Prologo

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Stiles quella mattina era particolarmente pensieroso e, come tutte le volte che i pensieri si facevano assordanti, si dedicò alla pulizia della casa, in attesa del suo momento preferito del sabato sera, quando si recava nella lavanderia a gettoni del suo quartiere per fare il bucato.

Lui viveva solo nel suo appartamento da ormai due anni, da quando si era iscritto all'accademia per diventare un agente dell'FBI, lasciando suo padre e tutti i suoi affetti nella grigia Beacon Hills. L'autonomia, però, l'aveva acquisita già all'età di otto anni, in seguito alla morte della sua mamma. Stiles si era ritrovato a fare i conti con il dolore di una perdita, un padre che per superare il vuoto si era rifugiato nell'alcol e una casa che trasudava disperazione, completamente trascurata e priva di cure, proprio come coloro che vi abitavano. L'allora bambino, in seguito ai commenti derisori dei suoi compagni, proprio a causa del suo aspetto trasandato, aveva iniziato a sistemare piccoli ambienti di quella che non riconosceva più come casa sua, ma che era diventata il fantasma di un luogo in cui erano stati felici.

A poco a poco, il piccolo Stiles aveva iniziato a prendersi cura non solo della sua stanza, ma dell'intera casa, aveva studiato come cucinare tutti i loro piatti preferiti e aveva aiutato suo padre a superare i suoi problemi con l'alcolismo. Fare il bucato, però, si era rivelato più complicato del previsto. Non perché il piccolo Stiles non ne fosse in grado, piuttosto perché quella era un'attività che svolgeva sempre in compagnia della sua amata mamma. A causa della sua iperattività, Claudia aveva insegnato al suo bambino ad incanalare il nervosismo nelle azioni e, l'azione di ruotare tutti i vesti, rendeva il ragazzino calmo e sereno, mentre dalla sua bocca uscivano discorsi sconnessi e senza fine. Claudia amava ascoltare Stiles e al bambino piaceva raccontare gli avvenimenti della giornata, le piccole discussioni che sovente coinvolgevano anche Scott, il suo migliore amico, e i rifiuti di una certa bambina dai capelli rossi che si divertiva ad ignorarlo.

Ora, però, Stiles quel bucato lo faceva da solo ed in silenzio, con il cuore stretto in una morsa nostalgica e i pensieri che si agitavano liberi nella sua mente. Nonostante questo, però, il movimento ritmico degli abiti attraverso l'oblò aveva un qualcosa di rassicurante e, a volte, immaginava sua madre seduta accanto a lui e si concedeva di piangere, mentre nella sua mente le raccontava i momenti salienti della sua giornata.

Stiles era sempre stato un ragazzo dal cuore tenero e un naturale fiuto per il crimine, in fondo suo padre era lo sceriffo e, diventare un agente dell'FBI era stata una scelta di cuore e naturale, come se fosse nato solo per quello. Dopo la sua perdita, il ragazzo si era concentrato solo sul benessere di suo padre e sul suo futuro, deciso a raggiungere il suo obiettivo. Aveva lasciato quella casa piena di ricordi quasi sollevato, desideroso di allontanarsi dalle mura che avevano ancora impresso il profumo di sua madre, o dalle piastrelle tra cui si era incrostata una macchia d'olio di quando, a cinque anni, aveva provato a cucinare le uova strapazzate per suo padre assieme alla donna.

Quando, però, si programma la vita momento per momento, non sempre si tiene in considerazione la variante imprevisto e Stiles non l'aveva minimamente considerata.

Lui che aveva completamente chiuso il suo cuore all'amore, lui che detestava l'idea di affezionarsi a qualcuno per non perderlo nuovamente, non aveva considerato il fatto che il cuore non lo si può comandare e che gli eventi, per quanto si voglia ostacolarli, spesso accadono e non si può fare nulla per impedirne le conseguenze. 

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