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Mi sembrava di stare in uno di quei sogni in cui senti che stai correndo allo strenuo delle tue forze, ma non riesci a muoverti, se non di pochi centimetri, mentre sei inseguita da uno dei tanti mostri che si annidano dentro la tua cazzo di testa.

Ma sei troppo lenta, decisamente troppo lenta per seminare tutti quei problemi, tanto da finire inghiottita e di svegliarti di soprassalto nel cuore della notte, circondata dal buio.

Ti stai guardando attorno, alla ricerca di una fonte di rassicurazione che ti aiuti a rallentare il respiro incastrato nella tua stessa gola, finchè non vedi una luce calda, e la tua mente cerca di andarci incontro abbastanza velocemente da poterla quasi catturare con le labbra e assaporarne l'essenza.

Ma non è una lampada, neanche una di quelle abat-jour che si mettono nelle camere dei bimbi per non farli mai sentire soli nel cuore della notte.

È la luce del corridoio, è tornata la corrente.

Il mio cuore rallenta drasticamente, forse le cose stavano iniziando a girare per il verso giusto.

"Un passo alla volta, una gamba dopo l'altra" – spero solo di non inciampare nei miei stessi passi.

Sarebbe molto divertente e sicuramente perderesti quel minimo di credibilità che ti era rimasta. Ma direi che alla fine non fa niente: facevi pena prima, farai pena anche adesso.

Stringo Annie al mio petto, ho il terrore che mi possa cadere, scivolare via come l'acqua fresca di un fiume.

Direi più come un cazzo di tsunami.

In risposta sento le sue manine aggrapparsi alle bretelle della mia canottiera, con una forza tale da farmi ricredere sulle sue capacità fisiche - "Direi che questa paura è pienamente condivisa da entrambe" – sussurro, e sinceramente non la biasimo neanche un po'.

Ho il fiato corto, sento le mani intorpidite e le braccia quasi insensibili.

Cerco di consolarmi pensando che, forse, sono semplicemente stanca, anche se so che è un pensiero che non posso permettermi di avere, o almeno non adesso.

Appena varcata la soglia della camera da letto, mi immetto subito nel corridoio, grata che la luce sia già accesa e che non debba sforzarmi ulteriormente di ricordare dove si trova l'interruttore, ho bisogno di preservare quelle poche forze che mi rimangono per far mangiare Annie, dovrei farcela.

Non sopravvalutarti troppo.

Comunque sia, una volta lì mi trovo di fronte a tre porte: alla mia destra quella del bagno, di fronte quella della futura cameretta di Annie e infine, sulla sinistra, la porta dello studio di James.

Sono tutte e tre porte identiche, come d'altronde sono quelle del resto della casa.

A differenza delle altre due, questa è leggermente socchiusa, non abbastanza da permettermi di vedere l'interno della stanza, ma quanto basta per far passare uno spiraglio di luce, probabilmente proveniente dalla finestra all'interno della camera stessa.

Sembra come chiamarmi, attrarmi verso l'ennesimo buco nero pronto a inghiottirmi.

Più guardo quella luce, quel maledetto portale verso una dimensione che credevo di essermi lasciata alle spalle, più mi sembra improbabile che tutto quello che io stia sentendo in quel momento sia reale.

Mi sembra quasi di vedere James, con la schiena china a lavorare sul suo computer, le cuffie ben piantate in testa, spettinando i suoi capelli biondo scuro già di per sé un disastro.

Adesso si è addirittura girato in direzione della porta.

Mi sta guardando dritto negli occhi, con una sigaretta che gli penzola su un lato della bocca, mentre il fumo che va svapando gli inonda il viso, dandomi l'impressione che gli stia uscendo direttamente dalle narici.

Sogni d'oro AnnieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora