capitolo 13 | un po' gli piaci

2.2K 84 4
                                    

Due settimane dopo

Tutti noi cantanti eravamo stati radunati in sala Relax e ci trovavamo lì da circa un quarto d'ora. I nervi erano tesi, nonostante sapessimo, in fondo, quello a cui stavamo andando incontro.

«Secondo me vi fanno fare la stessa cosa che hanno fatto fare a noi ballerini ieri pomeriggio» aveva commentato Kumo non appena la produzione in casetta ci aveva avvertiti. Si riferiva a una gara interna, voluta dalla maestra Celentano, in cui si erano votati a vicenda.

Mi sedei su una gradinata, tentando di placare la tremarella alle gambe che mi era salita improvvisamente.

«Non ti ho mai vista così agitata, Anita» mi sorrise Mida, parandosi di fronte a me. «rilassati, andrà tutto bene.»

«Tu dici?» sollevai il capo, facendo una smorfia. «Scusa, potresti sederti? Sei troppo alto e mi stai creando danni alla cervicale.»

Il riccio scoppiò a ridere, dopodiché si posizionò accanto a me, dandomi una pacca sulla spalla.

«Non lo so, Mida, ho una brutta sensazione», continuai.

«Ma sull'esito della gara in generale o su di te?»

«Boh, in generale penso. Sento che avrà delle conseguenze.»

In quelle due settimane il rapporto tra l'allievo di Lorella Cuccarini e me si rafforzò sempre di più. Era come se l'aver ascoltato Rossofuoco in radio per la prima volta insieme avesse costituito uno spartiacque.

«Se posso darti un consiglio, evita di pensare alle conseguenze per ora. Concentrati esclusivamente sul momento, sul fare una buona esibizione. Al resto ci pensiamo quando sarà il momento.»

Annuii. «Hai ragione, è che a volte...»

«Pensi troppo, Anita. Dovresti spegnere il cervello, ogni tanto.»

«Mh, ma poi diventerei meno intelligente di te. Non posso accettarlo» replicai, alzando gli occhi al cielo. Adoravo punzecchiarlo in quel modo, anche perché sapevo che lui accettasse sempre le mie battute e che sapesse stare al gioco.

«Per carità, sia mai!» rise lui.

«Regà, ve sto a chiamà da un quarto d'ora.»

La voce di Joseph tuonò d'improvviso alle nostre spalle.

«Rudy c'ha detto di raggiungere lo studio. Alzate 'sti culi e andiamo.»

«Jo, stai calmo. Non ti avevamo sentito, non c'è bisogno di reagire così» mi alzai in piedi, seguita poco dopo dal milanese.

L'allievo di Zerbi era diventato un po' scontroso in quei giorni, ma ero sicura che la mia amicizia con Mida c'entrasse fino a un certo punto. Erano diverse settimane che in puntata si dimenticava il testo delle canzoni che cantava, questo lo aveva mandato in paranoia e lo aveva spinto a concentrarsi al cento per cento sulle lezioni, sulla memoria, insomma si stava dedicando completamente alla vita scolastica. Di certo non potevo fargliene una colpa, dato che in teoria eravamo lì per quello; ma inevitabilmente la nostra relazione ne risentì. Ci vedevamo di rado, giusto la sera a giornata conclusa o durante le lezioni collettive. In compenso, trovai in Mida un confidente. Gli scaricai tutte le mie perplessità, le mie paranoie, le mie insicurezze riguardo i brani assegnati e tutto ciò che era successo in quelle settimane. Sì, gli parlai anche del rapporto con Joseph. E lui riusciva sempre a calmarmi in qualche maniera, a infondermi quel pizzico di sicurezza in me stessa che a volte veniva a mancare.

«Anita, sei tra le migliori cantanti e cantautrici di questa edizione, il tuo brano è quello più streammato insieme a quello mio e di Holden, sei brava e sei bona. Smettila di farti queste pare inutili» mi disse un giorno, facendomi scoppiare in una risata che scacciò via tutte le ansie.

𝘷𝘪𝘵𝘢𝙩𝙚𝙧𝙧𝙚𝙢𝙤𝙩𝙤 | Amici23Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora