◇Capitolo 8◆

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Clara

Sei abbastanza tosta per farcela.

Questa frase mi rimbalza in testa da quando sono scesa dalla macchina di Dam. Lui riesce a farmi sentire sicura, mentre io non so dove trovare quella stessa sicurezza.

La mia autostima è a terra e affrontare situazioni nuove mi spaventa. Figurati dover iniziare in una nuova scuola e fare nuove amicizie.

Durante tutto il tragitto verso la segreteria, cammino con lo sguardo abbassato, evitando di guardare le persone intorno. Alzo gli occhi solo per accertarmi di essere nella direzione giusta. Di certo Dam non si aspettava questo quando mi ha detto di uscire dalla macchina con la testa alta.

Quando sono arrivata davanti all'ingresso della scuola, ho sentito molti studenti che mi osservavano insieme alla macchina di Dam. Mi sono strinta nelle spalle e ho iniziato a camminare verso l'interno.

Quando arrivo in segreteria, e ci arrivo senza chiedere aiuto a nessuno (a studiare le planimetrie serve a qualcosa), vedo la segretaria che è intenta a guardare il computer e a picchiettare sulla tastiera.

Non si accorge di me, quindi mi costringo a parlare.
<< Ehm, sono Clara Sorse->> non riesco nemmeno a completare il mio cognome.

<< Sì, ecco qui>> Mi passa dei fogli e un lucchetto, senza aggiungere nulla e nemmeno alzando lo sguardo.

<< Che maleducata>> mormoro tra me, per evitare di esprimermi diversamente in italiano.

La cosa bella di essere all'estero è che nessuno capisce la tua lingua e puoi imprecare quanto ti pare.

«Hai detto qualcosa?» mi chiede di nuovo la segretaria senza nemmeno guardarmi. Faccio un cenno di diniego e esco dalla segreteria.

Inizio a leggere il foglio per cercare il numero del mio armadietto: 23C. Come immaginavo, ci metto un'eternità a trovarlo, anche perché ho un pessimo senso dell'orientamento.

Quando finalmente arrivo davanti al mio armadietto dopo una ricerca che sembra durare sette minuti, non faccio altro che mettere il lucchetto, visto che non ho portato molto con me, solo un piccolo zaino con un quaderno e una penna. Ma aprire quel lucchetto è già un'impresa! Non riesco proprio. Anche se digito il codice scritto sul foglio, sembra non voler saperne di aprirsi.

Mi sto vergognando da impazzire perché non riesco ad aprire  e, per non farmi mancare nulla, mi stava salendo un attacco di rabbia.
Non ho pazienza per queste cose, che in confronto il cubo di Rubik è una passeggiata.

Mentre impreco in italiano contro l'aggeggio infernale con la coda dell'occhio noto che si avvicina a me una ragazza alta, di carnagione mulatta, con dei capelli ricci e lunghi castano scuri.
<<Posso aiutarti? Ti ho visto in difficoltà con questi aggeggi infernali!>>

Mi sfila dalle mani il foglio con il codice numerico e in tre mosse lo apre e me lo porge.

<<Ecco a te! Ci devi prendere solo la mano. Ci vediamo!>> mi sorrise, mi saluta con la mano e se ne va senza nemmeno il tempo di ringraziarla.

Dopo essermi ripresa da quell'impresa, mi avvio in classe, prima ora chimica.

Ribadisco il concetto di prima; ho fatto bene a studiarmi tutta la planimetria dell'edificio per non impazzire a trovare le classi, anche perché ci sono due piani in questo istituto.

Trovata la classe, fortunatamente ancora con la porta aperta, segno che la professoressa non è ancora arrivata, mi siedo all'unico banco libero, nella fila centrale e proprio al centro della classe.

S'MOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora