Capitolo 9 - La resa dei Conti - 2°parte

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Il teschio di Kassian era ancora lì, sul portone della capitale dell'Averno, un monito per il gladiatore, a ricordargli la promessa che in cuor suo aveva fatto: vendicare la morte del padre. Finalmente, dopo tanti anni, la resa dei conti era vicina. Il cuore gli si stringeva man mano che si addentrava nei meandri di quella voragine, dove nasceva la straordinaria città dei Demoni, chiedendosi se avrebbe mai più rivisto la luce del sole.

Luoghi a lui familiari scatenarono un turbinio di ricordi e un senso di malinconia presto si impossessò della sua mente, finché non raggiunse la dimora di Agamon e il pensiero di ritrovare il suo primo amore per un attimo lo sfiorò. Poi si ricordò di aver preso l'identità di Demorgon e che per tutti Dankan era morto durante la traversata dell'oceano. Anche se avesse incontrato Vissia, rivelarle la verità l'avrebbe solo messa in pericolo.

Pur non potendo svelare la sua identità, nulla gli avrebbe però impedito di scoprire che fine avesse fatto la Gorgone. Così cominciò a indagare con discrezione e, non fidandosi del padrone di casa, iniziò a chiedere alla servitù notizie a riguardo. In pochi erano gli schiavi rimasti dai tempi in cui lui si trovava alla villa, e da quei pochi riuscì a stabilire che dopo l'emancipazione la ragazza si era allontanata di lì per andare a stare presso un amico.

L'unico che l'avrebbe potuta ospitare era senza dubbio Tseran. A quel punto il mezzo Gorgone dovette interrompere le sue ricerche, confidando che l'amico avrebbe certamente avuto cura di lei, senza contare che un evento straordinario si sarebbe tenuto a breve per festeggiare il ritorno del campione nella sua città. L'imperatore non badò a spese per l'organizzazione, e Agamon fu ben felice di prodigarsi per allestire il tutto. Quando arrivò il giorno, ogni abitante di Dmonia si affacciò dal proprio girone per assistere.

Xartan, dalla sua dimora piramidale al centro dell'arena, attendeva impaziente l'arrivo di Demorgon. Per lui fu quasi come osservare sé stesso da fuori. L'entrata trionfale del gladiatore lo riportò indietro all'epoca in cui era lui a esibirsi. Pur disprezzando quel periodo in cui aveva dovuto vestire i panni di uno schiavo, umiliandosi a discapito delle sue nobili origini, conservava qualche bel ricordo. Ma ora l'importante era mettere a tacere tutti i pettegolezzi.

Venne distribuito del cibo a tutti gli spettatori e, dopo i saluti di rito, dove la folla esplose letteralmente alla vista del gladiatore mascherato in un boato che fece tremare l'intera città, Dankan si ricordò di come non ci fosse un altro posto al mondo dove un lottatore poteva sentirsi così esaltato. I combattenti ingaggiati per l'evento erano tantissimi, seguiti da belve di ogni specie e un numero esagerato di condannati a morte.

Demorgon combatté in svariati eventi, cercando, secondo i suoi nuovi principi morali, di non uccidere nessun avversario. Partecipò a una caccia dove si trovò ad affrontare un gigantesco Titanosar, che riuscì ad abbattere solo grazie a un buon lavoro di squadra. Impugnando il suo fantastico tridente, arma che non era in dotazione all'esercito dell'Incubo e che era mal vista da nobili e militari, riscosse invece un forte apprezzamento da parte del popolo.

Per l'evento principale, infine, avrebbe affrontato un campione di nome Brutux, un Demone cacciato dall'esercito per la sua mancanza di disciplina, che dopo essere finito in schiavitù a causa dei troppi debiti accumulati, aveva intrapreso la carriera di gladiatore. Prima dell'incontro, si ritrovarono sotto gli spalti e quando Dankan lo vide in faccia, si ricordò di averci già avuto a che fare in passato. Era il guerriero che Vissia aveva accecato nella grotta e che poi aveva tentato di stuprarla la notte dell'attacco a Kmora.

Il mezzo Gorgone, riconoscendolo, sentì il sangue salirgli alla testa ripensando a ciò che aveva cercato di fare alla giovane apprendista Sciamana e faticò a trattenersi dal saltargli addosso ancor prima di scendere nell'arena. Quando era solo un ragazzino, non aveva potuto fare nulla contro quel mostro, ma adesso era tutta un'altra storia. La sorte aveva voluto concedergli una possibilità di rivincita, così con una certa soddisfazione gli si avvicinò dicendo:

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