma lei inveiva anche contro di loro. All'improvviso, la misero sul divano mentre i carabinieri mi riempivano di domande:
«È tua madre?»
«Sì...!»
«Sei l'unico figlio?»
«Oh no... ho altri fratelli.»
«E dove sono?»
«Mia sorella sta arrivando, mio fratello è con le mie zie.»
«Va bene.»

Sembravano perplessi, e infatti uno di loro disse al collega: «Questa donna avrà un marito? La situazione è disperata.»

Finalmente arrivò mia sorella, con il fiatone e il cuore in gola. I carabinieri le fecero le stesse domande che avevano già fatto a me, ma lei era poco collaborativa, troppo arrabbiata per essere lucida con le forze dell'ordine.

A lei importava solo il mio stato d'animo. Era preoccupata che nostra madre potesse farmi del male. Le spiegai che non ero in casa quando era successo.
«Come stai? Tutto bene?»
«Sì, Mary, sono solo un po' triste.»
«Lo so, posso immaginarlo. Ma devi essere forte, sempre uniti, non dimenticarlo.»
«Lo so, ci provo, anche se è dura. Hai visto come sta nostra madre?»
«Sì...! Ormai è una malattia la sua, e questa situazione sta diventando sempre più pesante.»
«Papà lo sa?»
«No, non credo. Non l'ho visto. Anzi, mi chiedo dove sia il suo compagno.»
«Ho sentito che aveva litigato con mamma, chissà dove sarà andato.»
«Ah, non mi interessa, problemi loro. L'importante è che tu stia bene, e per fortuna Miky è con le zie.»
«Infatti, sorellina, per fortuna.»

Mia madre era sdraiata sul divano; credo che l'avessero sedata. Stava per addormentarsi mentre tutti stavano per andarsene. I medici, con un sorriso gentile, cercavano di confortarci e tranquillizzarci.
«Ragazzi, vostra madre va aiutata. Il suo è un problema serio. Se avete zii, parenti o qualcuno che può darle una mano, ditelo subito. Ci sono tanti modi per uscire da questa situazione. Ora sta riposando, state tranquilli.»
«Va bene, grazie dottoressa, è stata molto gentile,» esclamò Mary.

La porta di casa si chiuse, e calò il silenzio.

Non è stata mia madreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora