Prologo

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Tutto inizia nel buio.
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"Ma poi c'è sempre la notte. Anche il giorno c'è. Ma la notte c'è di più. Il giorno separa le cose con la luce e le parole, la notte le unisce nel silenzio."
Fabrizio Caramagna

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Ci sono notti che sanno di stelle.
Quel dolce buio notturno si mette il mondo in tasca, avviluppandolo tra le proprie braccia con fare materno per cullarlo con la ninna nanna del sibilo del vento.

Oh, queste notti sono intessute di sogni e fantasie proibite.

Tutto appare possibile quando dinnanzi agli occhi si aprono le tenebre vestite solo del loro mantello di astri e nuvole.
Lo sguardo si perde nel conforto di quell'immobile oscurità, si spinge con forza verso il cielo e brama le stelle che lo infestano in ogni suo angolo, rifulgendo di un fiero bagliore argenteo.
E quell'immensa distesa celeste non sembra essere mai stata più vicina perché pare di poterla sfiorare, affondando i polpastrelli tra il nero pece delle sue pieghe, unendo con la punta delle dita quei timidi puntini di luce e plasmare così costellazioni insolite e preziose.

Ci sono notti per scoprirsi e notti fatte per smarrirsi.
E quella notte fu una di queste.

Perché quella notte il vento non cantava come una sinuosa sirena incantatrice, ma ululava come un vecchio lupo straziato dal dolore.
Il suo soffio freddo prendeva a pugni le ossa, faceva tremare i denti assieme al terrore ed era presagio di sciagura, di destini pronti a spezzarsi e fiamme in procinto di ardere.

Il fumo si librava nell'aria notturna in corpose volute grigiastre, infestava i pensieri e scorticava i polmoni.
La fuliggine volteggiava indisturbata, pizzicava la pelle e solleticava le narici rendendo ogni respiro tossico e doloroso.

Ogni cosa sembrava essere avvolta in un bozzolo di nebbia e vuoto.

Tutto taceva eccetto quel vento sfacciato e perfino le stelle sembravano essersi spente dinnanzi all'orrore che si stava consumando al loro cospetto.

Mani si cercavano con urgenza, carne si stringeva nella carne e sangue si avvicinava al sangue.

Perché cuori ancora battevano furiosi, superstiti dannati a quel caos di polvere e pulviscolo.

E lì, sotto lo scorrere impetuoso delle lacrime e il crepitio incessante della distruzione, non c'era posto per le stelle o per i sogni.
Quella era la notte delle maledizioni, degli incubi, di urla rimaste incagliate sul fondo della gola.

E lo sarebbe stata per ancora molto tempo.

Perché un sipario di notte perpetua sarebbe calato su quel cielo nefasto e l'ultimo atto di quel subdolo spettacolo si sarebbe consumato sotto ai loro occhi smarriti.

Che il buio abbia inizio...

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