Due manine paffute mi strinsero le guance, mentre un sorriso sdentato appariva davanti ai miei occhi. Io seguitavo in quel piccoli e teneri movimenti sul pancino, facendo sì che una forte risata riempisse la stanza. Sabrina mi guardava mentre io continuavo a giocare con quella che era la nipote di Gerry. Ci aveva affidato quel piccolo fagottino di amore, a causa di un imprevisto che non gli aveva permesso di prendersene cura lui stesso.
"Vieni qua, scappiamo da questa matta" esordì Sabrina all'improvviso, prendendo la piccola Maura dalle mie braccia e scappando in camera da letto. Non persi tempo e le rincorsi, attraversando con grandi falcate il corridoio. Appena messo piede in camera da letto, mi persi alla vista di ciò che avevo davanti. Sabrina teneva in braccio la bambina, appollaiata sulla sua spalla, mentre le sue mani avevano preso a farle dei grattini sulla schiena, la sua bocca era schiusa mentre lei cantava una dolce canzoncina.
"Mi sa che l'ora dei giochi è finita" dissi piano io, non volendo destare la bambina dal suo momento di pace che, presto o tardi, l'avrebbe condotta tra le braccia di Morfeo. Ero incantata a quella vista che, se fosse possibile, mi stava facendo innamorare ancora di più della mora. Mi spostai, cercando di fare più silenzio possibile, per poi posizionarmi dietro Sabrina, cingendole la vita con le mie braccia e facendole posare la schiena contro il mio petto. I nostri corpi si muovevano piano, cullando contemporaneamente l'altra e la bambina. Intorno a noi il silenzio assoluto interrotto solo dai piccoli sospiri di Maura, mentre il sole calava lasciando la stanza in una semioscurità. Restammo in quella posizione per un tempo indefinito, beandoci entrambe di quel momento di pace. Pace che però venne interrotta da piccoli vagiti, che reclamavano attenzioni e latte. Ci destammo entrambe dal nostro momento di trance ed io corsi a prendere, e poi riscaldare, uno dei biberon che Gerry ci aveva lasciato. Feci ritorno in camera tutta trionfante, avendo tra le mani la soluzione ai quei pianti di fame che Sabrina, seduta sul letto con la bimba in grembo, cercava inutilmente di calmare. Porsi alla mora il biberon, mentre lei spostava Maura in una posizione più comoda. I vagiti della bambina si interruppero solo quando cominciò la sua trance di suzione, mentre le sue manine giocavano con la collana della donna che la teneva in braccio e che ora le stava dando da mangiare. Il mio sguardo si perse, vagando tra il viso paffuto e l'espressione di gioia di Sabrina. Non avevo mai visto la romana interagire con un bambino, ma ora era come se non potessi più farne a meno. I suoi capelli mossi ricadevano per metà sulla schiena e per metà sul seno, coperto da una camicetta azzurra dal tessuto sottile. Il viso era contornato dai suoi soliti occhiali dalla montatura fine, ed un sorriso le illuminava il volto. Sapevo bene che Sabrina non aveva mai avuto figli per scelta, e sapevo bene che nel momento in cui si era convinta e aveva optato per l'adozione, questa non era andata a buon fine. Mi ricordo ancora il suo sorriso speranzoso quando mi aveva chiesto una mano con le pratiche, e il suo pianto di dolore quando la sua richiesta era stata nuovamente rifiutata. Ma lei non si era mai persa d'animo e, non potendo dare amore ad un figlio, aveva scelto di donarlo a chiunque facesse parte della sua vita. E Sabrina era così, affettuosa, gentile e affettiva con chiunque incontrasse, e le stesse simpatico. Il flusso dei miei pensieri, venne interrotto dalla voce della mora che, in un modo così tenero, parlava con la piccola Maura.
"Sei sazia eh, ci credo" disse lei, con una vocina stridula che però non risultava irritante. Mi voltai nella loro direzione, vedendo Sabrina che si era poggiata la bambina su una spalla e aveva preso a darle dei piccoli colpetti sulla schiena. Mi affrettai per aiutarla prendendole dalle mani il biberon e tendendo quella libera nella sua direzione, in modo che le facesse da supporto per potersi alzare dal grande letto. Ci dirigemmo entrambe verso il salotto, mano nella mano. Il nostro idillio venne introdotto però dal suono del citofono. Affrettai il mio passo lasciando la mano di Sabrina, e mi protesi a rispondere al citofono accertandomi della figura dall'altra capo. Premetti il secondo bottone, in modo da consentire l'apertura del portone e mi appoggiai allo stipite della porta.
La figura di Gerry si stanagliò nel piccolo ascensore, mente a grandi falcate chiudeva la distanza tra le porte dell'ascensore e l'ingresso di casa nostra.
"Ciao Gerry" lo salutai io, alzandomi sulle punte dei piedi in modo da avvolgerlo nel mio gracile abbraccio. Lui mi saluto con un mugolio, mentre lo facevo accomodare all'interno.
"Spero che la piccola Maura non vi abbia dato troppo fastidio" chiese l'uomo dai capelli bianchi, mentre attraversava l'entrata di casa per dirigersi verso il salotto. Sabrina se ne stava seduta sul divano di velluto grigio, con la bambina accoccolata sul petto che giocava con il suo colletto e talvolta le sua piccole manine paffute scendevo a toccarle il seno. Sorrisi alla vista della donna che amavo mentre stringeva quel fagotto rosa, con gli occhi tristi di chi deve separarsene.
"Ciao Gerry, nessun disturbo" disse piano lei, mentre si alzava dal divano per salutare l'amico di vecchia data.
"Menomale, mi dispiace avervi scomodate ma siete state una salvezza" disse Gerry mentre si allungava sulla gracile figura della mora per riprendersi la bambina, che però non ne voleva sapere di staccarsi dal petto di Sabrina. Quell'innocuo gesto causò, nella grande stanza, un ilarità collettiva seguita dai teneri gemiti di Maura. La mora coccolava la bambina che, molto lentamente, aveva alzato il capo studiando l'alta di figura di quello che, non ancora del tutto capace, riconosceva come suo nonno. Dopo aver attentamente valutato la situazione la piccola Maura cominciò a gemere e ad emettere dei piccoli gridolini, battendo tra loro le manine cosicché potesse attirare su di sé l'attenzione dei presenti.
"Che dici nanerottola andiamo? Su che la mamma ci aspetta" disse Gerry mimando una delle sue solite voci bizzarre, allungando nuovamente le mani verso la bambina che questa volta si lanciò verso di lui, in un goffo tentativo di un tuffo.
"Ciao piccolina" dissi io, mentre stringevo uno dei miei bracci sulle spalle della mora, che chiaramente non avrebbe voluto lasciar andare la bambina.
"Senti Gerry, qualsiasi altra volta ti serva una mano con Maura non esitare a chiamarci" disse flebile Sabrina, mentre guardava con occhi dolci e sconsolati quella bambina, che lei mai aveva potuto avere.
"Certo Sabri, quando volete" disse sorridendo lui, mentre rimetteva la bimba nel passeggino e si allungava a raccogliere tutte le sue cose in giro per la stanza. Gli feci strada verso l'ingresso ed apri la porta, non prima di averlo nuovamente salutato mentre lui cercava ancora una volta di ringraziarmi.
"Ci vediamo Gerry, è stato un piacere" dissi io, attendendo sullo stipite della porta che l'ascensore arrivasse al piano, mentre Sabrina se ne stava qualche passo dietro di me e sventolava la sua mano a mo' di saluto.
"Ciao ragazze" mimo lui imitando la vocina, per ora inesistente, della piccola mentre le prese il piccolo polso tra le mani e lo mosse a destra e sinistra, simulando un saluto. Le porte dell'ascensore si aprirono, e le due figure scomparvero all'improvviso. Mi voltai per tornare dentro e vidi una lacrima solcare la guancia di Sabrina così, muovendo le mie mani che erano ferme lungo i fianchi, gliele asciugai lasciando che le mie dita vagassero sui suoi zigomi. Ci incamminammo di nuovo sul divano, entrambe sentivamo come un vuoto dentro, come se quella piccola creatura si fosse portata con sé un pezzettino di noi.
"Tutto ok Bri?" le chiesi io piano, mentre entrambe ce ne stavamo abbracciate nel mezzo del salotto, avvinghiate come calamite. Rispose con un breve cenno del capo, mentre mi stringeva forte a sé.
"Avrei voluto un figlio con te" sussurrò dopo qualche istante, mentre io mi staccai leggermente da quell'abbraccio in modo da guardarla in faccia.
"Anche io" le risposi, catturando le sua labbra in un bacio dolce, che sapeva di amore e mancanze, che le donava tutto ciò che avevamo e ciò che mai avremmo potuto avere.
"Te lo immagini, un piccolo nano biondo come te ma col carattere mio" disse sogghignando poi, mentre nella mia mente si fece spazio l'idea di un bambino. Mi immaginavo Sabrina gira per casa con il ventre rigonfio e seno pieno di latte, mentre una vita cresceva dentro di lei. Lei che già di suo illuminava ogni stanza alla sua entrata, incinta avrebbe potuto illuminare il mondo. Ci immaginavo a fantasticare, in attesa che quella vita fosse pronta a nascere. Mi persi nei miei pensieri, sognando le prime ecografie o la scelta del nome. E poi immaginavo il nostro bambino, immaginando come sarebbe stato essere in tre, o anche di più, invece che solo noi due. Chissà come sarebbe stato, e cosa avrebbe comportato tutto quello. La voce di Sabrina mi destò dai miei pensieri.
"Avrei voluto un maschio sai" disse lei, mentre appoggiava la testa sulla mia spalla, i nostri corpi ancora avvinghiati. "Sarebbe piaciuto tanto anche a me, Amore" le risposi io felice di averla lì con me, mentre la mia testa vagava in mondo lontani pensando a tutto quello che avremmo potuto avere.
Rimanemmo così per un tempo indefinito, e con un desiderio che mai si sarebbe potuto avverare.Spero vi piaccia, è molto fluff come storia e non è mio intento andare contro qualsiasi tipo di scelta o situazione.
Buon anno a tutti, fatemi sapere i vostri pareri.
vostra, Lady <333
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Dietro le quinte
FanfictionOne shot sulle deferilli. Che cosa succede dietro le quinte, quando Maria e Sabrina si spogliano dei loro personaggi?