scrivimi

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lo guardo negli occhi.
quei bellissimi occhi verdi.
guardo le sue labbra, leggermente rosate.
le lentiggini.
ogni singolo elemento del suo viso.
ma il senso di colpa prende il sopravvento.
stava per baciarmi, ma ho lentamente indietreggiato.
non posso.
le mura del locale sembravano restringersi.
le persone attorno a me erano soffocanti.
l'odore piacevole di prima, inizia ad andarmi di traverso.
guardo Anthony, che sembra confuso. lo sarei anche io, fino a due secondi fa lo stavo abbracciando, ora..

mi giro di spalle, corro il più possibile fuori da quella camera a gas.
appena uscito tiro fuori il mio pacchetto di sigarette.
devo rilassarmi.
non voglio bere, ma devo almeno fumare.
accendo il telefono, guardo le notifiche.
due chiamate perse da grace.
sento l'ansia salirmi alle stelle, la testa girare, il mondo intorno a me non sembrava più voler stare fermo.
vado in uno dei vicoletti vicino al locale, mi appoggio al muro e crollo al pavimento.
gli occhi non riescono a guardare un punto preciso, sento i polmoni riempirsi, il fumo della sigaretta non voleva più uscire.
mi guardo fra le dita, e noto che ne ho già finita una.
non mi ha fatto effetto.
ne prendo un'altra, senza pensarci la accendo, ed inizio ad inalare quel fumo, che mi fa stare così male, ma mi fa sentire così bene.
guardo le mani, le vedo tremolanti.
mi fischiano le orecchie.

alla terza sigaretta, inizio a sentire l'effetto.
inizio piano piano a calmarmi.
guardo il telefono.
altre tre chiamate perse.
ma questa volta, una era di Anthony.
cazzo.
Anthony.
l'ho lasciato solo, in un quartiere che non conosce, in mezzo ad un branco di gente sconosciuta.
mi alzo in piedi, ma non riesco subito a camminare.
mi tremano ancora le gambe, e sento il petto gonfiarsi.
ho male a tutto il corpo.
i miei muscoli sono tesi, doloranti.
ma il pensiero del mio amico, se così si può chiamare, che torna a casa da solo, è più importante.
richiamo Anthony.
nessuna risposta.
lo chiamo ancora.
e ancora.
ma niente.
niente di niente.
si è offeso?
ci è rimasto male?
probabilmente sì. sono stato uno stronzo.
ma l'ho fatto.. per mia moglie.
io non la amo, ma lei mi ha sempre amato, sempre sostenuto.
voltarle le spalle ora, sarebbe da meschini bastardi. come se io non fossi un bastardo.
torno a casa, per quei vicoli malfamati del bronks di new York.
ovunque poso il mio sguardo c'è povertà, droga.
sono felice che la musica stia salvando le generazioni giovani.
il rap, il jazz, tutto ciò che è uscito da qui è bello, ma ciò che c'è qui dentro è la cosa più brutta di sempre.
guardo i diversi vicoli.
immagino Anthony tornare a casa da solo.
sono stato un bastardo.
gli devo scrivere.
ma lo farò a casa. meglio non tirare fuori il telefono in questo posto.

sto per entrare a casa, ma sento un urlo strozzato.
una voce acuta, ma maschile.
la voce di.. Anthony.
inizio a guardare ogni singolo vicolo, ed in uno vedo due persone ed un ragazzo a terra.
guardo meglio la scena.
guardo in faccia il ragazzo a terra.
sembra quasi svenuto, ma appena mi vede urla il mio nome.
riconosco la voce.
Anthony.
una scarica di rabbia mi attraversa le vene.
sento il senso di colpa.
l'ho lasciato solo, e per puro egoismo non ho nemmeno risposto alle chiamate.
stringo i pugni.
prendo uno dei ragazzi, gli vado da dietro e gli tiro il pugno più forte possibile sulla nuca.
il suo amico viene in soccorso, ma questi due ragazzi dovevano essere nuovi del mestiere, dato che non sapevano come incassare colpi.
dopo averli stesi, guardo Anthony.
aveva la camicia sbottonata, lividi sul volto e sul petto, pantaloni slacciati, capelli scompigliati.

<<non pensavo ti importasse di me, husk.>>
con fatica cerca di alzarsi da terra, ma non ci riesce.
gli tendo la mano, ma lui non vorrebbe neanche toccarmi.

<<che ti hanno fatto questi stronzi Anthony>>

<<non ti interessa>>

<<se ti ho protetto evidentemente Mi interessa.>>

<<non sarei ridotto così se avessi risposto alle mie chiamate.>>

<<sono riusciti a sfiorarti, o si sono sono limitati a ridurti così?>>

<<non ti interessa>>

<<sì invece. se sono riusciti a sfiorarti giuro su dio che gli stacco l'osso del collo.>>

appena ho detto quella frase, Anthony sembrava lasciarsi andare. aveva una ferita abbassata seria all'occhio, e sul petto aveva tanti lividi.

<<Anthony, hai bisogno di qualcosa per l'occhio>>

<<husk puzzi di fumo. quanto merda hia fumato?>>

<<Anthony non voglio parlare di me Adesso>>

<<peccato che sia proprio questo il momento per parlare di te. perché sei scappato? se non ti piaccio potevi almeno fermarti e dirmelo, non sarei andato avanti. perché non mi hai parlato? perché sei scappato via dal locale.>>

<<Anthony io..>>

<<tu? ti ripeto, se non ti piaccio dimmelo>>

sento un fastidio ribollirmi nelle vene.
lui non mi piace.
io lo amo.
ma non posso amarlo.
e non posso dirgli che sono sposato.

<<ANTHONY NON CAPISCI? io ti amo, anche più di quel che mi ami tu. ma noi.. ci conosciamo da poco tempo.>>

<<husk a me sembra di conoscerti da sempre. non puoi negare che anche tu hai sentito lo stesso.>>

<<Anthony, lascia perdere. avremmo un altro momento per parlare. ti prego parliamo di te.>> ho detto, con tono quasi supplichevole.

non ne posso più.
non voglio più parlare di me.
voglio sapere che cosa hanno fatto questi stronzi ad Anthony.

<<Anthony che ti hanno fatto?>>

<<è stato un incubo, husk, sei arrivato nel momento peggiore, salvandomi.>>

si ferma a parlare, quasi come se non avesse più fiato, come se avesse un nodo in gola a trattenergli le parole.

<<non posso fare altro che ringraziarti husk. senza di te loro..>>

mi cinge le braccia al collo per abbracciarmi, con le lacrime agli occhi.
ricambio l'abbraccio, e sento le lacrime calde del suo viso bagnarmi la camicia.
rimaniamo in questa posizione per un paio di minuti, successivamente lui si stacca e mi guarda in faccia.

<<puzzi di fumo, si può sapere dove sei stato?>>

<<vuoi una sigaretta?>>

tirò fuori il pacchetto oramai mezzo vuoto, ed il mio amico fa uno sguardo sorpreso nel vedere il contenuto dimezzato.

<<come hai fumato così tante sigarette in una sola volta? stai bene husk?>>

<<ora che so che tu vuoi ancora rivolgermi la parola, sì, sto bene.>>

gli sorrido, e lui ricambia con uno dei suoi soliti ampi sorrisi.
anche con un occhio viola, rimaneva l'uomo più bello che io avessi mai visto.
decido di accompagnarlo fino alla macchina, per evitare pericoli.

<<qui c'è la mia macchina. ci vediamo..>>

<<fra due giorni, in centro al quartiere.>>

<<vuoi dinuovo uscire?>>

<<con te uscirei tutti i giorni, Anthony.>>

sembrava contento della mia affermazione.
sale in macchina, e quasi sto male nel vederlo andare da solo, ridotto così.
ma non posso fare nulla.

<<senti Anthony, prima di partire.. ricordati di scrivermi quando arriverai a casa.>>

gli rivolgo un sorriso, lui ricambia, e lo vedo partire, verso casa sua.

dopo una decina di minuti, ricevo un messaggio.
"sono a casa, ora puoi smettere di preoccuparti"
faccio un sorrisetto leggero, e mi metto nel letto, vicino a mia moglie.
mia moglie, quella che reputo un'estranea oramai.
prima di dormire, prendo la mia fede nuziale, e la tolgo.
non merito questa donna, e lei non merita una vita come questa.
voglio che lei stia bene, e so che non starà bene finché io sarò suo marito.

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