Capitolo 10: La nostra eredità

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La mattina del 17 dicembre la scuola era un tripudio di emozioni, decorazioni e desideri. La trepidazione sprizzava da ogni parte, fra i muri di pietra dell'Abbazia, tra le colonne del Tempio e lungo i corridoi del Palazzo Eterno.

Tutti erano emozionati, tutti erano carichi di aspettative e tutta la scuola, tutto il mondo magico italiano, era in festa. I Saturnalia erano finalmente arrivati.

Su Aeternam era sceso l'incantesimo del tempo e del clima che rendeva l'aria mite e tiepida, facendo tirare fuori agli studenti le divise più leggere, le camicie a mezze maniche e i vestiti di cotone.

Quella mattina, proprio con indosso una delle sue magliette a mezze maniche con lo stemma dei Duellanti di Delo, su cui era appuntata la spilla da R.A.N.A., Bartolo aveva raggiunto il Palazzo Eterno e si aggirava fra i corridoi, cercando qualcuno a cui chiedere un'informazione molto specifica.

Nei pressi della Videosala incontrò Sveva di Sangro, la sua collega Rappresentante.

«Sveva! Ciao, posso chiederti una cosa?»

Lei alzò lo sguardo dal libro che teneva in mano: «Ciao Bartolo, dimmi pure»

«Dove posso trovare Armance Avori?» chiese lui.

Lei non sembrò entusiasta di quella richiesta: «Credo che lo troverai in camera sua, non c'era stamattina a mensa»

Bartolo sperava in una risposta diversa, sapeva che erano i Saturnalia e poteva liberamente entrare in un dormitorio che non fosse il suo, ma si sentiva comunque a disagio a farlo, soprattutto, si sentiva a disagio a dover bussare alla porta di qualcuno che di fatto non conosceva per chiedere, anzi pretendere, informazioni.

«Grazie» disse debolmente, poi decise di prendere coraggio e incamminarsi verso i dormitori degli Incantatori.

Abituato alla semplicità spartana del Porticum, Bartolo era stupito dalla bellezza barocca degli appartamenti del Palazzo Eterno. Perché di fatto, le stanze erano piccoli appartamenti e i corridoi erano riccamente decorati da oro zecchino, stucchi, affreschi, lavorazioni in legni pregiati e tappeti, tende damascate e meravigliosi candelabri incantati.

Bartolo salì fino al corridoio del quinto e sesto anno e guardò la piccola mappa incorniciata sul muro accanto alla porta di ingresso.

Lesse attentamente fino a trovare il numero della stanza di Armance e Altea.

Sperò con tutto se stesso che Armance fosse solo.

Arrivò davanti la porta con il numero corrispondente e inspirò a fondo, poi bussò.

Per un po' non rispose nessuno. Bartolo bussò di nuovo, con più intenzione, chiedendosi se Armance non fosse magari nel Salotto o in una della altre, molte, labirintiche stanze del Palazzo Eterno.

La porta si aprì.

Bartolo alzò lo sguardo su Armance, di diversi centimetri più alto di lui, che lo guardava perplesso.

«Ciao Armance» disse semplicemente.

«Ciao»

Bartolo si guardò attorno poi fece un cenno verso la stanza: «Sei solo?»

«Sì» ripose ancora più confuso Armance.

«Posso parlarti un attimo?»

Armance esitò, non capiva il perché di quella visita, poi si fece da parte e lasciò spazio a Bartolo per passare: «Vieni»

Lui entrò, guardandosi attorno meravigliato. Di certo le stanze del Tempio non erano così ricche e decorate.

«Allora?» chiese brusco Armance chiudendo la porta.

Aeternam III: Un  Nuovo InizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora