Norja era incredula: aveva davvero appena spiattellato il proprio segretissimo vero nome con tanta e tale beata incuranza? E lo aveva davvero fatto solo perché il primo venuto la aveva implorata di rivelarglielo?
Una parte di lei – purtroppo o per fortuna, non ne aveva idea – era tristemente sicura che, ci fosse stato chiunque altro al posto di Tom, la sua preziosa identità sarebbe stata ancora il tabù che sarebbe dovuta essere.«Sarò muto come una tomba» le promise Tom, e il suo viso esprimeva una sincerità così vivida da non poter in alcun modo essere dubitabile.
«Sarà meglio per te,” lo minacciò lei. «Altrimenti ci finirai ad abitare, in una tomba.»
«Non male come idea. Arredamento minimalista, affitti bassi, vicini tranquilli… Peccato però per i problemi di riscaldamento»
«La gente potrebbe scambiarti per un putto decorativo»
Tom assunse un’aria interrogativa:
«Che cos’è un putto?»
«Kleine engel, hai presente?»
«Se tu avessi detto angioletto avrei capito!»
Norja si obbligò a non ridere, né piangere, né scioccarsi.
Poteva anche essere bello da fare schifo, ma era affetto da una forma mediamente grave di ignoranza.«Ma a te chi te l’ha data la licenza media? L’hai trovata nell’uovo di Pasqua?»
Lui, però, le sorrise con fare complice
«E poi dicono che si trovano solo aggeggini inutili!»
C’era una strana, dolorosa tenerezza nella sua gestualità.
Aveva modi vagamente goffi, come quelli degli adolescenti cresciuti troppo in fretta, ma cercava di muoversi lentamente, con delicatezza, con risultati abbastanza buffi.Lo osservava rapita staccare pezzetti di tortilla con le mani e passarli sul piatto dei burritos per raccogliere la salsa, per poi farli sparire in un sol boccone, leccandosi gustosamente le dita, e di conseguenza causando al sensibile cuore di Norja pericolose capriole inconsulte.
Così non va, piagnucolò tra sé.
Non va bene. Non va affatto bene.
Perché diavolo ho accettato di farmi trascinare in questa follia?Perché Mister Occhi Incantevoli qui presente si è impossessato di ogni tuo brandello di sanità mentale e ne ha fatto ripieno per burritos messicani, che si è prontamente sbafato con gusto, senza lasciarti nemmeno le briciole, le rispose una vocetta leziosa dentro di lei.
Faceva quasi male guardarlo.
Non tanto per tutta quella dolcezza inconsapevole che emanava, ma perché lui era lì, seduto davanti a lei, e avrebbe potuto toccarlo semplicemente allungando una mano sul tavolo, eppure non era più vicino di quando Norja, anni prima, lo guardava nei suoi poster.Tom Kaulitz.
Era Tom Kaulitz dei Tokio Hotel.
Lo era sempre stato.
Cosa c’era di così sconvolgente?C’è che lui è qui.
«Hey, Lichtenstein, che ti prende?»
Norja rimpiombò bruscamente nella realtà: «Uh?»
«Eri in fissa. Capisco che la mia bellezza sia… Com’è che era il termine? Destrutturante?»
«Sì, come il tuo inglese»
E questo tuo maledetto, delizioso accento teutonico.
«Disequilibrante?» ritentò Tom, strizzando gli occhi per lo sforzo.
«Suppongo che tu voglia dire ‘destabilizzante’» indovinò allora lei.
«Sì, ecco.»
«Prendi nota, altrimenti la prossima volta che dovrai vantarti internazionalmente avrai ancora la lacuna.»
Ma Tom non la stava ascoltando più. aveva quel sorriso velato sulle labbra, lo sguardo un po’ trasognato e un po’ intento, perso altrove.
«Abbiamo un problema, sai?» sospirò, sorridendo appena.
«Tu di sicuro.» ironizzò lei, ma aveva una brutta sensazione.
«Un grave problema.»
Norja deglutìsci.
La brutta sensazione si stava facendo pessima.
«Quanto grave?» osò chiedere.
«Disastrosamente grave.»
«Non sono sicura di volerlo sapere.»
In realtà c’era un pesante conflitto in corso dentro di lei: una metà smaniava dalla voglia di sapere; l’altra tremava alla sola idea di quello che Tom avrebbe potuto dire. In entrambi i casi, comunque, un pensiero comune c’era: non avrebbe portato a nulla di buono.
«Ho il raggelante sospetto che tu mi piaccia davvero, Norvegia.»
Norja chiuse istintivamente gli occhi, come a voler stupidamente cancellare qualcosa che ormai era irreparabilmente successo.
Non se lo ricordava nemmeno lei quando era stata l’ultima volta che si era sentita così male, se mai c’era stata.Era fatta. Se l’era cercata.
«Ti avevo detto che non ero sicura di volerlo sapere.» ribatté gelida.
Tom si strinse nelle spalle a mo di scuse.
«Nel dubbio, io te l’ho detto.»
«Avrei preferito di no»
Il tavolo era piccolo. Minuscolo, anzi.
Così stretto che tra loro due c’era solo una misera spanna di violabilissima aria, che si stava anche lentamente accorciando. I bellissimi occhi nocciola di Tom erano inchiodati nei suoi, e la tenevano come soggiogata nel loro incantesimo, paralizzandola lì dov’era.
Il suo cuore batteva furiosamente invocando pietà, elemosinando collaborazione da parte dei muscoli, che però non ne volevano sapere di rispondere.Voleva ridere.
Voleva piangere.
Voleva urlare.
Voleva scappare.Non sapeva cosa voleva, esattamente.
Quando le labbra di Tom furono a poco più di un soffio dalle proprie, Norja ebbe la forza di tirarsi indietro quanto bastasse per uscire dalla sua portata.
«Non credo sarebbe una buona idea» Sussurrò, mentre un brivido le percorreva la schiena.
«Perché no?» volle sapere Tom, pacato, fermo dove lei lo aveva lasciato.
«Perché no.»
«Non ti piaccio, per caso?» chiese quindi lui
«No.»
Tom corrugò la fronte.
«No cosa?»
«No e basta.»
«Ma...»
«Tom» la voce di Norja tremò dallo sforzo di non incrinarsi. «Dico davvero...»
«Anch’io» le fece eco lui, e con uno slancio imprevisto si sporse in avanti, riuscendo quasi a colmare la distanza tra di loro, tra le loro labbra.
Ma Norja fu svelta
«Tom, ho detto di no!» esclamò, e scattò in piedi, sentendosi caldissima in viso, gli occhi adombrati dalla frangetta.
Lui non ebbe nemmeno modo di tentare di dire o fare qualcosa: arrabbiata, agguantò alla cieca la propria roba e lo piantò in asso così, senza nemmeno insultarlo o reagire.
Prima che potesse rendersene conto, era in strada, diretta a passo furioso verso l’hotel, e di Tom, alle sue spalle, nessuna traccia.
Meglio così.
Come aveva previsto, si era pentita di aver accettato di uscire con lui.
Diversamente dalle previsioni, però, il danno non era affatto contenuto e facilmente riparabile.
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Hιᥒtᥱr dᥱᥒ Mᥲskᥱᥒ - Tom Kaulitz
Teen Fiction«Ti mette a disagio parlare con ragazze che riescono a dialogare con te anziché sbavarti addosso?» «Come siamo acide... Prova a fare sesso, ogni tanto, aiuta molto contro lo stress» Norja si avvolse le ginocchia con le braccia e lo fissò con un'espr...