2장: Manobal Lisa

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Indossavo una semplice maglietta bianca che mi copriva parte del sedere e mi cadeva larga sul corpo, avevo una sigaretta in bocca e guardavo l'acqua scendere dalle nuvole nere. Ero silenziosa, non mi piaceva fare rumore quando c'era qualcuno con me nella stanza; ma di solito, quando ero sola, non amavo dare nell'occhio.

Allungai la mano per toccare la pioggia quando un tuono squarciò il cielo cupo e la ritrassi sospirando, osservai con la fronte corrucciata quel cielo così violento nei miei confronti sembrava come se mi volesse rinnegare. La pioggia era sempre qualcosa di romantico, o almeno così gli altri pensavano, ma per me significava semplicemente acqua che scendeva dal cielo quando il mondo era incazzato con noi umani. Perché eravamo stupidi e avevamo trattato male la terra, che nonostante la sua ribellione continuavamo a trattarla in quel modo così orrendo; o perché era successo qualcosa di ingiusto a quella persona che l'universo riteneva buona, ma il mondo, il destino, non era mai buono con noi umani. Non aveva torto ad essere incazzato con noi, con me. Io non ero ingiusta ad essere incazzata con tutte le persone, le stupide persone che fingevano di essere felici e gentili; mentire su come effettivamente la loro vita era, solo per far credere agli altri di essere gioiosi per quello che la vita aveva riservato a loro. No, nessuno viveva una vita davvero felice. Tutti eravamo soli, arrabbiati contro quel pianeta e quelle persone false. A nessuno importava dell'altro e chi lo mostrava veniva chiamata: troia o puttana. Non esisteva la pura bontà, quella che i cartoni e i film per bambini avevano sempre voluto insegnarci. Era un utopia. Non era così che funzionava il mondo e solo crescendo si aveva quell'impatto così forte che ti faceva cadere le braccia.

Sospirai afferrando la sigaretta tra le mani e sentii due mani calde che si poggiavano sui miei glutei. Mi voltai sorridendo al ragazzo biondo con il quale ero stata a letto poco prima. Già non ricordavo il suo nome, ma per me non era un vero problema essendo che ne portavo uno diverso al giorno. Aveva i capelli scompigliati, sapevo che quella era colpa mia essendo che avevo amato infilare le mie mani in quei ricci mentre lo cavalcavo, e quando gli offrii la sigaretta, lui allungò il volto e poi le sue labbra mi toccarono l'interno delle dita. Tirò e poi gliela tolsi, lui cacciò il fumo sorridendomi.

«Tu fumi sempre una sigaretta dopo il sesso?»

«Mh!» Dissi guardando il cielo, odiavo come alcuni ragazzi dopo volevano avere una relazione. «Meglio che torni a casa, stanno venendo i miei e non voglio di certo presentarti la mia famiglia. E poi era solo per una volta, per provare come era.» Il ragazzo si allontanò da me e mi guardò in cagnesco.

«Sei una puttana.» Mi disse, ma alzai le spalle senza farmi colpire da quelle parole che mi erano state rivolte fin troppe volte.

Mi misi a guardarlo per qualche secondo e poi affermai:
«Poi lo fate voi maschi e siete gli idoli di tutti. Ma fammi un favore, il tuo amico è un puttaniere non migliore di me. Quindi chiudi quel cesso di bocca e vattene subito!» Sbottai e mi voltai verso il cielo, non avevo voglia di vederlo borbottare e uscire incazzato; come se lui avesse ragione ed io torto.
Quello era un gioco, quel tipo di gioco dove importava solo il piacere e non una relazione. Avvicinai la bocca al filtro tirando e poi cacciai via il fumo, mentre lui sbatteva la porta della casa.

Alzai le spalle ormai abituata a quella situazione; non mi colpivano le reazioni che avevano quei ragazzi perché a me non importava di cosa pensavano di me. Non dovevo dare conto a nessuno, a nessun uomo che pensava di potersi prendere gioco di me.

Meglio mettersi qualcosa di più adatto.

Mi voltai lanciando la sigaretta dalla finestra ed entrai nella stanza, infilai l'intimo e indossai delle calze nere con un pantaloncino grigio largo. Infilai le scarpe chiuse e iniziai a rifare il letto. Osservai quel luogo, iniziando a sistemarlo, pensando a quanto fosse cupo, tutto basato sulle tonalità del nero e il grigio. Afferrai il cestino della spazzatura e buttai tutto in un'altra busta che poi avrei buttato il giorno seguente. Non doveva essere nessuna traccia di quello che avevo fatto, anche perché nella casa c'era il tabù. O meglio, mia madre non ne voleva sentire parlare sennò avrei iniziato una conversazione su come mi comportavo da irresponsabile.
Mi alzai dritta e mi sistemai i capelli mori e lisci in un chignon disordinato. Afferrai il pacchetto delle sigarette e le infilai nello zaino. Nessuno lo controllava, cosa che non mi sorprendeva conoscendo mia madre che non si interessava di noi, e poi potevo fumare tranquillamente a scuola.

Not love || LisooDove le storie prendono vita. Scoprilo ora