Capitolo 2

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Non capiva come fosse possibile che qualcun altro oltre lei potesse sapere quel genere di cose...a stento lei stessa riusciva a ricordarle. Poi, un illuminazione. "Ci siamo già conosciuti in passato, vero?" domandò con voce strozzata, perfettamente consapevole della risposta, Bakugou annuì ed Haru sentì un'intensa fitta al petto "a questo punto, penso tu già lo sappia... ma voglio comunque dirtelo di persona... ho avuto un brutto incidente e da allora non riesco a ricordare niente di ciò che è avvenuto prima dei miei dodici anni.." Ogni parola era per Bakugou un pugnale nella schiena, e mentre il vento si faceva sempre più pungente, la distanza tra loro sembrava solo aumentare. "Lo so Haru, ma questo non cancella ciò che sei stata per me" controbatté lui, riprendendo il passo e allontanandosi nel buio.

Le macchine sfrecciavano nella notte e la musica delle cuffiette non riusciva a sovrastare il rumore dei suoi pensieri. Passo dopo passo, sembrava dirigersi verso il patibolo, rimuginando sulle parole di Bakugou.

"Sono a casa," disse Katsuki togliendosi le scarpe frettolosamente per sbrigarsi ad andare in camera sua. "Non vieni a cena?" gli domandò il padre, sbucando dalla cucina "No. Non ho fame." Tagliò corto, sperando che il padre smettesse di fargli il quarto grado. Nella sua testa era impressa l'immagine di Haru che con tono amaro, gli ricordava che si era dimenticata completamente di loro e dell'oro passato. Eppure... lui non riusciva a guardarla e non pensare a quando erano bambini. "Io mi ricordo ancora addirittura quando ci siamo conosciuti..." disse a talmente bassa voce che nemmeno lui riuscì a sentirsi, come se qualcuno fosse lì ad ascoltarlo, come se dirlo troppo ad alta voce rendesse reale ciò che voleva forse negare a sé stesso che quella situazione gli faceva tremendamente male. Si appoggiò alla finestra osservando un punto indefinito nell'oscurità, e con la mente viaggiò di qualche anno indietro.

Era una notte d'estate e nel buio di casa Bakugou, si udì uno strano rumore... Il giovane Katsuki, che al tempo aveva solo cinque anni ed era ancora privo di Quirk, decise di prendere coraggio e andare a vedere. Il silenzio regnava sovrano nella casa, non c'era niente che facesse sospettare un eventuale intrusione; l'unica cosa  in casa, a parte lui e i genitori, era la luce lunare che illuminava i mobili.

Poi, d'un tratto, un altro strano rumore e, indeciso sul da farsi, notò che le sue gambe camminarono da sole dirigendosi alla fonte del rumore con un groppo in gola. Arrivando in cucina, notò che c'era qualcosa, o meglio qualcuno, arrampicato sul piano di cottura che smanettava nella credenza.

"HEY TU, CHE CI FAI IN CASA MIA!" sbraitò lui, richiamando l'attenzione del criminale che cadde tenendo qualcosa in mano. Appena si alzò toccandosi il fondo schiena con la mano, corse fuori dalla casa. "NON TI LASCERÒ SCAPPARE, DELINQUENTE! HAI SCELTO LA CASA SBAGLIATA PER RUBARE!" continuò il giovane rincorrendolo fino fuori al giardino.

Dopo alcuni minuti passati a rincorrersi, Bakugou tirò qualcosa molto simile a una palla da baseball, colpendo l'individuo in fuga che a mollò la presa e si toccò il punto che gli causava dolore. "Non so chi tu sia, ma ora restituisci ciò che hai preso!" insistette il bambino pavoneggiandosi e avvicinandosi pericolosamente verso la losca figura.

Qualche passo più avanti, notò che l'oggetto che si trovava a terra non era niente di prezioso, anzi. "Pane?" pensò il bimbo dagli occhi rubino, per poi avvicinarsi sempre di più al dolorante ladro. Man mano che si avvicinava, però, capì presto che questo fantomatico furfante non era altro che una docile bambina.

La piccola sagoma si teneva il punto in cui la pallina l'aveva colpita, incastrando le sue dita nei codini arruffati, borbottando qualche imprecazione a caso. "Accidenti che dolore, maledetto ragazzino..."

"Chi sei tu e che ci facevi nella mia cucina?" l'accusò il bambino, piazzandoglisi di fronte con sguardo severo.

"Volevo solo del pane..." rispose lei senza guardarlo in faccia e alzandosi da terra, piuttosto inacidita.

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