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- Ce la posso fare... - Mi ripeto. Una cantilena volta ad auto rassicurarmi, ma che al lato pratico non sta servendo poi a molto. - Ce la posso fare sì sì me l'hanno insegnato. Ce la posso fare sì sì me l'hanno insegnato... - cerco di sdrammatizzare.

Per settimane ormai ho evitato anche solo di guardare il pianoforte che sta in casetta, né mai mi sono azzardata ad avvicinarmi per suonare. Ho troppa paura di ricordare cose che non voglio, ricordi che non sono pronta a rivivere. Col passare dei mesi ho iniziato a precludermi un sacco di cose, pur di stare bene. Tra queste, per esempio, non ho più suonato il pianoforte, perché mi ricordava troppo quando io e Alessandro passavamo i pomeriggi interi a cazzeggiare e suonare.

La lezione con la vocal coach è stata un disastro. Non sono riuscita a combinarne una giusta, prima mi tremavano le dita, poi spingevo i tasti sbagliati, poi come se non bastasse mi è venuto il singhiozzo. Tra un "uffa" e l'altro (ma pure qualche bestemmione tipicamente partenopeo), la lezione si è conclusa. Ho pranzato di malavoglia, prendendo giusto qualche forchettata di verdura e un pezzetto di pane, più una mela. Per tutta la durata del pranzo non vedevo l'ora che finisse, così da potermi rifugiare sul patio del retro con un po' di musica per calmarmi.

Ora che sono sul letto, mi accorgo che una delle foto di Alessandro si è scollata ed è caduta. Mi affretto a cercarla, trovandola incastrata tra la parete e la coperta. La riattacco, prendendo dei nuovi pezzi di nastro carta, e spingo con le dita per farla aderire bene.

- Hei.

Mi giro di scatto, piombando di nuovo nel mondo dei mortali. - Hei... - gli occhi di Angela mi scrutano, con attenzione ma senza invadenza alcuna.

- Tutto ok?

Lascio perdere le foto e le faccio segno di stendersi accanto a me. Mi accomodo del cuscino, cercando di stringermi per farle spazio. - Sono una cretina.

- Perché?

- Perché mi sono scavata la fossa da sola. Cazzo, io lo so che non riesco più a fare una determinata cosa ma trovo sempre il modo di infilarmi in situazioni da cui non so se riesco a tirarmi fuori! - Confesso, ma dal suo silenzio intuisco che lei non abbia capito niente. E ci credo, data la mia risposta criptica. - Una delle cose che mi fa ancora male, è suonare il pianoforte. Lo suonavo con mio fratello, ed era una delle attività che ci piaceva fare insieme. Il brano che voglio portare in puntata è da suonare al piano. Ma io non sono più capace.

- Non ci credo che non sai più farlo.

- Sì invece. Oggi a lezione ho sbagliato tutto. Mancavo i pedali, spingevo note a caso. Non so più farlo...

La sua mano prende la mia, stringendola. - Hai mai pensato che il fatto che tieni sempre tutto dentro influisce su ciò che fai?

Che abbia ragione? È raro che io mi apra con le persone su ciò che mi fa soffrire, un po' perché non voglio ammorbare nessuno con le mie paranoie, un po' perché ho il terrore di non essere capita. Lei, però, mi ha ascoltata. So che non mi giudicherebbe, e so che non oltrepasserebbe il limite.

- Alessandro è morto da quasi un anno. Poco prima di Natale, io ero qui, la produzione mi aveva avvisata che c'era una telefonata da casa. Quando mamma mi ha detto che Alessandro era morto io sono svenuta. Mi ricordo che mi sono svegliata che c'era Megan che mi teneva le gambe alzate e Nicolò che mi metteva l'acqua fresca sulla fronte. - Un sorriso di amarezza mi comprare sul volto, al ricordo dei miei compagni con i quali non sono riuscita a legare molto dato il poco tempo che abbiamo avuto a disposizione per conoscerci. - Ho avuto un permesso speciale per andare al funerale, poi dopo la quarantena sono tornata in casetta. Ma non sono durata molto. Avevo attacchi di panico quasi ogni giorno, e non riuscivo a non piangere per ogni minima cosa, ero diventata una pazza. Ma non volevo andarmene, perché poi non sarei più potuta tornare. Alla fine Rudy mi ha concesso di poter rifare i casting l'anno dopo.

- Mi dispiace.

- Quando sono tornata a casa ho letteralmente seminato il panico. Non volevo che nessuno si avvicinasse alla stanza di Ale, diventavo una iena se anche solo toccavano la maniglia. Sono stata molto ingiusta con i miei. Alla fine avevano perso un figlio. Non sono stata ragionevole.

Angela si volta a pancia i giù, col volto girato verso di me e un braccio a circondarmi il busto. - Sono sicura che non ce l'hanno mai avuta con te.

- Mio fratello è stato investito. Lui stava sul marciapiede, il conducente si è sentito male e ha sbandato. L'ha preso in pieno, Ale era stato completamente schiacciato. Dopo un paio di mesi, il signore, ha voluto contattarci per chiederci scusa. - Le sue carezze leggere e rasserenanti pian piano placano la mia voglia di piangere. - Io ero piena di rabbia, volevo a tutti i costi dare la colpa a qualcosa o a qualcuno. Ma Angy, ti giuro, quando ho visto quell'uomo piangere disperato e implorare perdono, non sapevo più che fare. Si era fatto un mese e mezzo di terapia intensiva, dopo l'infarto e la degenza per l'incidente. Allora ho indirizzato la rabbia verso di me. - mi giro verso di lei, cosicché ora siamo faccia a faccia. Le sue carezze non cessano, e per questo gliene sono grata.

- Ho un'idea. E se non ti piace mi puoi tranquillamente dire Lil ma che vai dicendo.

- Ok.

- Tu associ il pianoforte a dei bei ricordi, che però non vuoi ricordare perché hai paura di stare male. - Comincia. Non riesco a fare altro se non annuire. - E allora tu crea dei nuovi ricordi.

- Cioè?

- Suoniamo insieme. Tu e io. Così poi potrai associare il piano a un'esperienza nuova, diversa. - Si alza in piedi, porgendomi la mano. - Dài, alzati.

- Ok... - Titubante, ma comunque non scettica, afferro la sua mano e mi alzo dal letto. Mi faccio trascinare verso il pianoforte vicino ai gradini. Ma suoniamo ora? - chiedo scioccamente. Certo che suoniamo ora. Siamo qui per questo. Mi fa segno di sedermi e subito dopo mi abbraccia da dietro.

Poggia il mento sulla mia testa e mi accarezza un braccio. - Cosa ti va di suonare?

Il mio cervello va momentaneamente in cortocircuito, invaso dalle mille possibilità che mi si presentano davanti. - Non so... - D'istinto, suono una nota a caso e per qualche secondo la sento rimbombare nell'anima. - Hm... - mi volto verso Angela, interdetta sul da farsi. Ricevo un sorriso di incoraggiamento.

Le mie dita iniziano a muoversi da sole, e tasto dopo tasto ecco che esce fuori una canzone dei Linkin Park. Per ogni nota che suono ricevo una carezza, un abbraccio stretto, o un bacio tra i capelli o sulla guancia. Sorrido come una scema, rendendomi conto di essermi negata una cosa così bella per così tanto tempo. Troppo tempo. I ricordi di Alessandro non riesco a bloccarli, ma invece di rattristarmi, mi rallegrano. Sarà perché è una cosa che mi piace fare, sarà perché sto ricevendo una valanga di coccole da una ragazza che mi piace.

Arrossisco violentemente e arresto il movimento delle mie mani. - Cavolo...

- Com'è?

- Bellissimo. - Mi volto a guardarla, ancora un po' di rossore a scaldarmi le guance. - Grazie. E scusami. Sono un disastro.

Si siede accanto a me, non interrompendo mai il contatto con me. Mi accarezza l'avambraccio, e poi mi sorride di nuovo. - Però sei un bel disastro.

A questa affermazione, vengo pervasa dalla pelle d'oca, e il mio cuore inizia a battere un po' più veloce di prima. Non saprei che parole usare, e nemmeno mi fiderei di me stessa a parlare. Semplicemente, di slancio, la tiro verso di me, avvolgendola in un abbraccio che spero parli più delle parole che non ho espresso.


note: e basta io non dico più niente.

YELLOW PERSON [LIL JOLIE] #Amici23Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora