Roulette spagnola

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"Non possiamo controllare il destino, ma possiamo controllare cosa diventare."

Mi guardai allo specchio, scannerizzando attentamente ogni lineamento del mio viso: lo sguardo di mia madre, ma l'inconfondibile audacia di mio padre.
Passai una mano fra i capelli voluminosi e mossi, leccandomi le labbra rosaceae.

Sorseggiai un bicchiere d'acqua, guardando fuori dalla finestra da malinconica.
Passai la mano sulla mia cicatrice, nello stesso punto in cui dieci anni prima, un proiettile si infilò nella mia pelle.

La mia vita fu caratterizzata da due eventi di estrema importanza... Dalla mia morte e successivamente dalla mia rinascita.

"Pccrè... La colazione!"
Urlò dall'altra parte della stanza, uno degli uomini che lavorava per me.

Mi spostai rapidamente, raggiungendo ben presto la piccola cucina.
La casa era piccola, ma non mancavano di certo i comfort... Sebbene mancava la mia stessa libertà.
Da oramai dieci anni, qualsiasi persona qui a Napoli, continuava a professare ogni anno, ogni giorno e ogni istante la morte di una vittima innocente della Camorra.

Misi un biscotto in bocca, per poi leggere le notizie che i suoi uomini le avevano trascritto su un foglio, prima di sorvegliare all'esterno l'abitazione.
Passai un dito sulla fotografia in bianco e in nero.

"Ciro Ricci..."

Mi alzai frettolosamente dalla sedia, afferrando i primi abiti che trovai all'interno del mio armadio.
Un jeans blue navy a vita bassa, seguito da una semplice maglietta nera e degli anfibi lucidi, che mi incrementai ad allacciare senza badare alle mie mani tremolanti.
Il mio crocifisso d'oro risplendeva in quella piccola stanza umida e cupa.
Con una calibro incastonata nei jeans, sgattaiolai fuori la porta.

Entrai all'interno di una delle prime auto dei miei uomini, sfrecciando nelle vie di Scampia.
Avevo bisogno di incontrare la famiglia Ricci.
Avere un confronto dopo lunghi e tenebrosi anni.
Anni di guerra, di perdite... Anni in cui ognuno di noi, perse qualcuno di caro.
Pensai immediatamente a mia madre, Deborah.
Dopo aver parcheggiato l'auto nei pressi di casa Ricci, feci scivolare un piccolo cellulare e le chiavi dell'auto all'interno della tasca inferiore dei jeans.
Deglutì, sentendo il sangue gelarmi nelle vene, per poi bussare ripetutamente alla porta.

Don Salvatore mi aprì la porta, inarcando leggermente un sopracciglio, squadrandomi dalla testa ai piedi in una manciata di secondi.
Aspirò del fumo, per poi gettarmelo in viso.
"E tu... Chi sei?"
Domandò con aria seria, non credendo ai suoi stessi occhi.

"Maria Rita Di Marzio."

**

"Nun è over... Maria Rita Di Marzio è morta più di dieci anni fa. Ca' tutt 'o sann buon."
Mormorò, con voce rauca, mentre aspirava assiduamente una Marlboro.
Le riconobbe dall'odore del fumo, lo stesso odore che circondava suo padre sin da quando aveva memoria.

"È rinata, proprio come fece suo padre anni fa."
Dissi con tono freddo, spezzando il silenzio che regnava fra i due.
Lo guardai attentamente negli occhi, respirando regolarmente, senza provare alcun timore.
Le fu insegnato ancor prima di camminare, di non avere paura di nessuno; Grosso, alto o più vecchio di lei.
Era una Di Marzio e non doveva dimenticarlo mai.

"E il fantasma di una Di Marzio cosa può cercare da uno come me...?"
Le domandò l'uomo, per poi gettare il mozzicone di sigaretta a pochi millimetri dai suoi piedi.

"Cerco tutto ciò che desiderate persino voi... Il potere. Ho bisogno di parlare con vostro figlio, sono a riconoscenza che adesso è lui quello che comanda da queste parti."
Misi le braccia conserte, ammutolendomi poco dopo.

Don Salvatore scosse la testa, come cenno di negazione.
"I vostri scugnizzi non vi hanno avvisato bene allora. Mio figlio è in carcere da più di tre mesi."

Aggrottai le sopracciglia, non appena l'uomo chiuse la grossa porta color mogano, lasciandola lì... Spiazzata, al punto di partenza.



Blessed / Ciro RicciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora