Capitolo 4

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Ho i piedi doloranti e i polmoni in fiamme quando raggiungo il parco. Ho corso per qualche miglio prima di arrivare nell'ala nord della città,ma avevo davvero bisogno di allontanarmi dai miei problemi il più possibile.

Mi gira la testa e un senso di stanchezza mi travolge non appena mi stendo su una panchina. Il sangue ha smesso di scendere dal mio labbro rotto e si è seccato lungo la mascella e il collo fino a sporcarmi il colletto della maglia nera. Chiudo gli occhi e quasi mi addormento se non fosse per una voce che mi porta bruscamente alla realtà.

"Hey stai bene?" Mi chiede una voce acuta alle mie spalle. Se non le rispondo magri va via. Sento una mano che si posa sul mio fianco e vengo scossa leggermente.

Sbuffo scocciata alzandomi lentamente. Volto la testa e maledico chiunque ci sia lassù.

La ragazzina.

L' ultima persona che volevo vedere in questo momento.

Mi guarda curiosa da dietro le lenti spesse è un sorriso le compare sul volto.

"Stai bene?" Mi chiede di nuovo. Annuisco.

"Non sembra" dice accigliandosi. La guardo indifferente e palesemente annoiata dalla sua presenza, ma questo non sembra scoraggiarla infatti dopo qualche istante raggira la panchina e si siede accanto a me. Mi giro ad osservarla. Vista da così vicino posso distinguere il colore degli occhi

Azzurri

"Hai del sangue in faccia." dice e la guardo ovvia. "E' tuo?" domanda avvicinandosi al mio viso. D'istinto indietreggio col busto e questo sembra quasi ferirla. Torna al suo posto con fare mortificato.

"Si,è mio" le dico mostrandole il labbro spaccato. Mi guarda assente poi realizza e annuisce. Resta a fissarmi in silenzio per un po' poi si alza e cominci a camminare.

Che idiota che sono. Infondo era solo curiosa o magari voleva semplicemente aiutarmi. Mi alzo di scatto dalla panchina di legno e cammino a passo spedito per raggiungerla. Quando sono abbastanza vicina allungo un braccio per afferrarla e la faccio voltare verso di me. Mi guarda confusa e sembra essere anche infastidita dalla mia stretta intorno al suo polso che strattona poco dopo.

"Mi devi un panino." le  dico seria. All'inizio non sembra capire, ma dopo poco la  lampadina le si accende e annuisce sollevata.

Mi guarda ancora un po' poi si gira e fa per camminare. Rimango lì in piedi proprio come questa mattina. Dopo qualche passo si ferma e con uno sbuffo si volta nella mia direzione.

"Lo vuoi o no questo panino?"  mi domanda alzando gli occhi al cielo. Rimango sbigottita per qualche istante, ma poi decido di seguirla lungo il viale alberato che conduce all'esterno del parco.

Camminiamo in un silenzio snervante per un paio di isolati. Non so dove questa ragazzina di cui non conosco il nome mi stia portando,ma a dirla tutta non mi interessa. Ho fame e ho stranamente bisogno di compagnia. Sono stanca di sentirmi costantemente sola ed esclusa da tutti, quindi non mi dispiace passare un po di tempo con questa ragazzina pallida ed esile.

Esile

Probabilmente è la parola che la descrive meglio.

"Come ti chiami?" una voce acuta mi arriva chiara alle orecchie e alzo lo sguardo verso la ragazza dai capelli corvini.

"Abigail." rispondo. Non mi è mai piaciuto il mio nome,semplicemente non mi si addice. "Tu come ti chiami?" le domando giusto per fare conversazione. Non m interessa il suo nome, mi piace chiamarla ragazzina.

"Andrea." sorride fiera del suo nome. Che nome insolito per una ragazza. Però ce la vedo. Mi piace. Il suo nome,ovviamente. "Uh guarda siamo arrivate!" esclama prima che io  possa parlare. Avanza il passo e la maledico a bassa voce perché non ho nemmeno le forze di starle dietro. Corre verso un locale che deduco sia un semplice fast food.

Quando entriamo l'odore di fritto e delle salse aromatiche mi avvolge e il mio stomaco brontola sonoramente facendola ridere. Ci avviamo verso una porta infondo alla sala che più tardi scopro che dà sulla cucina. Andrea si guarda attorno come in cerca di qualcuno e a quanto pare lo trova dato che allunga una mano  a mo' di saluto verso un tizio alto e robusto che è intento a mangiare patatine in un angolo della stanza. Ci avviciniamo e lei comincia  a parlargli. Sembra che siano in confidenza, ma non capisco cosa si dicono a causa del frastuono e delle urla degli altri dipendenti. Mi indicano un paio di volte prima che lui annuisca e mi faccia un segno con la testa verso una porta poco distante dai noi. Andrea mi prende per il polso e mi trascina verso la porta che da su un piccolo bagno.

"Non puoi andartene in giro con la faccia sporca di sangue." mi spiega vedendo la mia espressione confusa.

"Basterà solo sciacquare il sangue dal labbro e per il resto va-" faccio per dire, ma mi interrompo intanto che guardo la sua espressione scandalizzata.

E adesso che le prende?

"Non se ne parla. Devi necessariamente disinfettarti il taglio che hai sul labbro." mi rimprovera spingendomi e facendomi sedere sul coperchio del WC.

Continuo a guardarla confusa e un po scioccata, ma la faccio fare.

Prende un kit del pronto soccorso vecchio di svariati decenni e comincia a bagnare dei batuffoli d'ovatta con del disinfettante. A contatto con il freddo liquido sobbalzo e subito dopo un dolore lancinante mi percorre tutta la faccia.

"Cazzo brucia!" urlo spingendola via da me.

"Si, ma se non lo disinfetti prenderà infezione!" urla la ragazzina di rimando. La guardo truce e sobbalzo di nuovo quando torna a tamponare sulla ferita. Vorrei potermi mordere il labbro, ma visto che non posso prendo la sua maglia tra le mani e la stringo in un pungo. Alzo gli occhi verso di lei per distrarmi e noto il modo in cui ha la faccia corrugata in un espressione concentrata. Mi viene da sorridere vedendola così indaffarata a prendersi cura di me.

"Distendi le labbra Aby." mi sussurra a pochi centimetri dal mio viso. Ridacchio per il modo in cui mi ha chiamata. Nessuno mi ha mai chiamata così, ma non mi da fastidio.

"Aby?" la derido. Si stacca dalle mie labbra e arrossisce mormorando un qualche tipo di scusa. "Non preoccuparti." la rassicuro ridacchiando. 

Deve notare il mio sorriso dal momento che si tranquillizza.

"Okay,abbiamo finito. Ora sciacquati la faccia e vieni di là per mangiare questo benedetto panino." mi sorride prima di chiudersi la porta del bagno alle spalle. Non appena la figura magra di Andrea lascia il piccolo bagno mi ritrovo a sospirare.

Mi guardo allo specchio con fare assente.

Guardo il modo in cui il mio labbro già sta meglio grazie alla ragazzina dai lunghi capelli biondi che senza nemmeno conoscermi mi ha aiutato.
Magari è per questo che l'ha fatto:perché non mi conosce.

Probabilmente quando verrà a sapere delle voci girerà sui tacchi e mi darà le spalle anche lei,ma ormai ci sono abituata. Perché sta volta lo sento diverso?

So che probabilmente è tutto nella mia testa, ma dopo tutto quello che è successo in questi anni non posso non pensare al peggio.

*****

Hey ragazze non ho ancora trovato un volto alle due protagoniste help

-benny

New Orleans' LesbiansDove le storie prendono vita. Scoprilo ora