Capitolo 11

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Enea

Apro un occhio per trovare il telefono poggiato sul comodino. La luce entra dalla finestra illuminando tutta la stanza, oggi sembra una bella giornata nonostante i gradi sotto lo zero.

Devo essermi dimenticato ieri di abbassare le tapparelle preso dalla litigata con quella ficcanaso.
Non solo ascolta conversazioni altrui ma si è permessa anche di dare i suoi pareri del cazzo.
Quella ragazzina ha la lingua troppo lunga per i miei gusti.

Scendo dal letto e mi avvicino alla sedia, dal giubbotto di pelle prendo il pacchetto delle sigarette e l'accendino.
Esco in terrazza e appoggiato con la schiena al muro inizio ad aspirare.

Non avrei mai pensato che una come lei fosse una biker ne tanto meno che partecipasse a gare clandestine organizzate da Rob.
Devo ammettere però, che sono piacevolmente sorpreso...è stata davvero brava nonostante quella curva.
La velocità che portava era davvero impressionante e se non avesse rallentato in tempo, avrebbe rischiato grosso.

Spengo il mozzicone nel posacenere e proseguo verso il bagno per fare una doccia.

Prendo un pantalone di tuta e una felpa, lavo i denti e scendo in cucina.

Papà è seduto di profilo, una mano sorregge il suo capo mentre se ne sta
con il viso fisso sulla tazzina del caffè.

«Buongiorno papà, dormito bene?»

Si rimette dritto e solleva i suoi occhi nei miei sorridendomi.

«Buongiorno figliolo, si e tu? Hai fatto tardi ieri sera eh»

«Si, con i ragazzi siamo andati in giro e il tempo è volato. Oggi andrai al lavoro?»

«Si ma pensavo di tornare per pranzare insieme va bene?»

Faccio si con la testa intanto che prendo l'acqua dal frigo.
Ordineremo qualcosa visto che nessuno dei due è bravo in cucina, ormai siamo abituati da quando la puttana se n'è andata.

Sento la rabbia montarmi dentro come una furia al pensiero di mia madre e stringo i pugni cercando di calmarmi.

Scendo le scale per andare in cantina, tolgo di dosso la maglietta e prendo un asciugamano mettendola su una panca.
Mi avvicino al sacco, iniziando a tirare dei pugni leggeri ma non è abbastanza.
Sento la collera impossessarsi del mio corpo e fottermi completamente il cervello. Mi domando come sia possibile che la donna che mi ha messo al mondo, sia anche colei che mi ha distrutto.

Sinistro, destro. Continuo a tirare pugni in modo violento, tanto da far oscillare il sacco.

Lei ha distrutto la nostra famiglia, mio padre...e me.
Ricordo che da bambino desideravo un amore come quello dei miei genitori...pieno di gioia e affetto.
Crescendo poi ho iniziato a comprendere che non era un rapporto normale e che mi ero sbagliato, tra loro non c'era niente di tutto quello che ho sempre pensato.

Mio padre lavorava tanto per darci una vita dignitosa e ci è riuscito.
Non si è mai tirato indietro per passare del tempo con noi, nonostante la stanchezza.
Lei invece, finito il lavoro aveva più ore a disposizione, che utilizzava scopando con i colleghi di mio padre.

Goccioline di sudore percorrono la mia schiena, ma continuo a riversare la mia ira su questo fottuto sacco, incurante del sangue che fuoriesce dalle nocche.

Perché non poteva comportarsi come una madre qualunque?
Perché doveva sedurre i padri dei miei amici alle feste?
Perché doveva scopare con i colleghi di papà a casa e per giunta, nel loro letto matrimoniale?

Destra, sinistra, ancora senza sosta.
Tante domande senza una risposta plausibile.
Sento una mano sulla mia spalla, afferro il polso e faccio una leggera pressione, mandando la persona al tappeto.

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