Capitolo 7 - Tra le onde del Mare - 2°parte

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Nel bel mezzo delle fredde acque dell'Oceano Boreale, si stagliava un'imponente isola vulcanica, il cui grande cono fumante fu avvistato dalla giovane figlia del capitano di vedetta, dopo aver passato parecchi giorni dispersi tra le fitte nebbie del nord. Thoromir, controllando scrupolosamente le indicazioni su quel lembo di stoffa colorato dal sangue bluastro degli Spaccaossa, sentenziò che quello era il luogo segnato dalla mappa.

La costa era rocciosa e frastagliata; bisognava fare attenzione avvicinandosi con cautela, cercando di non urtare gli scogli. Da vicino, quell'ammasso di pietra in mezzo al nulla sembrava fosse completamente disabitato. Il ghiaccio la faceva da padrone, coprendo la maggior parte del territorio, fino quasi sulla cima del vulcano, che ne era priva a causa del calore prodotto dall'attività geologica.

Girando intorno all'isola, trovarono finalmente un punto adatto per sbarcare, all'interno di un fiordo. Legarono l'imbarcazione e accesero un fuoco per accamparsi. Era da parecchio che si trovavano in mare e quella notte avrebbero finalmente riposato sulla terraferma. Elektra si preparò per un veloce giro di ricognizione, sorvolando la zona in cerca di possibili segni di vita o pericoli in agguato. Dopo qualche minuto la videro tornare urlando, inseguita da due Viverne dei Ghiacci.

Questo tipico rappresentante della fauna polare era un drago bipede con ali membranose e uncinate al posto degli arti superiori, collo e coda serpentiformi, una cresta colorata di blu sulla testa e fauci allungate, piene di denti affilati. Il corpo, poco più grande di quello di un Dragone, veniva sorretto in volo da un'apertura alare impressionante. Era abituato a fare il nido sulle cime più impervie, aggrappandosi alla roccia con i poderosi artigli, prediligeva una dieta a base di pesce ma non disdegnava altre prede quando gliene capitava l'occasione.

La ragazza, con le due belve alle calcagna, si precipitò in picchiata verso l'accampamento, sfrecciando a tutta velocità sulle teste dei pirati. Dankan inveì verso i suoi compagni, che erano rimasti immobili a guardare, urlando:

«Che state aspettando? Afferrate un arpione e preparatevi ad abbattere quelle bestiacce!»

La mezzosangue prese nuovamente quota, poi si esibì in una virata da brividi per poter fare un secondo passaggio in cerca di aiuto. Il mezzo Gorgone sentì il cuore in gola, preoccupandosi per la sorte della giovane. Quando i volatili furono a tiro, una miriade di fiocine gli si scagliò contro, infilzandoli come fossero dei puntaspilli.

Quindi Thoromir, con risolutezza, si avvicinò imbracciando la sua arma mentre ancora rantolavano a terra e con decisione li trafisse alla testa, mettendo fine alle loro esistenze, per poi rallegrarsi con la ciurma, esclamando:

«Stasera avremo carne fresca per cena!»

Elektra, vedendo che non era più inseguita, ritornò verso l'accampamento, stremata e impaurita. Ma proprio mentre stava per atterrare, si sentì mancare le forze, capitolando a terra. Fortunatamente Dankan, che la stava tenendo d'occhio, riuscì ad afferrarla al volo, per poi dirle:

«Non farmi mai più uno scherzo del genere!»

La giovane, sentendosi al sicuro tra quelle forti braccia, ribatté scherzosamente:

«Beh, allora un po' ci tieni a me?»

Il gladiatore, sorridendo, affermò:

«Lo sai benissimo quanto ci tengo... E a propositodi questo, stasera voglio parlarti!»

Il mezzo Gorgone la poggiò a terra, assicurandosi che riuscisse a reggersi in piedi, mentre il capitano si avvicinava cercando di capire cosa stesse accadendo. Con il suo solito fare un po' brusco, chiese:

«Tutto bene qua?»

La ragazza, un po' in imbarazzo, rispose:

«Niente padre, tutto a posto... Stavo per cadere, ma questo marinaio mi ha presa. Piuttosto, volevo dirti che i due mostri alati sono sbucati fuori da una grotta nella montagna. Forse è lì che si nasconde quello che stiamo cercando...»

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