Capitolo 13

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Metto in moto il motore con le mani ancora tremanti. Ho un mal di testa esagerato e non posso fare altro che pensare ai vari scenari che fortunatamente non si sono avverati questa notte. Guido sulla strada deserta con i finestrini abbassati a scompigliare i nostri capelli.
"Aby ti prego ferma l'auto." Interrompe il silenzio la ragazza seduta accanto a me stringendosi lo stomaco tra le mani. Vado in ansia per la millesima volta da quando è cominciato quest'incubo.Fermo la macchina in modo brusco e sblocco le portiere per far si che lei possa scendere. Esito qualche istante prima di correre da lei. Le mantengo i capelli lontani dal viso mentre si accascia per vomitare, mi sporgo verso di lei e vedo delle lacrime rigarle il viso ed io sono costretta a lasciarle scorrere impotente. Dopo qualche altro minuto smette di vomitare e quando alza il suo viso,ora straziato, non può far altro che uccidermi. Non avrei mai voluto vederla così,nessuno avrebbe mai dovuto vederla così. So di per certo che in quella casa è successo qualcosa, solo non so cosa,ma sono intenzionata a scoprirlo.
Torniamo in macchina e lei torna stendersi sul se suolino come meglio può. Sento il calore della sua mano non appena si poggia sulla mia posizionata sulla mia gamba. Mi volto a guardarla,mi sorride, un "grazie" sussurrato e cade in un sonno profondo.
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Parcheggio la macchina nel piccolo vialetto di casa mia e dato che non voglio svegliarla sono costretta a prenderla in braccio e condurla all'interno. La poggio più delicatamente possibile sul mio letto già disfatto. La guardo li dormire,sui miei cuscini,tra le mie coperte,così indifesa, con il fiato mozzo.
Sono sicura che domattina mi pentirò di questa scelta,ma intanto comincio a spogliarla dei sui abiti. Infondo in questo gesto non dovrebbe esserci nessuna traccia di malizia, ma non posso fare almeno di eccitarmi alla vista del piccolo corpo pallido di Andrea coperto solo di un semplice intimo ed uno strato di pelle d'oca.Le sorrido anche se so che non può vedermi e l'avvolgo in una mia vecchia maglia. Mi spoglio anch'io prima di stendermi accanto a lei stringendola a me,forte.
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Sento un leggero prurito alla guancia,ma sono troppo stanca per grattarmi. Quando però il prurito si sposta anche sulla spalla apro pigramente un occhio. Andrea mi guarda dall'altra parte del cuscino sorridendomi intanto che fa scorrere le su dita affusolate lungo la mia pelle ora ricoperta di brividi. Le sorrido di rimando facendola sporgere verso di me in un bacio inaspettato. È leggero e casto, ma basta a scrollarmi via tutto il sonno di dosso. Mi metto a sedere guardandola.
"Sei stata tu?" Domanda guardandomi assente. Le rivolgo uno sguardo confuso non capendo la domanda fino in fondo.
"A spogliarmi intendo" spiega guardandosi il ventre,annuisco.
"Aby mi dispiace per quello che è successo ieri. Sono stata un irresponsabile e non avrei dovuto coinvolgerti." Conclude il suo piccolo monologo guardandomi in attesa di una risposta da parte mia che non arriva. "Ti prego parlami." Mi implora con le lacrime agli occhi facendomi stringere il cuore. "Mi dispiace tantissimo per ieri." Ribadisce con voce lamentosa.
"Che dovrei dirti? Che mi hai fatto letteralmente morire dallo spavento? Si,cazzo, sei stata irresponsabile e non dire che non avresti dovuto coinvolgermi perché chi sa che fine avresti fatto senza di me." Le dico cercando di mantenere la calma. Mi aspettavo tutte le reazioni possibili da parte sua,tutte tranne le lacrime. Comincia a piangere e poi si siede a cavalcioni su di me per continuare a piangere.
"Devi dirmi qualcosa riguardo gli eventi di ieri notte?" Le chiedo guardandola in modo più penetrante possibile. Mi guarda per qualche istante poi scuote la testa asciugandosi le lacrime che hanno oramai smesso di scendere dai suoi occhi ormai arrossati. Poggio la schiena contro la spalliera del mio letto e comincio ad accarezzarle i capelli cercando di calmare entrambe. Rimandiamo così per quelle che sembrano ore prima che la porta della mia camera venga aperta facendosi sobbalzare. Mia madre entra lasciandomi a bocca aperta. Non la vedo così da anni e mi piacerebbe sapere il motivo di tanto acchittamento.
"Buongiorno ragazze." Saluta lei sorridendoci.
Cosa è successo a questa donna nel corso di una notte?
"Buongiorno signora, sono Andrea,un'amica di sua figlia." Si alza velocemente la ragazzina andandole incontro. Mia madre l'avvolge in un abbraccio e mi guarda da oltre la sua spalla rivolgendomi il primo vero sguardo di scuse da anni. Mi si gonfia il cuore alla vista del mio incubo abbracciare quello che a poco a poco si sta trasformando nel mio sogno.
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"Allora,Andrea,parlami di te." Le sorride mia madre dall'altro lato della tavola. Alla fine Andrea,dopo tante insistenza da parte sia mia che di mamma, ha acconsentito di rimanere a pranzo. La situazione all'inizio era un po' imbarazzante e ringrazio mentalmente Andrea per essere rimasta.
"Io...uhm..sono Italiana,mi sono trasferita giusto qualche anno fa qui in America. Prima abitavo a Torino,poi mi sono trasferita ad Atlanta." Spiega lei finendo di masticare un po' della sua pasta. La guardo curiosa e un po sconvolta. Sapevo che il suo nome fosse di origini italiane,ma non che lei sia italiana. Mi sono sempre chiesta da dove provenisse il suo accento un po' buffo alle mie orecchie,ma non gliel'ho mai chiesto. A pensarci io non sono quasi nulla di lei. Davvero,non so il suo cognome,come si chiama suo padre,dov'è sua mamma dato che non l'ho mai vista,non ho nemmeno il suo numero.
"E cosa ti ha portato qui a New Orleans?" Domanda mia madre mettendosi nella sua classica posizione del "dimmi di più" . Sorrido al ricordo.
"Mio padre si è aperto una paninoteca a Nord e abbiamo trovato una bella casa poco lontana." Spiega lei con un sorriso. Vorrei chiederle perché è venuta in America,ma ho paura che toccherei un tasto dolente. Non lo so ho questa sensazione e anche mia mamma sembra averla dato che per tutto il resto della conversazione a tavola non fa domande sull'argomento.

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