Capitolo 9 - La resa dei Conti - 1°parte

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Planando sulle correnti ascensionali dalla cima della catena dei monti Titani, Dankan in groppa a una splendida Viverna dei Ghiacci volò lontano, e mentre albeggiava, lo spettacolo della natura sotto di lui riempì i suoi occhi di meraviglia. Nulla può dare un senso di libertà simile al volo: vedere dall'alto tutti quei paesaggi dà l'impressione di poter arrivare ovunque, e ogni cosa vista da quella prospettiva sembra più piccola e facile da gestire.

Le Foreste Settentrionali si espandevano a perdita d'occhio, e il fiume Coxito con tutti i suoi affluenti le attraversava, ingrossandosi fino a raggiungere l'incandescente magma del Flageton, dando così vita alla palude Stigix. Un luogo impressionante, come il mezzo Gorgone non ne aveva mai visti prima; le descrizioni che aveva sentito non rendevano giustizia a quello spettacolo, dove le forze primordiali si scontravano furiosamente, creando qualcosa di unico.

Subito dietro si stagliava il grande cono vulcanico, dentro cui si nascondeva la città di Hardes. Dankan, vedendolo, capì che all'interno di quella montagna avrebbe potuto riappropriarsi di quel destino che era finalmente pronto a compiere. L'entrata laterale era presidiata, e senza il suo amico Vellerux, non lo avrebbero lasciato passare tanto facilmente. Così decise di guidare l'animale che stava cavalcando sulla cima, dove avrebbe dato meno nell'occhio.

Gli anni passati come schiavo, a prendersi cura delle infrastrutture cittadine, in quel momento gli tornarono utili. Come a Dmonia, la bocca del vulcano spento veniva usata per il ricambio d'aria della città e non era protetta dalle intrusioni. Dopo aver liberato la Viverna, si calò lungo il camino, da cui un tempo fuoriusciva la lava, aggrappandosi con i poderosi artigli fino a raggiungere la struttura metallica che sosteneva il soffitto a volta della cavità in cui si trovava Hardes.

Facendo molta attenzione e restando nell'ombra, riuscì a utilizzare le travi di sostegno per scendere fino al centro abitato senza che nessuno si accorgesse della sua presenza, portando con sé l'arma che Thoromir gli aveva consegnato, legata sulla schiena. Si liberò delle pelli che aveva addosso, che lo avevano protetto dal freddo durante la sua permanenza a Zefyron, usandole per avvolgere il tridente, in modo da non attirare troppo l'attenzione dei passanti.

Poi, mescolandosi alla folla, si diresse alla prima taverna. La sacca che teneva sempre legata alla vita, conteneva ancora qualche moneta del tesoro dell'isola di Thulek, che aveva spartito con gli altri pirati. Pagò una camera dove avrebbe potuto riposare fintanto che non avesse ripreso completamente le forze e non avesse capito come muoversi in quel luogo ancora sconosciuto, che gli ricordava tanto gli anni passati con i Figli della Fiamma.

La prima cosa a cui pensò, dopo essersi sistemato, fu di riempirsi la pancia. Il menù della bettola prevedeva, oltre alla carne di Dragone, alcune pietanze a base di animali uccisi nell'arena, non particolarmente a buon mercato. Dankan, vista la sua avversione a nutrirsi dei suoi simili, optò per una gustosa bistecca di Tricerato alla brace, insaporita con erbe aromatiche e accompagnata da un buon boccale del loro miglior Speziale.

Mentre gustava quell'ottimo cibo, avvertì la sensazione che qualcuno lo stesse osservando a debita distanza. In quel momento una giovane Gorgone si avvicinò al suo tavolo per sedersi su una sedia libera davanti a lui, aveva lo sguardo furbo e tanta voglia di divertirsi. Mostrandosi interessata, domandò:

«Ehi straniero, che fai da queste parti?»

Il gladiatore, intento a masticare, mandò giù il boccone e rispose:

«Ho degli affari in ballo con un tizio che abita da questa parti...»

La ragazza lo guardò perplessa e poi aggiunse:

«Interessante... stavo pensando che se hai qualche moneta da spendere, potremmo divertirci insieme questa notte?»

Il mezzo Gorgone sorrise e, con un po' di rammarico, confessò:

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