capitolo 12 | come il cielo di Firenze

2.2K 84 8
                                    

La mattina dopo la puntata successe qualcosa.

La produzione ci svegliò presto, persino prima dei ballerini, e ci avvisò di prepararci e di fare subito lezione di riscaldamento vocale con la vocal coach in quanto dovevamo essere pronti per le nove e mezzo, senza sbilanciarsi troppo. Chiaramente tra noi cantanti regnò il panico più totale.

«Che se sò 'nventati, mo'?» chiese disperato Petit, facendomi ridere di cuore per quella esternazione spontanea, mentre eravamo al bancone della cucina, già vestiti e intenti a fare una rapida colazione.

«Oddio non è che qualcuno fa una sfida lampo?» ipotizzò Stella, che nel frattempo ci aveva raggiunti.

«No, ao, non iniziate a mettemme ansia» replicò Salvatore.

«No, Sté, secondo me sarà qualche gara esterna, tipo qualcuno che viene a giudicare gli inediti. Magari un rappresentante di qualche radio...» suggerii, mangiando un biscotto. «Perché comunque ci hanno detto di fare riscaldamento vocale, quindi secondo me si canterà.»

Sentii delle braccia avvolgermi i fianchi, e delle labbra posarsi sulla guancia destra. Mi voltai e ricambiai il bacio a Joseph.

«Ah, così de bbotto proprio?» scherzò Petit, guardandoci.

«Ehh bisogna marcà er territorio, Petì» rise il mio ragazzo, proprio nel momento in cui Mida fece il suo ingresso in cucina e sembrò osservarci più del normale.

«Non ti facevo così geloso», Stella diede una lieve pacca sulla spalla del cantante.

Petit emise una risata: «Ma poi de chi?»

«Di nessuno» conclusi io, esausta da quella conversazione che mi stava mettendo in imbarazzo. Detto questo regalai un altro bacio a Joseph che si era seduto a mangiare.

«Non c'è bisogno di marcare il territorio, sai?» gli accarezzai la guancia, beandomi del ruvido contatto con la sua barba.

«Lo so, piccolé. Però me piace baciarti davanti a tutti» si voltò.

Era molto strano sentirlo parlare in quel modo. Fino ad allora, la nostra frequentazione era stata solo nostra. Non che nessuno sapesse nulla, ovviamente, ma avevamo concordato tacitamente di non affrettare le cose con le smancerie in pubblico, avevamo i nostri momenti di solitudine e lì ci lasciavamo andare a baci e coccole.

«Però se te dà fastidio posso smette, non voglio forzarti in nessuna maniera» mi propose, guardandomi negli occhi e sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Gli sorrisi. «Non mi dà fastidio, però voglio davvero che tu stia tranquillo. Anche ieri, ho notato che ti sei agitato quando hai messo in mezzo la questione di...» mi interruppi, realizzando che l'oggetto della questione fosse a due passi da noi. «Tu sai chi.»

Gli avvolsi le braccia intorno al collo e strofinai i nostri nasi. «Non devi entrare in ansia, devi stare tranquillo. Puoi fidarti di me» lo baciai, ancora. «Non ti farei mai del male.»

«Sei speciale, Nita.»

«Anche te lo sei, Jo.»

*

Alla fine, nel giro di pochi istanti, ci trovammo davanti la signora Laura Valente, un'artista pazzesca che aveva cantato nei Matia Bazar e che era stata sposata tanti anni con Mango; infatti, era la mamma di Angelina. Appena entrò ce lo fece subito presente, ci disse di essere una "mamma d'arte" e trovai quella frase estremamente tenera. Mi commossi molto, pensando al mio rapporto viscerale con mamma.

La Valente ci propose di fare con lei un laboratorio d'interpretazione, così, entusiasti, la seguimmo in saletta dopo essere stati divisi in due gruppi. Io ero capitata con Valentina, Joseph, Holy, Matt e Angela. La cantante ci trasmise alcune nozioni base su cosa volesse dire interpretare una canzone e su quanto saperlo fare influisse sulla performance.

𝘷𝘪𝘵𝘢𝙩𝙚𝙧𝙧𝙚𝙢𝙤𝙩𝙤 | Amici23Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora