17. L'appartamento di Bethnal Green

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Passarono un paio di mesi, ora Luca aveva un conto in banca inglese, e per quanto lo stipendio sembrasse sfiorarlo appena prima di dissolversi nel nulla, era quanto bastava a un'agenzia immobiliare per dargli una stanza.

Prese un appuntamento con un'agenzia situata a Aldgate East che gli aveva consigliato Tiago.

«No, no, non voglio un appartamento intero, solo una stanza» disse al consulente dopo che lui gli mostrò le foto di alcuni appartamenti il cui affitto costava quasi mille sterline.

L'agente rise alzando lo sguardo divertito verso il soffitto, scuotendo la testa con l'aria di chi ha visto dieci persone una dopo l'altra inciamparsi sullo stesso gradino, poi si passò una mano pesante e lenta sulla faccia, dalla quale il viso riemerse in un'altra versione di sé, più seria. Era parte di un suo sketch personale, o la teatralità di quella scena era dovuta al suo ripetersi quotidiano?

«Ragazzo» disse con un tono condiscendente e un accento inglese quasi impeccabile. Un sorriso di denti bianchissimi illuminò la sua pelle scura, «sto parlando dei prezzi delle stanze. Non ti preoccupare. Ho visto la tua reazione centinaia di volte, questa città diventa sempre peggio, quando sono arrivato vent'anni fa...»

Nel momento in cui rievocò il passato, il sorriso dell'agente si spense.

In quel mentre, Luca si portò le mani alle tempie. D'un tratto ebbe l'impressione di aver appena messo piede a terra dopo un giro sulle montagne russe. Cercò di ritrovare l'equilibrio. Si sentiva sovraccaricato dagli stimoli, come se si fosse trovato nel bel mezzo di un mercato rionale o di una fiera, e non sapesse bene dove guardare. Si sentiva diverso, o meglio, percepito come diverso, come se le persone intorno a lui stessero osservando ogni suo movimento. La sua spina dorsale era stata sostituita da una corda di violino imperlata di gocce di sudore freddo.

Eppure l'agenzia era un piccolo negozio composto da quattro scrivanie e altrettanti impiegati. Sulle sedie aspettavano due clienti, uno assorto nella lettura di un libro, l'altra con lo sguardo malinconico catturato dalla pioggia fuori dalla vetrina.

«Hey, tutto bene ragazzo?» l'agente immobiliare gli percosse leggermente l'avambraccio.

«Deve essere stata dura.»

La facoltà percettiva di Luca atterrò nelle pupille scure dell'uomo, appena distinguibili dall'iride, e l'agenzia riassunse il suo ritmo pacato.

«Cosa?»

«No, niente» farfugliò Luca, ora tornato completamente in sé, «dicevo, è difficile, con questi prezzi.»

L'agente, che aveva ricominciato a cercare una stanza più economica per Luca nel database del computer, alzò un sopracciglio.

Luca allora diresse lo sguardo fuori dalla finestra, verso quella giornata uggiosa. Tirò indietro i capelli con la mano; le dita restarono impigliate per una attimo in un ciuffo ondulato. Stavano crescendo più in fretta di quanto avesse immaginato.

Poche ore dopo, Luca tirò fuori la sacca sportiva da sotto il letto dell'ostello, la sbatté un paio di volte per far cadere i grumi di polvere che vi si erano attaccati in quei due mesi, la ripose aperta sopra il materasso ora scoperto e aveva preso a impacchettarvi i suoi averi. Non che l'avesse mai del tutto svuotata, la stanza non era dotata di armadio. Vide che c'erano parecchie cose che erano rimaste nel borsone per tutto il tempo all'ostello; aveva dimenticato di averle portate con sé dall'Italia, e non si era mai accorto della loro mancanza.

La sedia ai piedi del suo letto era ricoperta da un groviglio di vestiti sporchi e puliti suoi e di Dominik, e un altro mucchio pendeva dai due appendiabiti attaccati alla porta. Con pigrizia iniziò a esaminare i lembi degli indumenti, sforzandosi di ricordare quali fossero i suoi. In quei due mesi di silenziosa convivenza, sia lui che Dominik si svegliavano a un giro di lancetta dell'ora di differenza. Stanchi ancora prima di cominciare a lavorare e sempre sul punto di arrivare in ritardo, si vestivano in fretta, nella semioscurità, e avevano tacitamente stabilito la priorità di non svegliarsi l'un altro. Pescavano allora dei vestiti alla rinfusa dal mucchio, li annusavano, e se non puzzavano troppo li indossavano, altrimenti li buttavano per terra, destinati a finire nella lavatrice del primo che aveva il giorno libero. C'era stato un momento in cui sembrava esserci una penuria di magliette, allora Luca era passato da Primark, alla svelta ne aveva comprate una decina e le aveva buttate nella pila. Non avrebbe saputo riconoscerle ora, le aveva scelte in base al cartellino del prezzo e non alle stampe. Anche Dominik doveva aver alimentato il cumulo – qualche volta Luca si era trovato fra le mani dei pantaloni che profumavano di colla industriale e col cartellino ancora attaccato. Quel pomeriggio Dominik non c'era. Forse avrebbe avuto la notte libera e se ne era uscito a fare un giro. Luca afferrò circa metà del mucchio, lo schiacciò così com'era nella sacca e richiuse la cerniera.

L'Appartamento di Bond StreetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora