Capitolo 15

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"Cosa?! Non puoi partire proprio ora!" Sbuffa frustata la biondina che mi siede accanto sul mio muretto.
Sono anni che occupo questo muretto e non ho mai permesso a nessuno di salirci sopra,fino ad oggi...
"Non ho altra scelta." Mi gratto la nuca in cerca di una soluzione,ma non la trovo. Tra 2 giorni partirò per le terre del sud e ancora non ho trovato una soluzione per rimanere qui a New Orleans.
"Puoi semplicemente rimanere a casa. Sei abbastanza grande per badare a te stessa." dice Andrea guardandomi ovvia.
"Come se non ci avessi provato a spiegarlo a quegli idioti degli assistenti sociali" sbuffo innervosita solo dal pensiero di quelle teste di cazzo che se ne fottono di te.
Lei sospira sconfortata e si poggia meglio contro di me. Scendo anche io con la schiena un po' più giù contro il muro ruvido alle mie spalle.
"Puoi rimanere da me." Mi propone contenta Andrea ma io scuoto la testa smorzando il suo entusiasmo.
"Sai che loro non acconsentirebbero. Ormai hanno preso la loro decisione." Le spiego mordendomi le guance per non piangere.
Odio il fatto c'è ogni volta che sono nervosa o arrabbiata mi viene da piangere.
Lei annuisce arrendendosi contro il mio petto.
Rimaniamo così per un po',sopra i nasi dei nostri compagni di scuola che passando ci rivolgono sguardo confusi o indifferenti.
All'inizio mi divertivo a sputare ad ogni persona che alzava lo sguardo,giusto per il gusto di vedere le loro faccine sconvolte e schifate bagnate dalla mia saliva,ma con il passare del tempo anche quell'attività perse la sua magia. Sono quel tipo di persona che si annoia facilmente delle cose che la circondano.
La campanella mi risveglia dai miei pensieri e un po' doloranti io e la ragazzina ci dirigiamo verso le rispettive classi.
"Andrea!" La chiamo poco prima che lei entri in classe. Si volta confusa e le faccio un cenno. Si avvicina camminando velocemente per i corridoi affollati.
"Oggi non resto per pranzo quindi non aspettarmi." La informo prima di stamparle un bacio sulle labbra e andare via. Devo sbrigare alcune cose prima di andare via.

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"Allora,Davis, perché mi hai fatto venire fin qui?" dice il ragazzo difronte a me con la sigaretta tra le labbra sottili. Il vento che soffia sul tetto della scuola scompiglia i nostri capelli e i suoi ricci stetti gli ricadono sugli occhi. Li sposta pigramente tornando a guardarmi.

"Devo partire." asserisco strappandogli la sigaretta dalle mani portandomela alle labbra intanto che mi guarda confuso.

"E quindi?" domanda scocciato e irritato allo stesso tempo. A quest'ora dovevamo essere in mensa a pranzare, ma avevo bisogno di parlargli.

"Quindi voglio che tu le stia lontano." sbotto innervosendomi. Lui per tutta risposta mi scoppia a ridere in faccia. Ho voglia di schiaffeggiarlo,cazzo.

"E perché mai? Ora tu vai via e la piccola e dolce Andrea rimarrà da sola. Non è questo quello che vuoi,vero?" mi dice con finta dolcezza facendo sporgere il labbro inferiore. Ora lo schiaffeggio davvero però.

"Non potresti farle comunque nulla perché sappiamo entrambi cosa le piace." cerco di mantenere la voce più rilassata possibile mentre incrocio le braccia al petto e poggio il mio peso su una sola gamba. Butto a terra la sigaretta che ho consumato fino all'ultimo e la spengo con il piede cercando di sembrare più arrogante e intimidatoria possibile. Lui si poggia con le spalle contro il muro di mattoni dietro di lui e segue ogni mio movimento con i suoi stupidi occhi verdi.

"Beh, io la trovo solamente molto confusa." afferma superiore "Ha 14 anni e ha bisogno di attenzioni e tu,cara mia, sei stata l' "attenzione" per un po'. Ora togliti di mezzo. Sappiamo entrambi che una volta che andrai via si dimenticherà di te e di tut-" il suo stupido discorso viene interrotto dalla collisione del mio pugno con la sua mascella ossuta. Per la sorpresa lui barcolla all'indietro e io ho il tempo di dargli un altro pugno,questa volta sullo zigomo che lo fa cadere a terra con un tonfo sordo. Mi getto su di lui continuando ad tirare pugni. La vista mi si offusca e capisco solo dopo che è a causa delle lacrime calde che scorrono lungo il mio viso mischiandosi sulla sua faccia al sangue. Le sue urla mi arrivano ovattate alle orecchie e non smetto di colpirlo finché le forze non lasciano il mio corpo, allora mi accovaccio al suolo abbandonandomi in un pianto scosso da singhiozzi che mi riscuotono tutto il corpo. Fa così male quando le persone ti spiattellano una così dura verità in faccia. So che ha ragione, so che quello che ha detto è vero, ma cazzo fa male sentirselo dire. L'ultima cosa che ricordo prima di chiudere gli occhi è un dolore lancinante appena sotto il petto causato da un suo calcio e le parole che accompagnano il gesto "Spero che ti troverai bene tra le vacche come te,brutta lesbica del cazzo."

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Sento freddo. Fa troppo freddo qui dentro e la luce è troppo forte quando apro gli occhi. Guardandomi attorno capisco da subito di non trovarmi in camera mia. Le pareti bianche mi fanno girare la testa e i fili che mi pendono attorno mi mandano una scossa di paura che mi fa venire la pelle d'oca. Mi metto a sedere e me ne pento subito. Un lamento mi ricade dalle labbra screpolate e secche,mi porto una mano sul punto dolente e le lacrime minacciano di uscire dai miei occhi.

"Aby." sento un voce accanto a me. Mi volto di scatto e vedo mia mamma sulla poltrona poco distante dal mio letto che si strofina gli occhi stanca. Deve essersi appena svegliata,penso.

Ora che mi guardo meglio intorno vedo che la luce non è poi così forte e capisco che è tardo pomeriggio.

"Mamma..." sussurro con la gala secca e il fiato mozzato dal dolore che mi provoca anche soltanto respirare più profondamente. La mamma mi spiega che dopo che è successo questa mattina a scuola un bidello trovatosi sul luogo per caso mi aveva trovata svenuta e che quindi aveva chiamato subito un'ambulanza. Mi hanno detto che lo svenimento è stato causato da un forte calo di zuccheri causato dal fatto che non sto mangiando molto in questi giorni e dall'eccessivo stress che mi porto dietro come un'ombra ormai. Per quanto riguarda il brutto livido ho soltanto detto che ero caduta e anche se i dottori non ci hanno creduto hanno preferito lasciar perdere. Quando tutti finitamente mi lasciano sola nella mia stanza d'ospedale sono ormai le 19 e il sole è calato del tutto. Mi abbandono contro al spalliera del mio letto e guardo oltre la finestra dell' Ochsner Baptist Medical Center dove dorò rimanere per altri 3 giorni ritardando la mia partenza per casa di mio padre.

Sto per chiudere gli occhi quando la porta si apre con un cigolio che mi fa accapponare la pelle. Volto la testa lentamente e le mie labbra si curvano in un sorriso quando una figura snella entra nella stanza con la faccia coperta da un enorme fascio di fiori. Si fa avanti e man mano si scopre il viso illuminato da un bellissimo sorriso. Una risata lascia le mie labbra e cerco di ignorare il dolore causato dalla mia costola rotta.

Lei si avvicina e prima di porgermi i fiori mi stampa un bacio sulle labbra facendomi venire le lacrime agli occhi. Sono così emotiva quando si tratta di lei.

"Ciao." le dico sorridendole. Si siede portando la sedia più vicina al letto e mi sorride

"Ciao." risponde lei quasi sussurrando. "Non sapevo quali erano i tuoi fiori preferiti quindi ho messo un po di tutto." ride lei leggermente imbarazzata.Come ha fatto una ragazzina fino a pochi mesi fa sconosciuta a farmi tornare a battere il cuore così forte da farmi male? Semplicemente non riesco a lasciarla, non ora.


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