13 Capitolo

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Che emozione giocare con la piccolina! Ogni giorno, appena tornavo da scuola, era il mio primo pensiero costante. Sapevo benissimo che passare del tempo con lei mi avrebbe soltanto fatto bene.

<<Ciao, cuore di zio, quanto sei bella!>>
– E lei mi sorrideva dolcemente.

<<Vuoi venire in braccio a zio?>>
<<Mary, la prendo in braccio.>>
<<Sì, va bene. Tra poco deve mangiare.>>
<<Le hai cambiato il pannolino?>>
<<L'ha fatta di nuovo?>>
<<Beh, forse sì.>>

Ho sempre pensato che i bambini siano la parte migliore del mondo e che abbiano un grande potenziale nel cambiare le circostanze della vita e delle persone. Forse per questo motivo amavo tantissimo una canzone interpretata da Whitney Houston, The Greatest Love of All.

Il testo diceva:

"Credo che i bambini siano il nostro futuro,
educhiamoli bene e lasciamoli guidare la strada,mostriamo loro tutte le bellezze che hanno dentro, diamogli un senso dell'onore che renda tutto più facile, lasciamo che le risate dei bambini ci ricordino come eravamo."

Questa canzone era la colonna sonora della mia vita, perché la sentivo molto vicina a me. Riuscivo in qualche modo a rispecchiarmi, a sentirla mia.
Non nego che, nel frattempo, continuavano ad arrivare brutte notizie da Milano. Nonostante cercassimo faticosamente di andare avanti, di trascinarci la voglia di vivere a tutti i costi e contro tutto, ogni volta che provavamo a essere felici, arrivava la solita notizia che ci buttava giù di morale e ci riempiva di dispiacere.
Molte persone si chiedevano il perché dei comportamenti ostili di nostra madre, qualcuno ci suggeriva di dimenticarla, ma era così difficile farlo, forse perché vivevamo un'età in cui avevamo bisogno di una madre vicino.

Quel dispiacere, odioso come una calamita, si attaccava addosso e divorava ogni cosa. Era come essere ricoperti di colla, una colla che non andava mai via.
Guardavo continuamente le mie due zie, le sorelle di mamma. Erano loro i pilastri fondamentali che tenevano in piedi la nostra famiglia, ed è grazie ai loro consigli che siamo riusciti a guardare al nostro futuro senza voltarci indietro.

Quando la piccola compì 2 anni, Mary e il compagno decisero di andare a vivere in un'altra casa per creare il loro ambiente familiare, come è giusto che sia. Ogni giorno, dopo la scuola, andavo a pranzo da Mary, perché volevo stare con la mia nipotina. Dopo pranzo, Mary iniziava a fare le pulizie in casa e io approfittavo per portare la piccola a spasso in passeggino.

<<Amore di zio, vuoi il ciuccio?>>
<<Sì, sì, sì!>>
<<Ecco, non buttarlo a terra.>>

Ma ogni volta succedeva sempre la stessa cosa: quando non lo voleva più, lo lanciava e dovevo raccoglierlo continuamente. Guardavo spesso il suo sguardo e a tratti mi perdevo, perché mi trasmetteva davvero tanta dolcezza e tanta sicurezza.
Anche Miky molte volte veniva a casa di Mary, dopo aver mangiato da papà, per stare con la piccola.

<<Amore, guarda chi sta arrivando: zio Miky!>>

E lei lo accoglieva felicemente, battendo le mani sul passeggino.

<<Ciao zio Miky!>>
<<Ciao, come stai, piccolina?>>
<<Sta bene, zio, è solo un po' monella perché lancia sempre il ciuccio.>>
<<Perché? Devi fare la brava.>>
<<Miky, portala un po' a spasso tu. Vado a vedere cosa sta facendo Mary.>>
<<Va bene, vai.>>

Non riuscivo proprio a rinunciare a quella calma che, piano piano, si stava posando sulla nostra vita. Era come se avessimo iniziato davvero a stare bene e a vivere serenamente.

La sera tornavo a casa da papà e prima di cenare, giocavo alla Play con Miky. Ci divertivamo molto a giocare insieme, anche se a volte litigavamo perché vincevo sempre io.

<<Miky sei scarso.>>
<<Dai smettila, tu imbrogli.>>
<<Non è vero.>>
<<Invece si.>>

"I giorni continuavano a ripetersi così fino al mio diciottesimo compleanno."

Non è stata mia madreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora