È mezzogiorno inoltrato e mi sono appena alzata dal letto. No, non mi sono svegliata così tardi, ma ho solo preferito rimanere avvolta tra le lenzuola.
Ho navigato un po' nei ricordi passati, tra lacrime e una masturbazione quasi morbosa, ma che effettivamente non mi ha portato a nessun orgasmo, se non a sensazioni piacevoli che non sembrano appartenermi ormai da molto tempo.
Dopo essermi persa nel vuoto, alternando lo sguardo tra il soffitto e un angolo spoglio della stanza, ho così deciso che fosse l'ora di alzarmi, poi che fosse quasi ora di pranzo è un dettaglio facilmente trascurabile.
Di certo non farò colazione, e penso sia da sciocchi iniziare a prepararsi un bel piatto di pasta fumante a quest'ora, ma il rumore del mio stomaco che si contrae su sé stesso mi convince che sia ora, invece, di un bel brunch sostanzioso.
Così sposto le lenzuola, quanto basta da poter portare i piedi fuori dal materasso. Mettersi a sedere dopo tante ora di stazionamento, completamente immobile e quasi del tutto disidrata, non è il massimo, ma di certo non posso rimanere in questo stato ad aspettare che mi cresca del muschio sul lato del mio corpo che dà a nord.
Un colpo di reni è sufficiente dal mettermi seduta, mentre i miei piedi penzolano in attesa di poter entrare in contatto con il pavimento.
Un leggero giramento di testa mi allerta di un possibile svenimento, così rimango seduta per qualche altro secondo, giusto il tempo di riabituarmi a vedere il mondo per la giusta angolazione.
Mi guardo in giro, momentaneamente spaesata, ma nel vedere il comodino accanto al mio letto tutto mi torna famigliare.
C'è una piccola abat-jour, circondata da fazzoletti usati, tutti stropicciai, accompagnati da un bicchiere d'acqua e qualche pillola bianca, sparsa qua e là, non molto lontane da una confezione.
La afferro e ne leggo la superficie.
Sono i sonniferi che avevo comprato ieri.
Sorrido - "Ah già" – sospiro, e nel farlo sento le labbra dischiudersi con una certa fatica. Penso che sia una sensazione normale, inevitabile, quando ti capita di non parlare per parecchio tempo.
I piani che avevo ieri sera erano belli chiari: ero andata in farmacia determinata a comprare il sonnifero più potente che avessero a disposizione, con la scusa di soffrire di una grave forma di insonnia che mi permetteva di dormire solo qualche ora a notte.
Era andato tutto bene, la farmacista mi aveva dato il sacchetto sfoderando un sorriso a trentadue denti ed esortandomi dicendo – "Con questi farà delle dormite invidiabili, Signora Smith!".
Ma io mi limati ad afferrare il sacchetto, ricambiare il sorriso e a correggerla – "Signorina Smith".
Uscendo dalla farmacia ero un razzo, pieno di energie. La verità, però, era che volevo arrivare a casa il prima possibile, per mandare giù l'intera confezione prima che cambiassi idea.
Mi conoscevo abbastanza bene da sapere di avere una decina di minuti a disposizione e, non abitando in una metropoli, casa mia distava pochi minuti a piedi dalla farmacia.
Così accelerai il passo, sentendo il ticchettio del timer che aveva iniziato a scorrere nella mia testa.
Quando varcai la soglia di casa neanche mi levai le scarpe all'ingresso, o il cappotto, che mi fiondai in cucina a prendere un bicchiere per riempirlo di acqua del rubinetto e poggiarlo sul comodino, dove si trova tutt'ora.
Volevo che tutto avvenisse tra le coperte, al sicuro dal resto del mondo e soprattutto nel modo più dolce e impercettibile del mondo.
Così tirai fuori la confezione di sonniferi dal sacchetto, la aprii e iniziai a tirare fuori le pastiglie una ad una, seguendo la colonna più lunga con attenzione quasi maniacale.
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Sogni d'oro Annie
HorrorLa vita di Kate non è mai stata rose e fiori: traumi infantili in ogni dove e un rapporto coniugale che lascia molto a desiderare. Non si può indicare con precisione quando ha avuto inizio il vero e proprio declino della sua esistenza, ma possiamo e...