One

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Avere una vita perfetta non basta. Avere tutto e non accontentarsi mai non va bene affatto.

Ho vissuto nel lusso per circa due anni, e proprio quando l'agenzia per cui lavoravo è caduta, io l'ho fatto insieme a loro.

La mia vita si è sgretolata, insieme a tutti i miei sogni e al desiderio di crescere con una vita stabile e non altalenante.

È proprio questo il motivo per cui mi sono ritrovata a fare domanda per qualsiasi posto di lavoro a me accessibile.

È anche il motivo per cui l'unico per cui sono stata presa è quello da manager, l'ultimo delle mie basse aspettative.

Ieri sera mi sono informata per bene sulla band, e non sono riuscita ad etichettarli in nessun genere di musica, come non è riuscito neanche google.

Metto i jeans marroni larghi che ho lasciato sulla sedia la sera prima, insieme alla cintura dello stesso colore del pantalone; completo tutto con un maglione a righe dai colori puramente autunnali e caldi.

Vado verso il bagno sciacquandomi la faccia e lavandomi i denti.
Inizio a truccarmi con un po' di correttore, mascara, blush e la mia amata lip combo.

Metto le converse marrone scuro. Prendo il telefono, lo metto in tasca, e inizio a scendere.

Prendo il taxi e resto in silenzio fin quando non arrivo fuori al seminterrato dove fanno di solito le prove.

Guardo il panorama fuori dal finestrino notandolo molto più interessante di quanto mi aspettassi stamattina.

«Scende?» chiede il tassista quasi spazientito come se stesse qui fermo da ore.
Cerco di non mostrarmi irritata lasciando i soldi al tassista ringraziandolo.

Appena busso davanti a quella specie di "bunker" davanti a me si palesa un ragazzo dai capelli rosa.

«Hey, tu devi essere Selene!» esclama porgendoli la mano «io sono Piccolo.» si presenta.
«Piacere.» dico solo.

Appena entro gli occhi di altri 5 ragazzi sono puntati su di me.
«Ciao.» dico in palese imbarazzo.

I ragazzi iniziano a presentarsi e riesco ad associare alle loro facce dei nomi.
Faster è il ragazzo con i capelli neri, Erin quello con la pelata bionda, Piccolo quello con i capelli rosa, Jxn il riccio moro, Fares quello biondo e Caph quello con gli occhi blu e i capelli platino.

Caph ha un fascino particolare, sembra completamente distaccato dalla conversazione e guarda solo me da quando sono entrata. Sono riuscita a notare quasi subito gli occhi chiari che porta, quasi folgoranti.

«Hai mai fatto un lavoro del genere prima?» chiede Faster mentre mi invita a sedersi di fronte a loro.

Accavallo le gambe.
«No, in realtà prima facevo la modella, ma penso di esserne capace.» dico rapida.
«Sotto quale aspetto ti reputi capace?» continua il moro.
Faccio spallucce «Imparo in fretta.» esclamo.

«Facevi la modella? Per quale motivo ti sei ritrovata da una delle band più scagate d'Italia?» Piccola non ha peli sulla lingua.

«Purtroppo l'azienda per cui lavoravo è caduta in rovina dopo voci false messe in giro da gente invidiosa, e con essa anche noi modelli.» affermò mentre mi osservo le unghie marroncine abbastanza lunghe, cercando di distrarmi.

Sapere di aver perso qualsiasi cosa mi fa un certo effetto anche a distanza di un anno.
Ho lasciato tutta la mia famiglia per quel lavoro, ho perso amici, tutto.

«Mh, e così stai provando a rifarti una vita?» questa volta la voce di Caph mi arriva dritta alle orecchie.

Mi prendo qualche secondo per osservare i lineamenti prepotenti contornargli il viso armonico. I capelli bianco erano in perfetta armonia con la carnagione chiara, mentre gli occhi celesti sembravano come mare.

«Esatto. Ho disperatamente bisogno di un lavoro che paghi abbastanza, ormai ho perso tutto e questo resta l'unico appiglio che ho per il momento.» il mio tono sembra supplichevole e quasi mi incazzo con me stessa per quanto non sembra mio.

«Hai perso tutto? Hai perso un lavoro, cioè, la tua vita girava intorno al lavoro?» chiede Fares.

«È questa la mia colpa. Ho fatto girare la mia vita intorno al lavoro, ripudiando famiglia e amici di sempre. Ma poi alla fine ho perso tutto, compresa me stessa.» sbotto, sto raccontando troppi fatti miei a gente che non conosco ma poco mi importa oggi.

Erin mi guarda come a necessitare risposte in più. Ma mi rifiuto.
«Non voglio seccarvi con i miei problemi, scusate. Ho bisogno di questo lavoro, me lo date o no?» affermò esausta.

«Sei disperata, e da quello che vedo ti sei fatta il culo da sola, quindi hai carattere. Per me questo lavoro fa per te. Ma non aspettarti una paga troppo elevata, o almeno, non come ti pagavano quelli dell'agenzia.» dice Piccolo seguito dai "Si" degli altri.

«Grazie.» dico solo ricevendo come risposta qualche cenno di testa dai ragazzi, accompagnati con dei sorrisi dolci.

In questo momento mi sento quasi in dovere con questi ragazzi.
«Hai mai studiato musica?» chiede Erin.
«Si, pianoforte.» rispondo.

Da quando sono qui mi hanno fatto l'interrogatorio, ora è il mio turno delle domande.
«Ma voi che genere di musica suonate?» chiedo.

Li guardo uno ad uno, immaginandoli come i One Direction del 21esimo secolo.
«Ci siamo conosciuti abbastanza grandi, per cui ci eravamo già formati, cresciuti con stili di musica diversi. Ad oggi li abbiamo messi insieme, quindi non abbiamo nessun genere predefinito. Anzi speriamo di rompere quest'idea delle etichette.» Fares prende fiato appena finisce di parlare, come se avesse recitato la divina commedia senza mai respirare.

Sorrido alla loro idea di libertà, e in parte mi ci rivedo anche. Sogno un modo in cui non ci siano etichette per tutto, o canoni, in cui le persone si devono ritrovare e sentitisi capite.

Sogno un mondo libero, esattamente come loro, e in un certo senso mi piace aver già trovato qualcosa che riesca ad accomunarci.

Annuisco debolmente, trovandomi d'accordo con le sue parole.
«Siete... interessanti.» poggiò il mento sul palmo della mano.

Caph ridacchia «Siamo interessanti?» chiede.
«Si, insomma... siete... diversi. Mi piace questa cosa.» non riesco a trovare gli aggettivi giusti per descriverli, solo quando ridacchiano capisco che non se la sono presa.

«Se vuoi stare più comoda puoi sederti qua.» dice Caph facendomi spazio accanto a lui.

Lo ringrazio con gli occhi poiché il mio sedere su quella sedia fin troppo dura  stava diventando quadrato.

Mi avvicino cauta e mi appoggio delicatamente sul divano, cercando di dare meno fastidio possibile.

«Questo posto cos'è?» chiedo guardandomi intorno come di solito fanno i bambini.
«Noi qui facciamo le prove, puoi venire quando vuoi dalle 11 di mattina fino alla sera tardi, ci sarà sicuramente qualcuno di noi.» risponde Caph buttando uno sguardo sull'orologio.

Passiamo il pomeriggio tra risate che ti fanno venire dolore alle guance e agli addominali.
Mentre ogni tanto butto qualche occhiata curiosa cal ragazzo platino accanto a me.

Solo nel tragitto verso casa, la sera, mi rendo conto di quanto abbia staccato la mente durante queste ore, e mi sia trovata bene con loro, accantonando nell'angolo dei miei pensieri tutti quelli negativi.

Questo è solo l'inizio di un grande tragitto della mia vita, e per una volta ne sono felice.


spazio autrice
ciaoo, il capitolo non è il massimo e non mi convince molto, però spero di farmi perdonare con il prossimo.
non siate lettori silenziosi, per favore.
commentate tutto quello che volete e lasciate una stellina se avete voglia.
vvb❤️❤️

CUORE D'ACCIAIO -Caph-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora